RE NUDO - Anno IX - n. 71 - dicembre 1978

RE NUD0/24 Il maestro e il drago di giada Caro Gianni, dunque tu dici che i pericoli del movi– mento "neo-orientalista", di cui mi sembra vedi Puna come l'esempio più emblematico, sono una sorta di peda– gogia della sottomissione, la tendenza ad una superficialità fastidiosa e ap– prossimativa, e infine il tentativo, più o meno consapevole ad appiattire una esperienza "altra" come quella mistica nelle strettoie di una realtà burocratica e di rutine. Inoltre affermi che non è vero, come sostengo io, _che il movimento neo-orientalista di questi anni sia la continuazione dell'esperienza hippie o almenoo degli aspetti più spiritua_/i · di questa. Dici invece che il "movimentl della nuova coscienza" è piuttosto una rj. petizione di alcuni aspetti della cultura degli anni '60, omologata nei suoi aspetti più deteriori.· a cura di Piero Verni · ricerca diversi mezzi che andavano dal "viaggio", inteso come esperienza di vi– ta nomade, all'esperienza della droga e· quindi che consentiva la comunicazione con una serie di mondi ed universi "al– tri" rispetto all'esistenza ordinaria. Rock musica e nomadismo sono tre pa– role che esprimono abbastanza bene il clima di quel periodo e l'angolazione particolare con cui si cercava di_vivere una vita alternativa al mondo ufficiale. Verso la fine degli anni sessanta la rivo– luzione psichedelica assunse delle con– notazioni alquanto più politicizzate sot– to la ,spinta di avvenimenti come la guerra del Viet-nam e la rivolta negra . (che sin dall'inizio si era differenziata dalla _ribellione e dalla protesta delle giovani gènerazioni bianche proprio per la sua carica fortemente politica). Ma anche il momento "politicizzato" della generazione deifiori era,sempre attento· ai problemi del "personale" e per quan– to non robustissimo, rimaneva un filo che legava gli "hippies" ai loro progeni– t~ri "hippie". Questo filo era l'uso della Secondo me nel tuo discorso ci sono al– cune cose vere, ma anche alcune ap– prossimazioni. Ti fai soprattutto pren– dere la mano dalla tentazione di.liqui– dare l'intera esperienza azzerandola ai suoi elementi più negativi. Mi sembra che tu perda di vista l'insieme dei fatti per fermarti, generalizzandole; su de- ' terminate sfaccettature spiacevoli ed anche inquietanti ma sicuramente non sufficienti a dare il tono all'intera fac– cenda. Cercherò di andare con ordine e di ri– spondere alle tue critiche tentando di inserire questa risposta in un quadro, il più possibile complessivo, della situa– zione. Intanto cerchiamo di compren– dere come nasce il movimento "neo– orientalista" e dove: Nasce, come sem– pre, in Am~rica verso i primissimi anni '70 sulle ceneri di quella che era stata la ",rivoluzionepsichedelica", movimento · fortemente individuale (anche se con grossi accenti comunitari) che tendeva alla ricerca di un tipo di esistenza alter– nativo a quello imposto dal modello ca– pitalista ed usava all'interno di questa droga (la convinzione che un buon joint rendesse migliori le persone), la pratica dei raduni di massa musicali, e la con– sapevolezza che nessun cambiamento strutturale avrebbe d'incanto cambiato la gente se non si fosse cominciato, mol– to prima della "rivoluzione" a cambiare il personale degli individui. Con l'anda– re del tempo questo movimento esauri la sua effervescenza, la "rivoluzione" politica non venne, e anche quella del ,personale incontrò molti ed imprevisti ostacoli. L'assalto al ciello falli, devo di– re anche miseramente (e, soprattutto per i militanti neri, molte volte anche tragicamente) e quello che sembrava dovesse essere un movimento destinato ad _abbattere Babilonia ed instaurare il· • paradiso in terra si sciolse come neve al sole. O almeno cosi sembrava. Una par- te di questo movimento però non tornò ad integrarsi nella società americana ma ·tentò una strada diversa, per un cam– biamento diverso. Ferma restando la sua avversione, o meglio, estraneità ai modelli culturali proposti dalla madre– patria statunitense cercò ad oriente (quell'oriente che già negli anni cin– quanta e sessanta aveva sfiorato diverse tematiche e aree della «controcultura», una risposta alle domande di "altro" che venivano da alcune irriducibili aree del dissenso giovanile e non. L'oriente, con le sue tematiche di liberazione spiritua– le, soprattutto nelle varianti del buddi– smo (zen e tibetano) e dell'induismo, cominciò a rappresentare una proposta "alternativa" a un modello di vita, a un modo di praticare l'esistenza rappre– sentato sia dal Way of Life americano che dalle propost_e,cosi - in voga negli anni sessanta, di alcuni paesi di sociali– smo reale (Cuba, Cina e Viet-nam) o, più in genere, alle tematiche rivoluzio– narie di origine marxista. L'idea che co– minciava a prendere forma era che fosse possibile una liberazione che interve– Jilisse sui mondi interiori dell'uomo, quei mondi che in fin dei conti costituivano l'ultima e, paradossalmente, più "reale" causa del dolore e della sofferenza. Fa– cendo propria la visione di base ·del buddismo e dell'induismo il "movi– mento della nuova coscienza" comin– ciava ad indagare sul proprio privato in una dimensione spirituale, lavorando con gli strumenti dello yoga e della me– ditazione soprattutto (ma tentando an-. che una difficile sintesi tra questi e alcu– ne correnti terapeutiche post-freudiane,

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