Pensiero e Volontà - anno III - n. 12 - 1 agosto 1926

270 -quattro insolenze alla persona del contradditore. ,Ma oggi non è il caso mio nè dell' Adunata, la quale in questo .articolo mostra di voler discutere serenamente, -eome si convien,e a chi cerca la verità e non l'aver ragione a tutti .i costi. Anzitutto qualche spiegazione preliminare. L'Adunata dice che io, pur essendo cordiale, mi mantengo nel campo dell'intç.lleranza eion -que111 che non I.a !Pensano come me. Non mi _pare. Io mi sento intransigente, non intollerante. Naturalmente, essendo profondam,ente •convinto della bontà delle inie idee, non posso credere buone anche le idee opposte; e le combatto perchè le credo erronee. Ma anche chi è in ,errore pensa d'essere nella verità, e per ciò ha diritto al rispetto· ed alla tolleranza degli ·avversari sul terreno della discussione. Intol- ~lerante è chi combatte· le idee avversarie con "Ja violenza, op1 pure con le ingiurie e la diffamazione, o con 1a falsificazione, non chi cerca ,qi capirle, e di confutarle esclusivam,ente con ,degli argomenti, - come mi pare d'aver fatto nel mio artioo-lo. Il quale, è ben·e ch'io l'av- ·:verta, aveva il ~arattere d'una e~osizione ge- ·nerica di opinioni e non <li polemica particola- 're con Tizio o oo.n Caio o con questo o quel giornale. Per ciò io non potevo v.oler « .accomunare » quei dell' Adunata, con gli individualisti. Parlavo in linea generale di tutti gli avversari del1'organizzazione, e quindi tanto degli individualisti. come degli altri; ma ten,evo ben pr•esente la distinzione che v'è fra di loro; e 1' Adunata la riporta. Solo n•on c8Jpisco perchè essa dice che io sono cc ~ostretto forse a malincuore » a riconoscere che tale differenza esiste ·e che ci sono <l•eglianarchici antiorganizzatori i quali hanno in comune con noi l'idea comunista ed associazionista della società avvenire. Al contrario tale comunanza <l'idee mi fa piacer-e, sia perchè la credo una via a,perta a metterci d'accordo con loro nell'azione pratica in· più d'un,a io-ccasione, sia perchè ciò costituisce una dimostrazione dell'illogicità del loro metodo e quindi una prova della superiorità del metodo ,organizzatore. Logici antiorganizzatori sono gli individ_uaBsti, per quanto assai più ,erron•eo e, secondo. m•e, assolutamente iantianarchico sia il loro · punto di [)artenza. iMa dato questo punto di partenza, il re$to Si comprende. Non si comprende in vece, o almeno non riesco a capirla i•o, l'avversione all'organizzazione di quelli che hanno una idea associazionista della vita, la quale vita non incomincia domani, come nel iblioteèaGino Bianco romanzo di Guido èia Verona, ma urge fin d'·ora e ci impone fin qa ora le sue necessità, prilJla fra tutte quella di associ.arei ,per la difesa e per la lotta. Se pensiamo all'anarchia cotne a un regim-e sociale « realizzabile »· in un avvenire più o meno lontano, poichè non v'è separazione fra l'oggi ,e il domani, ed il futuro co1nincia dal presente, l'anarchismo1 ha da essere « realizza tor e » fin da oggi nella lotta, ,e quindi organizzatore. Realizzatore ed organizzatore, naturalmente, in senso anarchico, cioè in contrasto con la r,ealtà in. atto e con l'autoritarismo- ambientale, per poter sfuggire quanto più è 1 possibile fin da ora alla sua azione dissolvente ed alle sue coercizioni, e per preparare nel cont,e1npo le realtà del do·mani. L'organizzazione è ·una legge delia vita cosi itniprescindìbile, che dove non possiamo o non vogliamo provvedervi noi, siamo costretti a subire quella degli altri. •Come nel vasto mond<? delle relazioni sociali attuali no1 siamo co- .stretti, per vivere, a usufruire dell'organizzazio.ne statale e capitalistica che pure tanto avv,ersiamo·, da quando di prima mattina ci mettiamo in -bocca un tozzo di pane a quando p'ÌÙ tardi impostiam3 .una lettera o montiamo in tranvay o in ferrovia, - e non ne possiamo fare a meno n-on soltanto perchè non abbiamo la forza di togli ere ad essa coteste mansioni, ma anche 1 perchè :non ci è possibile provvedervi da noi, - così nel mon<lo più circosoritto della lotta specifica che noi conduciamo, ogni volta che si apre UtJa qualsiasi possibilità di realizzazioni rivoluzionarie i disorganizzati si trovano in una condizione d'inferiorità e costretti a seguire, per le necessità imprescindibili della vita e della lotta, e quindi a subire, la org.anizzazione di altre forz.e, movimenti o partiti. V,orrei che quei nostri amici, che con tanta ragione si preoccupano di salvaguardare la propria auton-omia e. indipendenza, e insieme , l'indipendenza .e l'autonomia del movimento anarchico, esaminassero bene questo proble111a: se la organizzazione non sia, invece che un ceppo tPer la libertà, un.suo strumento, il m,ezzo con cui essa sì realizza e si amplia. Non è v_era la favola all,ettatrice e f.alsani-en le egualitaria di Rousseau, da cui ~caturirono le idee dittatoriali dei giacobini, che l'uomo era libero e la or, gati.izzazione sociale J'ha fatto schiavo. E' vero i1 contrario : che cioè l'uomo:· all'inizio era impotente, schiavo degli .elementi, degli animali, degli altri uomini p'iù forti, ecc. assai più che sotto il peggiore dei diStPOtismi

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