Pensiero e Volontà - anno II - n. 13 - 16 ottobre 1925

~94 I PENSIERO E VOLONT_'\.' ., Dovendo giudicare queste tre zone del materiale urna.no delle rivoluzioni, bisogna non cadere nel facile errore di sopravalutare le minoranze volon tariste ed avveniriste in un • contrasto assoluto con le maggioranze aipatiche e conservatrici, di sopravalutare l'opera delle_ personalità, dei capi, rispetto all'opera dei gregari. E questo errore si [)Otrà evitare soltanto se non si giudicheranno questi varii elementi i;>er sè presi, cjoè non si giudicperà soltanto il loro carattere intellettuale e morale, ma quale parte abbiamo a .. vuto nello scoppia~e e nello sviluppo degli avvenimenti. · Ad esen1pio: eroico fu Pier Caipponi di fronte a Carlo VIII, ma la sua sarebbe stata voce di inutile audacia, se il popolo fiorentino non fosse insorto. Eroici fur0no i lVIille, ma ' senza l'aiuto deila popolazione siciliana la loro spedizione sarebbe, probabiln1ente, finita come quelle dei Bandiera e quella dì Pi-- sacane. L'atteggiamen'to quetista o addidttura servile di gran parte del popolino verso il dominio straniero, si spiega con le particolari condizioni di -determinate regioni. E non bisogna estendere i'atteggiamento di una parte a tutto il popolo, e dimenticare le impetuose ed eroiche rivolte per ricordare i periodi di incoscienza o di disorientamento. Quando Visconti Venosta narra, nei suoi ,e Ricordi di gioventù >>, ohe i contadini lombardi dicevano che i1 tedesco era « il 1 padrone dei padroni » e ;ripetevano la leggenda· che la famiglia dell'imperatore d'Austria discende~se dai parenti della madonna, si deve pensare alle riforme agrarit! di Maria Teresa e Giuseppe II, all'atteggiamento assunto dall'Austria di fronte alle masse ruirali, e pensare che nell'aristocrazia e nella borghesia cittadina gli austriaca-nti non mancavano. Era, poi, ipopolo di Lombardia qu.ello che insorgeva con fierezza leonina a l\1ilano e a Brescia. Queste righe mi pare chiarjscano con quale scopo aff,ronto l'esame dell'azione popolare nel n·ostro Risorgimento, e mi limito, . quindi, a schematizzare i concetti d1rettiv1. Le mino:ranze eroiche sono necessarie alle grandi masse come ,è necessaria un.a fian1nu1 viva per •dar Inoco ad una catasta di legna umida. In certe situazioni, anche l'opera cli un solo pno sostituire l'azione delle 1ninoranze eroiche. In certi momenti, nè grandi personalità nè forti mìnor.anze voloritariE: pos~ono influire, bensì lo scatenarsi. di un BI . oto di mas~. Vo1 . a volta grandi per .. '-' vino 1anco' , sonalità, élite$, masse grandeggiano o si mostrano al di sotto delle necessità del momento. Spesso queste forze si confondono, • tanto che le grandi personalità ap,paiono sugheri galleggianti sulla cresta delle onde. Azioni premeditate' e preiparate dalle congiure e sboccate in disgraziate sped~zioni di pochi volontari, azioni improvvise di intere popolazioni che sorprendono i rivoluzionarr e ne sorpassano ie intenzioni, agitazione di 111inoranze combattive che riescono a trascinare le n1asse, grandi personalità sospingenti minoranze volontarie o sor[)assate da quelle e perfino dalle folle : vario e mutevole è il corso delle umane vicende, e gretto è il volere erigere a principio diretti\"o aella ricerca, a motivo predorùinante della narrazione o la 1nassa, o le élites, o gli Eroi. La storia del Risorgimento italiano è da rifare. Ne sono persuasi tutti gli istoriografi serii e lo desiderano tutti gli onesti.· Questo 1Ltogo comune, che eruditucoli miopi e dilettanti leggeroni hanno assurto a criterio di indagine, che la rivoluzione italiana è stata opera di una piccola n1inoranza, assente od avverso il popolo, è una_ vecchia leggenda che va sfatata. I moL1erati del '60 banno formulato questa affermazione per scopi politici. E [)er gli stessi scopi la tesi è stata di recente sostenuta. Che a "rimettere a novo questo vecchiume sih Suckért (in . Europa Vi,vente) si capisce. Ma lo strano si é, che La storiella viene ricar1tata da persone che, per la loro posizion~ politica, dovrebbero esser lontane da una sv&lutazione che intacca i principii ai quali aderiscono e svalorizza le battaglie alle quali partècipano. E' questo il caso di Giovanni Ansaldo, che così seri ve . sul I.Ja'Voro di Genova (20 settembre 1925) : cc La piaz1a, nell'Ottocento, testimonia sempre contro la Nazione. Nessuna affermazione più ,audace di quella che l'Italia sia stata creata, nel Risorgimento, dalla piazza. N"on è vero. La ,piazza parteggia sempre per l'antico regime, cioè contro la indipendenza e la unità italiana. La piazza, sono i lazzari di Ferdinando II. La piazza, sono i popolani trasteverini che corrono accanto alla carrozza di papa ,Gregorio o d,i Pio IX, gridando « leva berretta ! » e sberrettando a ceffoni quelli che non son lesti abbastanza a scoprirsi... La piazza, ~ono le plebi cH Romagna che si affollano attorno alla vettura del cardinale Rivarola. La piazza 1 sòno· i briganti del Borbone. La piazza, sono gl'tnsorti palermitani del 1866. La. piazza, infine, sono i tu1nnltuanti torinesi contro il traspor- •

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