La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 21 - 1 novembre

LI\ Mf\DRE l' iri t:rauo la nostra gioia, morii s0110 il 110:.rro orgoglio. .l due Yecch i ricevette ro l'annun cio senza tr ema.re . l loro du e figli eran o mo rti in gu erra. Da tempo, nel pr ofon do della loro anima, aYe,-ano ::entito che la noti2-ia do– veva an·iYa t·e, che i figli non S'.lll'ebbero to r– nati più . .\la YOllero cbs e agli all1i re s-em– pio della loro lol'za, del loro sto icismo. del lo ro amo re ard ente per la patria. Diss e il Yecchio: e, Onore e gloria a lo– ro! » . E la madr e ·dis~,e: u :Xon li ho forse all e,1:1li perc hè compiss ero, fino a\\3.. mort e, il loro dove re? Sì 1 abbiano ora la pàce , i mie i figli ll . E amche p ronunciando la pa 1·ola cloloe 1 la clonù1a che aveva i ca.pelli bianch ì e un Yiso cereo e doloroso. non tremò. Dall'uscio ap erto della crnnera nuziale i vecchi ,·id er e i due letti bi,anch i dei figli. rifalli con cura, come aspettanti . L'uo mo chiuse rusrio . ::::pense il lum e e diss e : ((Buo– na nott e n. La yoce pareva. que lla d 1 un al– tro, u na. \·oce scon osciuta, e la donna, ri– c:unbiando il s1luto 1 senti u n br i\·ido come se ra.ssa.lis.se ad un tr.a.tto una paura atr o– ce. Lrn freddo, il senso iù'un pericolo Yicino, pi eno d'o rr ore. Pare\·a c,J..e ru omo dormiss e tanlo era tranquillo e immobile nel suo letto . La Yecch ia con gli occh i fissi, aperti, gua.rda\ 1a e par e,·a che la camera si popo– lasse cli Yisioni . Si disse: (( Bisoo-na, che io sia fort e. Non si sono congratu lati tutti con rne per la mi a forza? Xon siamo noi. mad ri, che dobbiam o dare l'esemp io deir abnegazione, noi che diamo alla pa tr ia più della nost ra vil.a? >1. ).Ia pe rchè le dsioni e i ricor di si succe– denrno co::iìat roci e implaca bil i? Forse, chissà? i figli suoi non eran o morti perchè pareva che pa rl assero nella cam era ,·ici na. con la loro voce tranq uilla, seria, buo na. ((Forse - disse alla donna il suo cuore di ma dr e - ora ,·ena nno a darmi la buon a notte .. ~la il pen sie ro dell'an nu ncio J'ice,·ut o po– che ore p rima la fece balz,3re, paur osament e nel letto. ({:'\on dormi ? - domandò il marito . {{Dormo - rispm:e come un soffio la ma– dre. - Buona nott e n~ :-Ia i figli tornano. Come sono belli e for– ti! Tornan o d., l larnro . sono stan chi , affa– mati, ridctJti. Pdzìe-nza. puzienz11, figlioli! La cena è pronta e dopo la mamma Yi ha p repa rato una sorpr esa, sen lirel e che dolce squ isito! Come si Yestono bene i suoi figlioli! E che frella d'usci re! :Via d ite la verità ali~ rns tm ma mm a! Chi vi aspetta in qu alche angolo solitario d'u na via oscura? Yann o al convegn o d amore e la mam ma li ben e• dice. segre t:1,m ente, insieme con quell'llitra figliuola scono~ciuta che ,·err à un giorno , sposa . in casa. I sogni son dolci. Quel con• Yegno fa pens3.r e e pensa re la vecchia ma– dre . Cn giorno la casa suone rà di trilli , 0 1 grida, di pianti, di risa, e la nonna farà le calzette e i oapottin i ai nipoti . Come pass a il