Critica Sociale - Anno XXIII - n. 4 - 16 febbraio 1913

CHITlCA SOCIALE 51 Il Mondolfo è dello _stesso avviso e ritiene indi– spensabilè la « d·enunzia_ pubblica » in tutti i casi in cui, pur non trattandosi di reato, l'atto dell' Ammi– nistrazione' è passibile di censura. A{lduce il Mon– dolfo, ad esempio, l'aver preferito per una, data. fornitura una ditta piuttosto che un'altra, l'aver ac– cettato di pagar dieci quello che si poteva avere per due o per tre, l'aver mcorag·giale le iniziative del Banco di Roma, ecc. Ora a no,i piace esser pratici, perchè l' Ammini– strazione non può non esser pratica; e volendo es– sere pratici domandiamo: Come, di grazia,. si do– vrebbe o si potrebbe esplicare quésto controllo piib– blico? Evidentemente non ci sarebbe che un modo solo: la denunzia non anonima (per quelle anoni– me non occorre una legge speciale) ad un giornale, a un uomo politico d'opposizione, a un'assemblea di interessali, fatta da un funzionario inferiore con– tro i suoi superiori. E la conseguenza della denun– cia quale sarebbe, pur lasciando un momento da 13arle, lo soompiglio, Fanarchia,; l'infrazione. d'ogni . diséiplina e .d'ogni gerarchia che il s-istema por-' lerebbc nell'Amministrazione? Si crede forse che i superiori verrebbero a giustificarsi di fronte ·agh· inferi•ori, sui giornali, a casa degli uomini politici, nelle assemblee? No di certo! E allorà il pubblico . come potrebbe controllare il valore delle accuse, visto e considerato che esse non debbono vertere sol·Lanto sui falli che costituiscono patente reato (nel· qual caso tanto la Critica quanto il !\Iondolfo ri– conoscono sufficiente !'_opera del P,i•ocuratore del Re), ma devono estendersi a fatti che possono es- , sere oggetto di disparati'ssimo apprezzamento e che non seinpre involgono, ma semplicemente « indi– ziano», come dice la Critica, errori, ingiustizie, favoritismi, abusi? Il pubblico (a meno che non si voglia istitui,re un'azione popol.are sui generi!$, con cui_ venga data al cittadino la facoltà di mettere il naso in quahm– que atto interno dell'Amministrazione), dovrebbe li~ mitarsi .a chiedere a gran voce una inchiesta dal Governo, la quale inchiesta non potrebbe· essere che parlam.entare o amministrativa. Ma la prima - ne converranno ·i nostri critici -- non è tale che sia consentito averla a ogni piè sospinto; e se deve fiµiitarsi- ai- casi. piì.\ gravi, la Marina, la -Minerva, il Palazzo di .Gil1stizia insegnano che, anche senza la desiderata riforma della legge sullo stato giu– ridico, si può ottenere ugualmente. La seconda - anche qu~sto ci concederanno i nostri critici - è per lo più destinala a lasciare il tempo che trova, 1?erchè le {!tagagne dei superiori non sono altro, in fondo, che le magagne del Governo. · . 1 D'altra parte, noi vediamo la questione· da un altro punto- ancora più caratteristico. Si invoca tanto la libertà di propalazione, e anche. qui non riu-' sciamo a. convincerci di quale propalazio11e ci sia così acuto bisogno. Ma che forse la burocrazia in Italia, a questi lumi cli luna, è da paragonarsi a una .candida sposa, çlifesa dal cinto di castità?, O non è essa lasciata in balia di tutti coloro che la vo– gliono violare, e i s~oi .segret!, i suoi famosi :le– greti, non sono q11elh di Pulcmella? Nella pratica che da dieci anni ormai abbiamo della pubblica Amministrazione, ci siamo persuasi· che ·qualsiasi provvedimen_to, anche il più ·geloso, è prima. cono- ociuto cta&li interess~ti, si'.