Critica Sociale - Anno XIX - n. 23 - 1 dicembre 1909

362 CRITICA SOCIALE Ment.re lo Stato ed i Comuni andavano a rilento a provvedere, gli impiegati pensarono di rivolgersi direttamente alla cooperazione, traendo dalla legge del 1903 quanto aveva di meglio, ma l'iniziativa. - all'infuori di casi isolati - non fu fortunata. Un più largo movimento è sorto, sotto l'aculeo delle accresciute sofferenze, negli ultimi anni. A Genova, a 'l'orino, segnatamente a Roma, sono state istituite Cooperative di impiegati. Nella capitale si può dire che siano sorto a decine, secondo i Ministeri e se– condo le categorie, ma tutte quante si diba-ttono tra difficoltà asprissime. ,\fauca il credito a buon mer– cato e troppe sono le pastoie della legge. Finchè non si sarà provveduto all'uno e all'altro guaio, le iniziative saranno destinate a infrangersi contro la realtà. Pietro Nurra aveva cercato, nel 1908, di indiriz– zare l'azione diretta degli impiegati per l'abitazione a buon mercato verso uno sbocco pratico ed aveva preso l'iniziativn per un Istituto delle Case clegli 'iinl)iegati a Milano, determinando in qu~sti termini l'azione del Comune : ' 1 Gli impiegati del Comune e dello Stato, rappresen– tati dalle proprio organizzazioni, dovrebbero chiedere: 1° che il Comune pMncla l'iniziatin di costruire, fra i propri dipendenti, impiegati e salariilti, uua Coopera– tiva di costruzione, impegnandosi di trattenere mensil– mente le quote detlu azioni volontariamente sottoscritte e, più tardi, le rate d'arfltto; 2° che il Comllne conceda in enfiteusi, per un pe– riodo di ottant'anni, 50 mila metri quadrati d'area, ba– stevoli alla costruzione di duemila ambienti, mediante il compenso di un annuo canone del 2 per cento sul va– lore attuale ; 3° che il Comune garantisca un mutuo di tre mi– lioni presso uno degli tstituti di Credito autorizzati dal• l'articolo 1° della legge sullo case popolari ed econo– miche, garantendosi a sua volta con seconda ipoteca sui redditi che abbiamo già accennati; 4° che il Comune conceda l'esenzione del dazio sui materiali impiegati nella costruzione delle case proget– tate, e tutte quelle altre agevolazioni fiscali che sono in suo potere; 5° che porti a compimento tutti i lavori occorrenti per l'abitabilità e sistemazione dell'area concessa; 6° che il Comune sottoscriva tante quote di lire diecimila quante aono Io Cooperative consorziate. A sua volta la Camera Federale degli impiegati do– vrebbe impegnarsi: 1° a costituire una Cooperativa di costruzioni tra gli impiegati di Stato, adoperandosi in pari tempo perchè il Governo conceda ad essa, nella misura. che sarà rite• nuta più opportuna, il beneficio dell'articolo 14 della leggo per noma; 2° a promuovere simili Cooperative tra gli impiegati di Enti pubblici, Uanche, Società, ecc., che acconsentis– sero a trattenere mensilmente le rate d'affitto dei futuri inquilini, e nel frattempo le quote azionarie; 3° a compiere, d'accordo coo la Federazione dei di– pendenti del Comune, tutte le migliori pratiche occor– renti per le buona e sollecita riuscita del progetto. 11 Il progetto, finora., non ebbe seguito, ma conti~ne elementi che possono guidarci a impostare le basi di una soluzione razionale. Concretiamone, in poche formule chiare e semplici, le linee essenziali. Lo Stato e il Comune hanno il dovere e l'inte,·esse di preoccltpa,-si delle abitazioni dei loro dipendenti, e segnatamente nelle cUtà più dinamiche e per le ca– tego1"iemeno retribuite. La costruzione e l'esercizio diretto possono essere una soluzione pel Comune; non si può dire altrettanto per lo Stato. · Deve essere 1·iformata l'attuale legislazione sulle Casepopolari, con questi essenziali obbietffoi: amnen• ta1·e le esenzioni fiscali, ridurre ai minimi termini gli impacci burocratfoi, av·vicinrire -il credito a buon mercato alle Cooperative cU costruzione. . /.,,oStato, in ])articolare, deve cedere a prezzo di costo o affittare a lunga scadenza, dietro 1ln basso canone, i terreni demaniali che si trovassero in cond·izioue di, essere itlilizzati per abitazioni vopolari. Deve foniire capitale etbassointeresse alle Cooperative di impiegati, con un saggio non superiore a quello della rendita pubblica, fino al 100 °lo del valo,·e dello staf>ilee del terreno o fino al 90 % del valore dello stabile, con garanzia di. prima ipoteca. Potrà e8sere adollctla an– che la conces~ionedel c1·edito{ìuoal 50 % usufruendo della garanzia di $econda ipoteca. Oltre all'interesse, le associazioni corrisponderanno un canone d-i ammo1·tamento sul capitale 1 e le case riman·anno proprietà collettiva, inalienabile dell'asso– ciazione. Lo Stato sarà, a sua volta, garantito e dalla ipoteca e dallo sti.pemlio, per le quote d·i affitto. Il Comune, per sua parte, faciliterà questo genere di imprese edilizie colla concessionedi terreni a p,·ezzo di costo o mediante un canone annuo, colla prepara– zione dei piani regolato;·i e l'organizzazione dei ser– vizt pubbUci. Pei suoi dipendenti, o col capitale delle Casse locali di previdenza, o con garanzia presso gli lst-ituti d,i crPdito,assicurerà il capitale occorrente alle Società cooperative tra impiegati e dipendenti subal– terni, coi medesimi criteri e colle stesse gw-cmzie che adotterà lo Stato. Con questo complesso di provvedimenti il problema delle abitazioni per impiegati potrebbe avviarsi a larga, se non radicale, soluzione. Se ne gioverebbero, in prima linea, i funzionari, a cui sarebbe assicurato - seaza un centesimo di spesa da. parte dei contri· buenti - un miglioramento economico non indiffe– rente. Se ne gioverebbero le classi lavoratrici, che vedrebbero diminuire la fame delle case colla costru– zione parallela di abitazioni operaie e di abitazioni per gli impiegati. Se ne gioverebbe il paese intero, che - senza sacrificio - vedrebbe costruirsi un grande demanio di abitazioni sottratte alla specula– zione privata. Ma vi sarà - tra i nostri governauti testardamente miopi - chi spezzerà la breve cerchia della nostra meschina politica quotidiana, per guardare, con animo libero, con nuovo ardimento, questi grandi problemi sociali, nel cui grembo sta tanta parte di un più degno doman i ? G1 ULJO CASAl,INI. LE ispczioni sullavoro in Italia Ei problEmi chE SSE mettono inIUCE § 7. - I convitti e le suore. Dei convitti si è detto il peggior male, sopratutto se retti da religiose, ma, come tutte le cose di questo mondo, hanno alcuni lati buoni ed altri che lo sono meno. Essi, intanto, sono il prOdotto di una neces'lità. economica. L'industria, cbe abbisogna di mano d'opera femminile, non trovandone localmente, deve farla venire da altri Comuni o Provincie. ]~, siccome non sempre può offrir lavoro anche agli uomini, cosl, invece di fabbricar le casette per famiglie intere, ospita Ledonne e le ragazze in convitti annessi alla fabbrica. Or qui bisogna distinguere due lati della questione:

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