t-empo! :\on era ieri che i ~uoi figli t-0r– na,-ano dalla scu·o1a, colla cartelletta a tra– colla, i calwncini corti? Eccoli lì, seduti al taYolino e il babbo insegna all'uno a com– pila re e all'-altro a risoh·ere un quesito. E prima ncora. Eccone uno che muove i pr i– mi pas si e l'altro , un ometto, tutto orgo– irlioso perché è grand,. APPE// D!CE 28 Pagine di vita. E.zii impallidì r1f.Jn nr~ ,J. Dis<..esemplice• mente: \'a.' a denuncic1rr11i ! Lo giiardai <-paventala: Sei il padre de' JJJiei figli, bfilbetrni u·rm:1mJo. \'i fu un <:il~11zio lungo. - JJ,Jrn:Hd, di .. :-P e.zii, \"nranno i peritL Sa– r ehtJF~ l,nie d1e tu fo::-si qui. lf o fatto la nota di tuttfJ di, che anrlù di <..trutto e sciupattl. - Cou,r,lice 11<>, _a-rid:: ii.SP \"i fù"-Si, lPg,ZPrPb– bPro 111~· miei rJrt hi il ::-O"r,etto. La \'CJJ!ùgnn. mi -;offùd1erebbe. - PP11'-:v:-i, i:-.zli rt=<plif'i).Sarebbe bene d1e tu \·i fo:-<-i. a n1"TJO d1e tu JJon prderisca rovi– narmi. Io fui oc;pitat:, da uJJa b11oru1 ami<:'a. Ii <11 d,Jpù vr!nne a prendermi: ave,·a per mano il b~1mbi11n. Io <.cc:ntiwJchP <J\·p nr,n a,•p<.;_~i simulat<J il mio dic;.(?1J<-to P.~Ji <.arr:bbe e.iato pnd1JtrJ. Po – t1:-vo io pr-rderJo·! Io, eilr! m·no prùpo-,t:-t d1 re– dirnerlo, r·he rn, e\'o arnnto tanto? E ta('rp1i. Ci Jirpiidarono i <la~-.ni in un:-, pon~rn som– ma: Ja metà di quanro ,·ale,·a rfo che ern di– ,;.trutto Si partì con r·iò rh era rimasto. l o non ave– ,·o più rlie il ,·e"-lito che inrloc::~a,·o. A :\lilano, mia ro.cmata mi diede ciò d1e mi era assolutame,ite indisr,ensalJile pr·I mo• mento. Quando \·enne J'a\'vi..o di ritirare il denaro dell'a~"ic-urazione, io ,zii die.si : ,~i sono quelle due cambiali: ,:;,i pai;rhino ,;;uLito e po ... <.a que• LA JJ,Fè:SA DELU O:LA\'ORATRlC! .\h: che dolcezza la prirn.a volta che le piccole labbr e si schiusero pel' la pri ma parola: mamma ! Tulta la sU1a1vita, piccole c.re.ature, la mamma vi dara per cresce1Ti buoni. Ha fors.e ,·issulo 11n·ora per lei, la ma m– ma, da quando si•ete nati "? Giorno per gio rno, ora per or.a, se la vita ha aYulo una dolcezzia l'ha aYula per YOi,e s.-e ha avu lo un dolor,e l"ha a.vulo per voi. Scoppiala la guerra quando vi siete am – mal ati. non ,·i ha fm•se sahali , senza pia n– gere per non da n ri dolo re'? La gue na! ).lai il suo cuol'e cli madr e l'a– vern pensala. :-la lutti le avernno detto c,be i figli combattevano per la sant ilù d'un'i– clca, ed ella li .aiveva.collocaLi in a lt.o, più in allo nella sua clevoz.ione ìnfiniLil, nel suo amo re. nel suo orgoglio. Che ansie, che Len ori, ogni ora della sua vita! E mai ba.1 sua facci.a impassibi le a,·eva tra.dito il do– lol'e. Col pad re solo 1m rlarn dei fig\i e non osavano mai farsi l 1 a. donuwda che pur e·era nel cuore d'e ntrambi : ((rrorne ranno? u . Xon s1l'ebbe 1:o tornali più! ~ on sarebb e– ro torn ali pili! L1, !don na, ridi venta ta ma– dre nell' evocazion e dei suoi figli, sent ì tulto rurro 1·e tragico della loro morte, sentì che la sua forz1:i., il suo stoioismo, il suo orgo– glio d i donna, che non