Critica Sociale - Anno XXIII - n. 4 - 16 febbraio 1913

50 CflITICA SOCI,ALE faccenda Caron è discussa iu lungo e in largo in ' un capilolo ricco cli noli_zie e_suggestivo di. iI:npr~s– sìoni. Dal complessò dei fatl1 narrali non e 1llcc1to inferire che alla «disgrazia» del « lemporali_sta_ » .\lonsicrnor Cnrou, in cospello dello Stalo, assai più che i ~-aclicnli, abbiano conlribuilo i... clericali --'– quei buoni clericali « conciliazionistj » genovesi, amici del padre Scmcria, i quali, a torto o a ra– .,.ione, accusano M on~ignor ( 'arou di avere fntto ~rnndaro in esilio, a Bruxelles, l'altivo, eloquente e liberale bamnhita, così accetto in certi circoli di Corte ... Snconclo cotesta versione clòllc cose, il ne– gabo c.:i;eq1wl111· a Monsignor Carnn sareblw, per la Ì'razionc, diciamo così, riformista lii destra del cle– ricalismo italiano, come una rappresaglia dolla coi1- danna pon1ifìr.alc dei giornali ciel trnst cattojico. Non noi siamo in grado di ·approfomlirn In vcriti1 gc1111inain cotanta mal·izia di uomini e di gruppi, tla noi così diversi, estranei e loulani, ma se il rac– conto coiTe vero -~ come appare verosimile per sè e per l'aUeggiamento dçl gruppo clericale della Ca-,, mcm, t:he fu quello di chi protesta giusto. quel tanlo che onore di firma e prudenza di non sco– vrir,;i coslriugono - il Governo, allr ~palle· dei ra– dicali, avl'ebbè servilo i clericali bianchi conlro i dcl'icali neri. \·la, ·ve di mo: La guel'n.1 no11 è, non dov1·ebbc eSSl'l'e, t.rn radicali e clnrirali neri. lcrn– poralisti, clericali, d iremo così, 1·ivoh1zio11:1ri. Co– st.01·0 non sogliono da,.si lanlo affanno tH·1·le ele– zioni; cosboro non conlras(ano eoqio•a nll'f)O i col– legi ai l'aclicali. I ckrieali che fan1w q11ti,:;tcorri– bili cose sono i clericali bianchi, pal,rioli, nazionù– lisli, magari tripol.ini; sono questi· che in· proprio .:_ o più ancon1, appo1<giandosi pel' modestia ai moderali - minacciano tutt.e le posizioni poliLichr e le speranze <lei radicali. E i radicali si .estasiano quando il Governo è la lun)ra nrnno ·che rolpi1;cc gli allri clcri_cali, clirella e guidala propria da quei cle– ricali che sono, per Joro radicali, i più pericolosi? Furbi, J>crdio! · ·Sono ben questi gli errori in cui casca la demo– crazia, quando alla bussola dei principii s-0stiluiscr• la bussola dcll'on. Giolitti. Si sono soll,mlo clò1rnrn– dali · i radicah quanto il loro punto cli. vista nella bega cli q11cslo excquatu.i· concordi con quell'ideale di assoluLn scifarazio11e dello Sk1lo dalla Chiesa e di subordi11'azionc della Chiesa al comune diritto · di associa'l.ionc, · che è stalo ccl è la grande· e co– si.ante mèla della democrazia borg·hcsc e laica in lulli gli Stati? . Un al(o_•chc mosLra _di inlcrprctare la legge delle Guarcnt1g1c c.omc slab1hcnle una vera e propria in– gerenza clello Stato nella nomina elci vescovi e,,ì– l_lenlementc non significa nulla ... conlr:o la leo·o-e delle Guarentigie! Dice solo ·che le « due sovrnni~-;>J si bislicciano tra loro per la nomina di un f:1mzio– n:uio comune e non dicè che si possa fat'c a meno di ~mo elci << rl110_ rcggimenli », che è Ja g-r:rndc aspi– razione del laicismo l'aclicalc . .'