-1-nopure estranei, che non da coloro pel c_u1tramite 1eve ~ncora_ passare; e che non c'è «pratica». non e è clehberaz10ne, noi~ c'è _nulla çhe non sia riservato. se non p_er ~odo d1 dire. E- ciò, si badi bene, non per effetto ~1 cor~u– zion·e; ma per effet(o, in· prim_is, d~l complicato m– granaggio burocraltco, per cm og111carta_ dev_e pas~ sare per cento funzionarì e per cento Uffici, dei quah non tutti ne apprei.zoi10 ugualm'ente la r1sen-atezza e il valore; per· effetto, in secondo luogo, della somma facilità con cui gli estranei, anche se non giomalisti e non uomini politici (pei quali nessuna porta è chiusa), s'infiltrano nel!' Amministrazione e ~i pongono a contatLo con tutti gli impiegati, senza riguardo alcuno alla gerarchia. Ed è comicissimo in molli casi vedere éori quale sussiego un Capose– zione zelante fa il riservato con gli estranei riguardo ad affar:i, per cui gli estranei o sono già informali o, usci"ti dalla sua stanza, vanno ad informarsi dal $egrelario, dall'ufficiale d'ordine, dall'usciere. · Stando così le cose,· perchè ·volere che il funzio– nario si faccia denunciatore di mali che, nella mag– gior parte dei casi, sono già a conoscenza ciel pub– hli_co'/Il coraggio, che i signori giornalisti e i signori depulal.i non si sanno dare, lo deve ,l\'er tutto il po– vero travet, esposto poi, con la legge sullo stato giu– ridico o senzn, ai sospetti, ai rancori, agli odii d_ei superiori? Da quest'essere che, per forza di cose, co,i qualsiasi le~rge e in qualsiasi regime, avrà sem– pre una libertù limitata, non s~.può pretendere }Jiù di quello' chè cli, chi vive al di fuori di ogni legame e d'ogni gerarcliia. E se, fra tanti pennaioli e tanti onorevoli che allietano il bel regno d'Italia, sono cosi scarsi quelli che hanno l'abitudine cli mettere .in piazza le magagne pubbliche di loro conoscenza, non è da sperare. mai che un maggior numero di Catoni si I-cvi dalle po1·erc file della dispregiata bu– rocrazia. * ** La quale dispregiala burocrazia -· anche cli que– sto bisogna persuad'.ersi· - non è poi quella nia_cchia ' della Faiola che ~:in _tanta _insistenza si V~ dicepdo. La gente dt buon· sens.o, quella almeno mtere!ìsata a conoscere la verità. dev'e far la tara ;:t tutte le di– cerie di sòprusi· e di malversazioni che, specie in questo momento, van dilagando. 'Già dicemmo l'al- , tra volta .come 'i gros-/Jonriets, n_ei quali' si vogliono incarnati tutti i difetti e le birbanterie attribuite'".alla burocrazia, no'.n•siano· che dei piccoli bonhèts 'invec– chiati; in loro si trovano, un po'. più accènt(rati; la stessa apatia, lo stesso egoismo, lo ste'ssci 1 'àijrore . massimo per la carrieru e minimo per l' AmminiStra- 7.ione·, di cui .-dà bella prova, sino dar primo gìo'.rno di vita burocratica, la massima parte dei ·giovani funzionarì. .. · Per cfuesto insislemmo ed insistiamo nel· concetto che, in att,esa cli migliorar le l:eggi sugli impiegati, comincino intanto gli impiegati, per quant'è p~ssi– bile, a rniglioràre. se stessi. In sostanza, qual siasi politica si riduce. a un problema d'educazione. alt.ri– menti non si spiegherebbe come le stesse leggi ·pro– rluca110.effeUi tanto diYersi da ambiente ad ambiente, · da popolo a popolo. . Quando gli· irripiegati saranno m~gliori individual– mente (e per migliori - lo ricordiamo - non si in– tendc qui più oriesli, perchè onesti lo s_ono abba– stanza), saranno migliori anche collettivamente, e allora sì, o amico Tu'rati, vedrai funzionare sul serio· quelle associazioni cli cui adesso lamenti il bambo– leggiamento; e, quando le associazioni funzioneran– no, sarà olte11ula la libertà d'azione e se ne saprà usare. Non è forse vecchio canone della democrazia che la libertà non si implora dall'alto. ma si con– quista? ~ E non è elementare principio cli etica che la prima libertù ·da conseguire è quella interna? Sin che l'animo degli impiegati resterà servile, della libertà o non ne useranno o ne useranno male. Ma, dopo aver smol-za!e le tinte che dipingono gli·alti funzionarì in veste di tiranni, cl_obbjamo·sm?r– zare quelle che dànno alla burocrazia, nel suo m– sieme, il più sudicio degli aspetti. Il Mondolfo non si perita a scri1·ere le seguenti testuali parole: « Che nelle JH1bli/ic/1e rtmminislra::ioni ci sia un marciume

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