Yoleva piegare · al dolore, erano qualc he cosa cli fiLtizio, una ma schera che na-scond eva un a sofie.ren~a, più forte della sua vita : un inga.nno ch'e l,hai tenlc'l ,·a cli fare al suo cuo re per non mo– rii·e di dolore, per .non urla1·e e maledire. Anc he ora si faoeva forz.a, per non urlare e nllaJed irc, ma tl'emav a così violent~rnente che il ,·ecch io spaventa.lo dom a!1dò : e( ).Ia che hai ? che hai? ,i e( I m iei figli! I ml ei figli! n bal1Jettò -la donna. E qu and o il marit o che piangeva allungò la man o per dil'l,e con una carezza dhe luL pur e soffri vi&come lei , atro cemenle , swt ì eh-e aveva il viso fredd o, senza lagrime 1 ir– rigid ito nello spasimo. M. · P. B. La donna e la politica Tonia. 1rù. difficile che Lu riesca a con– ,·in cermi. Per me la donn a de,·e badare al– la casa, ai figlioli e non occuparsi di poli– tica. Giulio . . \h , tu credi che la donna (ILULTI– do stanca cli sopporta re il giogo di ogni ti- 1nnnia, si uni ::icealle alt re com pagn e sfrut– l'.lte. e, con tutto l'entu siasmo dellu sua ani – ma, cerca di pr eparare per sè e per gli al– tri un avv enire migliore, trascuri la casa e la famig lia? Tonia. Cerlo il tempo. che passa a fr e– qùe.nta.re la sezione, acl asco ltare le confe– renz e1 non la toglie foi·se alla sua casa? Giuli(t. Yedi? io ti compiango, Tonia, tu non hai ma.i voluto ascolta.re il mio consi– glio di u111irti a. noi, e pe r qu esto non com– pr endi la bellezza della nost ra battaglia, non conosci la fiamma che riscalda il no– stro cuor e, quando tutt e insieme parliamo dei nosl ri dolori, della nos tra vila di fati– che. delle umili 1 nio ni c,h,e la .nostra cli~ni– tà d i donne e di lavoratrici deve spesso sop– port ar e, e non pu oi sent ire la socldis.fazio:ie altissima, che è in noi, qua nd o, confo rtate eia.Ila forza sem m·e crescente della nostr:i orga n,izzazi one, pensiamo seri amente al modo di libe1 .nci una bu ona volta, dì ts– sere anc he noi qualche cosa di pili delle ({eterne min orenni n, e per i nostri figli, per · loro spec ialm ente, diamo anima e cer· vello ad un a battagli.a.continua e tenace r er ottenere oondizion i di lavoro semp re meno incivili, orari meno gravo si e salari m e:10 i1'1'ism·i. Giu li a. Anch'io desidero qu esti migliorJ– me,nt i; ma per otten erli non trov o neces sa– rio inscriv ermi alla lega e all a sezione. Tonia. t questo il tu o err ore. P ensa 11n po', tu che sei inLelligente e: rifl essiva 1 se tutt e le donn e ragiona ssero com e te e, pure desicleraJ11dodi migliorare le propri e condi• zioni economich e, nulla tentass ero e faoes• sera , crE!di lu che riuscir ebbero ad ottene– re qualche 005,a? Giulia. E p erchè no? lo non ho mai faLto pa1'le di leghe, nè di circoli, epp ur e i poc hi oentesimi di aumento ottenuli da. YOi, ai11ehe io li godo. Tonia . Lascialelo dil'e; tu godi di un be– neficio che non merit i, e tu non puoi rli– menticai·e che qu el lieve migl ioramen to è costato , a noi organ izza te, lolte e sforzi inauditi. R..ammenti che il pad rone, perc.bè mi sapcYa