Critica Sociale - Anno XXI - n. 7 - 1 aprile 1911

98 CRITICA SOCIALE . g sofìsrna aneslarsi a questo solo: e< oggi non era necessario!>>. - Può darsi. Noi aneliamo oiù in l_à. Pensiamo che, suscitando troppi. allarmi e clamori, in un cnmpo e nell'altro, nuocerebbe, og– gi, al disegno. Ci valemmo, fra m_illc, n_ncl_1c !i questo argomento, quando, a Roma, in quei giorni, cercavamo, in tulle le calze sudicie della politica, tutte le pulci scovabili, per fìccarlc, ad una ad una, nelle orecchie del nostro amico. ~ E dire: « il pre– mio è meschino, la posla è insufficiente», è, anche esso, un sofìsma. Il suffragio universale (e non cm il solo trofeo) s'era proclnrnnto dal Partilo, s'era bandito dal Conp-rcsso, il problcrnn più vitale, In pregiudiziale urgente ed imprescindibile. Egli l'u– vea presa sul serio: era il modo, sostanziale per lui, di rendere omaggio alla disciplina di parlito .. - Comunque, ciò che può, oggi, non essere neces– snrio o suITTciente,può esser tale domani, nelle con– dizioni medesime. Si riaffaccia uguale il problema. « Non ci fidiamo di Giolitti; dei collabornlori; della Carnera!» - Il gesto è di grosso effetto ... nelle assemblee. Ma non è più serio degli nitri. La CatYlera 1 , sè non piega, è spazzata ·❖ia; pi·egano, cer– to, i collnboratori; l'azione è transazione, sopratut– to il potere. E Giolitti -- che, se vuole, può - può anche volere. Oggi più che mai, per inlìniJe ragioni che son dentro e fuori di lui 1 può voler ri– pigliare la linea, eia cui ha deflesso, ma eia rui fu spinto a deflettere anche, nolenti entrambi. dallo stesso partito socialista, agente e agìlo eia cause, che or non importa rievocare. Qui la psicologia è zcpp,t di trabocchetti. Comun– que, il « non ci fidiamo» dei Circoli val bene il « mi fido» di chi va a metterci la pelle - e può 11scire clonrnni, come entrò, se il p:1llo è tradito, senza aver nulla perduto, neanche l'onore. fl rosario dei so0smi può continuare ... * .. Eppure, dopo che li avrete abbattuti ad uno ad uno; dopo che, frugando negli ordini del giorno dei Congressi e delle Sezioni, negli aforismi dei compagni più rigidi, avrete trovato - e c'è sempre - la incrinatura, la eccezione vagamente previstn, l'nvverbio salvatore e la riserva prudente, che giu– stificherebbe lo strappo; dopochè, confessando· gli organizzatori operai, sentendo nei p;iudizì clelln << Confederazione del Lavoro», trapclrn·e come un rammarico del tardivo rilluto, vi sarete cletLiche la organizzata avanguardia proletaria, la nostra legio– ne teLana, accettava il sacrifìcio e lo perdonava; dopoché avrete respinto, come incongruo) l'csC'm– pio del partito tedesco cd austriaco, cui l'arnbicnlc feudale sforza a un zitellonaggio, suo malgrado, in– fecondo; e vi sarete chiesti - ripensando n questo strano pncsc dc\l'ltnlin e cli Montecitorio - se una perpetua fuga eia concrete respons<-1bilitù cli Governo non sia per crescervi il ·ridicolo intorno, non sia per appnrire, e per essere, una vostra viltù: - dopo lutto questo, e dcll'nltro, udrete ancora una voce nell'intimo vostro, eco cli nitre voci che vibl'ano nella coscienza profonda di mille compagni, elci più antichi e prodi e sicuri, e che agli uni - uomini cli assoluto - suona «giammai!», ma che in voi, con altra parola, dice il medesimo: dice: << non a11cora!,,. - ((Non ancora!)), non giù per questa ~ola ora fugace, per questa congiuntura cITimcr:1, ma per lutto un periodo, per quesla condizione di proletariato e cli. partito in Italia; e <<giammai!