\tti cli forza cli so– vràni contro alLi e persone di prelati" non furono mai_ rai-1 - ~cnza neppur ricordare qlicl che Ber– naho V1sco1~t1faceva _de_llcLolle ciel papa - ma non con essi e per .essi sr at!uava la libcrlù cli qual– sivoglia specie. . Ora eccoti infaLti che· si scopre com<' meni.re il Governo negava ali« intr..111sigentcJ>mon' signor C a– ron_ 1'.e.r:eq_uatw·, autorizzav_a fapcrlma di' un gin-· 11ast0 a Livorno sollo la c\1rcz1onc dei g·csuit.i. Eb– bene, hanno o non hanno, i radicali 1111ad-0Uri11a sp_ec\fìca ·ir~siffatta_.materia? J \rnmct.to' no essi qucll~1 tliumtala l1bertù eh mscgnamen to, che è la grande prnUaforma sulla quale. m questo mome11lo si ven– gono organizzando le schiere clericali concilia11tisle ò in transigenti obbedendo ad una stessa paroh d'or- 1.li ,ne?O.pp11re ritengono essi. che lalc liberi.:\ dPbha limitarsi in confronto cli coloro che per -devozione di ordini sacri non possono alLrimenti istruire se non subordinando l'alfabeto o ·il Ialino a inspira– zioni spirit11ali violenl.cmentc o subdolamente usur– patrici della cosciom.a degli alunni e diametralmente <>pposte ai priucipii di tolleranza, di uguaglianza, di f1·atellanza civile ,su cui poggia la società moderna? Noi, socialisti·, che nello Stato attuale vediamo Luttavia lo Sta'lo rfi classe - e non della classe per cui parliamo, la classe lavoralrice sfrutlata - pos– siamo essere pc,.plcssi davanti a qualunèrue cccezio– nal·c accrescimcnlo della focza poliLica dello Stato su quella dei singoli gruppi, chè può essere im.pru- . d!)nt.e. ~'.la comç_ ciù può avvenire, senza a~dica– zronc, :11 rad1cal1? Ehbcuc. è pl'ecisamèntc manifesto che nell'ora gio– conda clcll·anticlcricalismo govcrnaLivo, che manda in· visibilio la democrazia, lo St.1lo non difende af– fallo la laicit:\ della scuola e si lascia cogliere in flagrante collusione con la scuola privata, come non osa neppure affacciare la laicità del talamo, che vol– garmente si chiama divorzio, mentre - e ,ruesto a noi è pcrfellamentc èomprensibilc - lascia alle– gramenlc il convento fare conconeuza all'officina: questione; ben inteso, di Lene.re officine sciolte dal rispello delle leggi del lavoro e isolate dalla « co1·– rullricc ·i>propaganda dell'organizzazione cli classe. Infine è chial'o che il connubio clcrico-moclerato– govcrnalivo conll'O i rarl,icali è pronlo in quasi tutti i collegi ... \fa la democrazia, per qnel q1wsi che le apre lo spiraglio delle eccezioni dei favori elettorali (saran– no· poi favori eccezional i?), è co nlenta .. E il caso Caron, che, rispct.lo al libern pensiero, vale il caso IIervé, essa vanta a trionfale giustifica- 1,ionc del suo vivace zelo di servetta giolitliana. La democrazia è divenuta una buona fìgli11ola, servi– zievole, discreta; che si èonLcnia di por.o. P,er qnrA,to le si clù anche mrno. Ed ha c-satLa- 1uenle quel che si merita: la bm·la comica cli que– st'ora anticleJ'icalP, consacl'ala al nome di Monsi- gno-r Caron. · C1..,uoro Tm:vEs. INTEMA DIBUROCRAZIA E O'KFFARIS Il controllo della pubblicaopinione. Il nost.ro articolo s11 Gli Impiegali.onesti e la legge su.il o stato giul'idico (vedi N. 2-3) ha avuto un com– mento dalla Critica e una replic:t da Ugo Guido Mondolfo. La Criticà sostiene l'.. 1ssoluta necessilù, . per la salvezza dcll'amminisLl'azione, che l'impiegato J'.los– sa porlarc dinanzi al t.ribunalc dell'opinione _pub- , blica tutte le malefatte cli cui viene a conoscenza nell'esercizio delle sue funzioni. Citiamo per non .sbagliare : «Quando· non di frode man-if,esta si tratta; nè di segr-eto d'ufficio vero e p;oprio, affidato a quel dato impiegato per ragione della sua funzione speciale, ina. di tutli quei ·ratti ,che, attin-endo agli ordin(lmenti amminis.Lrativi, o (lll'indirizzo tecnico e polilic-0, e in– vo1gençlo o inclii=ianclo errori, ingiu-stiziè, abusi, fa– voritismi, vengono più facilmente a conoscenza di chi vive nella ,chiostra degli Uffici e. possono inwressare o il ,oeto d_egli impi,egati od anche, più Iarg-ame~te, la pubbli,ca opinione; allora sorge il conflitto tra l'in– teresse (!Jia, lib.ert.à ·della propal-azione e della critica· ,e i fr,e•nièhe il Governo, i di,rigenti, gli'inte1,essati ol sil,enzi0 pret.endono imporre a codesta libertà».

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