una delle pr omot rici della lot– tn, vole,·a acl ogni costo licen ziarmi? Giulia. Lo so; ed io che ti voglio bene tr e.111:tvo per te, per la. tua fami glia. Cara mia , qu ando si hanno figlioli da 1n ant ene– re non è bene espo rsi, come tu fai, alla ,·end elta dei pa dr on i, e corr ere il ri schio di rimane re senza l.Ja.voro ! Tonia. Ed io li rip eto che è per i mi ei figli, per le mie bamb ine in ispec ie, che lollo con tanto ardore, con tanta fede . An– ch'esse, le mi e bambine, dovrann o un gior – no, per gua dagnars i clru d vere, anda1--ealla fabbr ica e quia.ndo penso 1 che, ancora gio• vane lte dovrainno sta re rin chiu se in n.m– bienli malsani p er dieci ore al giorno , e lavo ra ,·e sotto gli sgua rdi cat tivi del capo– sala fino a sfinir si, pe1r avere poi a sera un ben IT11aigro salario, io non so cl.irti q uello che mi pa~a per la men te. Giulia . È vero qu ello che dic i, e anch'io , se potessi, ben volent ieri vorr ei ri sparmia– re alla m ia Bicett.a, che dovrà pr esto co– m inciare la nostra vita di stenti , un po' di fatica. Ma come si fa? Sono i padroni ..:he dettmino i patti e noi , se si vuole lavorar e, bisog,na ch e ci rasseg n iam o ad accettarli. Tonia. Ques ta tua rassBe.,OìJ1a:bione mi ::-or– pr endie e mi addo lora . 1Vla se domani sal– tasse in mente at padroni di prolun ga re gli 01~a,ri e di dimin uire i salari, noi oper1.ie dovr emmo dunque ch inar e j} capo ed ass og– getta rci alle nuove impo sizioni? Giulia. /\ on dico qu esto: l'ipote si che tu f:aii è priva di fondamento. Pr olu ngare l'o – rario ? f\la in capo a poche settiman e chi di noi resislel'ebbe all'improba fati ca,? Dimi– nuir e i salari ? :-fa chi si sentirebbe di ab– bandonar -e la casa, di lasciar ,e j figli incu – stoditi per Lutba una giornata , qu and o non s.i guad agn asse neppu re qu el tanto che ba– sta per isfarna,rc i ? · Tonia. I padroni non lo fanno e non lo faranno; ma non per le ragioni che tu ad– duci. Purtroppo , le donn e, che , come le, non chi edono altro che di accettar e ra sse– gnale qua lun que condizione di lavoro , sono 1tncora mo!Le, troppe , ed -i padroni trove– rebbero sem pre pronte nuove sohi ère , di operaie a prendere il poslo clelle· cadute; tna. cr edi p ure. non verrh ' loro in n1e11Lc -~ J tentar<B maggiori soprusi per la sola ragio– ne, che la nostra organizzazione vigila e ci prot egge ,ed anc he perchè con noi farebb ero cau sa comune le lavoratrici cose.i-enti degli altri paesi. È nell'unione la nostm1 forza. Giulia. E tu credi realmente che se tutte le ope.r.a1e fossero org ani zzat e e facesse ro parte di associazioni politi che ed economi– cihe le nostre condi zion i sar ebbero migliori? La nostra vetta deve rimanere incontaminata Ton ia. · E come dubit mrn e? Non ved i tu che dove manca ogni forma di organizza – zione i lavoratori sono peggio pagati e sono condanna ti ad ogni sorta di sopru si? Nei paesi inv ece nei qua.li l'id-ealità socia.lista ha conqu istiate le masse opera ie, la borgh e– sia si tro va di fronte ad una .nu ova forza , ad