>), llnchè questa duri. E quest'intima voce sapiente - che, nssalcnclo Bis– solali al ritorno dnl colle, prese il tono, che do– n'v.n più molccrn il ~uo cw.He in c1uell'ora, della ariltca co11suctudi11C' ribelle ai riti e agli onori - e con quèslo inga11Holo rin-se - quella voce non b Biblioteca Gino Bianco confutate, pcrchè non· sillogizza; non la sopite. o spegnete, pcrchè è i.l ,~ostro essere ~tes~o, e vive e si addormenta e s1 rJdesla con voi. Viene dallo cose che amaste; viene dalle moltilucli11i proletarie, che non sanno e non parlano, non parlano che dentro cli voi, e che non rirscircsle a convincere. perchè appunto non sanno. Viene ... dal socialismo. che sonnecchia in voi, e si desta nei momenti gra– vi, nel quarto d'ora decisivo. Che è, oggi, il socialismo, i1~ Il3.lia? Ecco In questione centrale del presente c\1batt1to. Esso, delle moltitudini, appena ha sfiorato l'epi– dermide; dove penelrò un po' più a fondo, nelle oasi meglio organizzale, servì, nè poteva altrimenti, in– teressi, non spregevoli certo, ma limitati ccl angu– sti. Conquistando libertà, fece opera sana e vera di democrazia; ma, a cbi più doveva in essa librarsi, mancarono i vanni; spesso i liberati parvero liberli e ferirono se stessi con le proprie mani. Nel nuovo lav oro div iso, le schiere si ignorarono l'una l'altra, e i solç.hi si approfondirono frn le cognate oITicine; lo ,strulJlcnto ciel potere, l'azione parlamentare, fog– giò l' ggi, éui ù'dn b~Stò ad av\H,.,arcla•vigile coscienl ~a degli interessati; e i complicati avveclimcnti elci vessilliferi, penetrati in Parlarncnto, parvero ai mandanti cabale aslruse ed inani. Così la gran for– za profetala, fu nei Comizi. nei Congressi, nelle concioni; fu, talvolta, nelle folli p::wrc avversarie; fu nelle nostre speranze e nelle nostre illusioni. Pensammo gioverebbe chiam:11·0a noi nuove genti, proponemmo l'urna per tulli; ma perchè la clul'a conquista - non il facile clono - creasse nelle turbe, col senso del valore, il valore del voto. Questo socialismo è, dunque, nisli inizi: adulto nelle nostre menti e nei nostri cuori, fra il popolo appena vagisce. Il suo esercilo ha troppi più capi– tnni improvvisati che reclute salde; e, clacchè non costa i sacriGci d'un tempo, quanta gente accol'rc nei l'Uoli! i\tfa l'organizzazione proletaria, delusa Ja lusinsa dei rapidi prodigi, lnngue e si assotti~dia; una tnssitudinc esala dal diffuso benessere delle avanguardie; tutto assume, disse Claudio Treves -- la parola è scollura e singhiozzo-· colore e so– stanza cli «patronato"· E il pnrlito, che ci manda in quaranta a Mon!ecilorio, non regge, ossia non legge, il propl'io giornale. Egli è, non già, come vaneggiano quei rinnegali, che ll socialismo sia morto; sarebbe morto il capi– talismo e il dominio borghese. Gli è che la salita è dura; è clurn a Bissolnli b salita del colle quiri– nale, perchè è dura nl proletariato l'ascesa redentri– ce dell'Aventino. E si è ancora ai primissimi svolti. I vessilli, se clilungansi alquanto. son perduti cli vistn; e il socialismo con essi, che han nelle pieghe. Questo seriso, qu._1sireligiOso, di doverosa rinunzia al salire da soli, o con troppo numerata scorta di !Idi, quand'anche si salisse con le intenzioni pili pure (ma la breccia, dischiusa, quanti impuri pi– glierebbero cl'assnlto!), più che consiglio cli ragione, è avvertimento cli istinto; e il tenore di quel ceri– mon in le che servì ngli oppressori, che si celebra su.ll' allra r iva, è simbolico omaggio agli oppressi, coi qua.li - anche a nostro dispetto - sta il no– stro cuore. QuC'sloè il drnmmn, in quest'ora, del pnrlilo e ciel sociolismo in Italia. La sua contraddizione interiore. E In nostr:1. Alt! se il partito socialisln fosse più forte, più fatto, più compreso e temuto! se la fusione della idea socialista nel movimento proletario fosse gitt piena! se, dallo sforzo socialista, una nuova dcmo– cra,.ia fosse sorta, schietta, capnce, che pigliasse sopra cli sè la funzione, pur nobilissima, del « pa– ll'Onnto )> dei deboli; s(', fuol'i. nel paese, comC' in Inghilterra e in Germania, folleggiassero i fortilizì

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