un nuovo diritto e sent e per ciò che è finilo il tempo in cui tutto poteva e che per lo innanzi sarà costr-e\ta ad una lotta per h quale dovr à ogni giorno fare gettito di qual oun o dei suoi privil egi fino al mom ento in cui dovr à dm.n·si per vinta di fronte ad un 1woletariato , che s.ia capa ce di spezzare le u!Lime catene e di instaurare nel mondo il regno della libertà B della giu stizia. E ,._to "eppellire il rico rdo del pa ssa to. lo non ho più alcuna fiducia nella vita . nell' a n•e • ni1·e: 111a abbiamo due creatu re che non ci hanno dornandato di venire a l mond o. Pro– cu ri amo di cornpiere \·erso di esse il nostro dovei-e . .\Ila cn:;~a, il clrna ro era già. sequest rato per le due <'a111biali, !Jench è non doves se ro sco.de– re che dur mesi dopo e 200 lire tratteneva l'av• vocfito, per le <..1,ese cli !<in/ue~tro. :'Ilio ma rit o fu pre.~ù (fa u11 accesso di col lera te rribil e. Pensò alla , endetta contro que l fo,·nito re che ,ise\"a "-Pinto :in<-he il m arito dplla do111estira a <piel p;1s'io: Pr r du e g-iorni fccr cento pr o– getti di \"C11detta. Hicor~i a mio fratello pel' cr1llM1rlo. Eµ-li in·ra ritirato, solo 111 rentinnio, o poco r,in, di lire e <.i f>l'ù\"vide c·o11 qurlle a un po' di l,i;ir1cl1r:ria. ~i \"<'nrlettr· la ca pra. alla bnlia, iJJ rnrnprn._o dPI flJf'nsile r la IJimha chr cre– sc-eH..tbr•ni11<J :-,i l:1sdò nd r-s~a. IJcppi nn dò a l:1wJrr1re JJJ'<'S"-O un an·or·11to r gun dnJ?nn,·::i. quattnrdi<-i lire nlla settinrnna. S'era stabi lito clie ue nvi·elJbe ,·r-ri'.rntc tredici a mc perchè pem,assi a tutto. Con qllakhe piccolo riiuto ;n·uto da r·risri, io r1,·evo Jiag-ata la pigione e co11 quald1f! C<JHJ unr clae :111<·0 1· gli ri1na11rvn. r•g-li pen~nwJ rii lwlin.tiPo. Con qu elle tredici lirr si <fow•q1. \'ivl•rf' tutti trr r,d io facc,·o m i– rnMli: mm ,i :,\'~\"ano dr l,iti. AIL1. fine della '-F!tti111ana, i;.e H(JJJ ri10:inen1 più niente, pr>r 1"11ltiwo g-iorno <·i si :1rra11g-iavn alln rnrglio C(JTluna i:rros~ri felta di pole11ta e tre soldi <li pe-;c,~ fritto. Fur<mo i giorni più tranqnilli della min \·ita couiug-~Jlf'. !\'on a\"e,·o rnr-zzi per ;Jndar a trov,1re la piccina e scri\·evo alla balia di frecruente. La primavf'l'H era avanzata; io pensavo di ripren– dere la piccina elle ave,·a ormai un anno e facev o la mass ima economia pe r raggr uzzola ,· tanto da anda rla a prende re, qu ando m i si !:>c1·is~e ch'e-ssa era 1nolto rna lata. Acco rsi. In quale stato la trovai ! i\Iagris sima, mal tenut a, col col'picc iolo tutto una piaga ! Comp1·esi. JI laYoro ag ri colo a,·ea cost reLla la balia a tl"ascura re la bimha 1 acl nbb a ndonar la ore ed ore nel sudiciume. Perdi & no n m· a \·e\"a scrit– to·! Pe 1·cl1è non av evo Jire-,enti to? La gast ro– ent erite I rn·ec1 ri dotta in una stato pietoso. .\l e la poi tai a. c.isa. Fu un a cu ra lunga e JHtziente. Jnc·ominciai a forlc bagni tie pidi con amido, due e a.nche tre ,·olle al giorno. Non pote\'a sliH co i-ica ta ed io la te nevo sempre sul mio IJi-a.ccio, a!Jitun ndonii ad acc udil' e a lutte le fM·ceuclc, ~enza Jn!-,ciarla. i n breve il suo COJ"JJicino gwuì. la pC'lle si fece lisci a e 1norbid 11. ma In g;1stro-ent erite per~istevà. no– riost:UJtc b nutrizione r:1zio11alr e 1 ·egola.re . I.a lJOrta i 1.lla ((prcn-Yirlcnza bolintic a 11 dove si visita\·:irio i bi1111Jicon premura scrupolosa. Pr s11 ro 1HJ l;l bimba: le ,ordi naron o de ll'ac qua di <':drC', rlelrac.:<111adi Sangemini per allun– g-nre il lattC'. Dovevo torr1:11·e ogni tre o quat– tr o giorni. Hi(·ordo quC'lla st rada lunga ~ in– terminabile, ~otto il :-.olC',e-olla bimba al collo C'd il 1Ji111lio J)ff mano, dii· non potevo spen• <irre i dicd c-enlesimi dC'l tram. R ic-ordo che q1H•ll'n<"q11a ,·ostm·a 10 cr nle"'imi a l litro e r.e 11(• ,·olr,·n una hotti.~lin oµ-ni due giorni. oltre ai 50 C'Pntc~imi di latte' g-iorn a liero pei bim bi: <· <·<m quelle 13 lire settirnn noli, ero un pr o– lJIPma molt6 n1·rl110 ! Br1,pi r.;i !<itn.nrò presto di que lla vita <li sa– <·r1fitio.. \ po<·o a. poro riprese le sue abitudi• ni : ,-eni\ ·a a cac:.;a. alle du e o a lle tre di notte, 'ivrg-lia11cloci ti1tu, con due o tre pugn i su). l'n ..rio, fotc•ndomi oggetto delle sue voglie be– <.tiali, c:;ì che io nnu!<ieata gli ebbi pe rfino a dire che cons ide ravo m agg ior pros tituzi one l'esse r sua 1 che non se mi foss i da ta a l primo ven uto. :..\Iio fra te llo da prin cipio per compi a– cenn i lo aveva Ll'atta to con un a cer ta cordi a- !~1t~~ton~~-aJJ~[tii~·s~~~~1~~~0f 1i·eJ Si \!!r ~~i~~iol~t fl11cl1è evitò de l tu tt o di vederlo e veniva a saluta rmi quando no n c'ero.: cosi mi a cogna– ta. Ess i era no felic i : io li guard a vo con te– nerezza e compiace nza., ma più a cuto sentivo il rimp ia nto per Ja mi a vita. sciu pata. Dopo qualche tempo Beppi comin ciò a la• gnn.rsi di dolori ad una gamba ed ei-a im pres– ~ionati:=si mo. Era sempre stat o di una robu• stc zza eccezionale. lo gli él\·e,o eletto qua lclie volta: ((Se un (lj do, ·ess i esse r il))1nobi lizzato in un segg iolo• ne, io ti mant errei e sen·frei, e sa rei più tra n– quilla clte rion ora che no n istai fernio un rno1ncnto e tremo sempre tu ne facc ia una delle tue n. - Tu se i una strega, egli mi dice\'a . La tu a oi·eyisio ne sì nn 'e ra. Io ho una ga n1Da che dimagri sce e non mi sostie ne. · I.o c·o1Hl1~..,i da. un medico provetto: si trat• ta,·:t ct·unn sci attica alcoolica. Gli ordinò delle init•zioni e gli proibì assolutame n te di bere più rli 1111 bict hi cre di ,·ino al giorno. Lo am monì <:hc s'eg li n, esse ben1to liquo ri av rebbe pot u– to irn11c1zzire, o paralizzarsi completamente . I.o ~pa ,·cnto gli fece djfatti condurre Una vita regolare pe r qunlch e setlimana, ma sebbe ne <Jnalrhe \"olta, quand 'io ero assent e. be,·eva qualche hicthiere di più, che ripagm ·a tos lo e-on un pegg-iornmento. Si rimise bene: ma. intnnto in c.:1~a nrnn ca ya il carbone, mrvncnva tutto; non \''era più un centesimo: ave\ ·o po r tato, anche le coperte del letto. al ).fonte di Pie tà . (fo ntinua ).

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