Critica Sociale - Anno XIX - n. 18 - 16 settembre 1909

286 CRITICA SOCIALE lenza proletariR, anzi, tutto il socialismo, ò conto– nuto nello sciopero generale, che egli paragona " alla hnttaglia napoleonicn, che accoppa. definitiv1.uncnte l'avversario,, - salvo che, aggiungiamo noi, non conduca ad una Waterloo del proletariato. Ma anche qui il pensiero del nostro autore non brilla per tro1>pa chiurezza. Che cos'è In rivoluzione sociale che il proletariato compirà collo sciopero generale? E' essa il sogno neroniano di Bakunine, la pan-distruzione, il diluvio di ferro e di fuoco, la rovina immano della attuale società per costruire sui ruderi il 1wvus ordo? No. E' il sogno blanquista di un pugno d'uomini che si impadronisce elci 1>0tere per distruggerlo? Nemmeno. E' la rivolta dello ma,.se, le barricate, I'in1mrrezione armata, la guerra di bande, la jacquerie? Niente di tutto questo. E' una guerra regolare, l'urto di due eserciti armati un contro l'altro? 'l'anto meno. E, lo sciopero generA-le - dice Sorel. Sta bene. Ma, pas– snta la prima fase puramente negativn. doll'astensiono dal lavoro, come si effettuerà la presa di possesso dell'officina e l'or~anizzazione della fabbrica socia– lizzata? Come ai difenderà il proletariato dagli as– salti dei nemici interni ed esterni? Come organiz– zerà i primi lineamenti del nuovo stato di cose? Mistero profondo. Si tratta di un mito, e piil nou dimandare! D'altronde Sorci ha cura di cavarsi d'impiccio col suo solito sistema. Egli afferma che non vuoJe "ca– dere nell'utopia,, indicando in qual modo è possi– bile concepire il 1>assaggio degli uomini odierni allo stato di liberi produttori lavoranti nell'opificio sgom– brato di dominatori. u. n problema da noi posto non concerne punto il mondo già divenuto socialistico: esso si riferisce, bensì, soltanto al tempo nostro, e concerne la preparazione del passaggio da un mondo nll'altro. ,, Una volta tanto vogliamo adottare, per discutere, il suo sistema sbrigativo: - affermiamo, ciol!, che non mette conto di soffermarsi a confutare le sue fantasticherie .... In:,;eynanwnt'i, 1·01ite1np01·unei. Ma quel che importa è appunto " riferirsi al tempo nostro ,, e rndere quale sia la via da seguire giorno per giorno, quali i consigli, i suggerimenti, le indi– cazioni della dottrina sindacalista, in materia di tattica proletaria. 1n sostanza, la u. violenza 11, della quale dovrebbe essere materiato il mo,·imento ope– raio, appare costituita da questi elementi: divisione sempre più netta e spiccata del proletariato dalh, borghesia, disprezzo per i politicanti, esclusione delle vie parlamentari,della conciliazione, dell'arbitrato, ccc. 1 futto ciò, mentre segna, nella teoria, un ritorno al marxismo puro - ciuè un regresso - nella pratica del movimento socialista ha già un nome, assai più modesto: intransigenza. C'era bisogno di inventare una " nuova scuola , 1 ? Vediamo di interpretare il più esattamente possi– bile il pensiero di Sorel. Lo sciopero generalo è il mito, la forma-limite verso cui tende il movimento operaio. Ogni contlitto, ogni sciopero parziale 1 non è che un episodio di preparazione, destinato a tener vivo il sentimento rivoluzionario delle masse e a risvegliare l'idea e l'attesa del grande urto finale. Così Sorel 1 in molti punti del suo libro, si compiace di veder crescere gli episoclì di violenza. nella lotta cli classe, e sembra affermare la necessità di inten– sificare sempre più questo carattere del moto operaio. ~a l'esperienza storica gli dà torto solennemente. Sembra infatti dimostrato che il movimento operaio segue la strada inversa, attenuando sempre più la violenza primordiale. Gli scioperi diventano sempre più rari e meno violenti. Le odierne battaglie del lavoro 1 dal punto di vista drammaticoi sono giuochi di fanciulli in confronto alle collere operaie, ai moti proletari, che caratterizzarono il primo periodo del– l'industrialismo inglese, all'epoca delle insurrezioni chartiste. Che cosa sono gli atti odierni di sabotage di fronte alle rivolte ltulcliste dogli operai inglesi, che fracassavano lo macchine e incendiavano gli opifici? D'altronde, se il criterio della maggiore o minore violenza, che accompagna lo svolgersi del movimento operaio, fosse lo strumento misuratore della coscienza e della maturità del movimento stesso, bisognerebbe ammettere - e crediamo che Sornl non sia di questo parere - che la terra promestm del sindacalismo sin. la Repubblica degli Stati Uniti, do,·e i grandi scio– peri si combattono a fucilato du flmbo le parti, con centinaia di morti e feriti, e bisognerebbe dichia– rare il proletariato americano più evoluto e ri volu– zionario di quello francese e italiano. Anche recen– temente, lo sciopero dei tramvieri di Filn.delfla è stato d'una violenza estrema, e si è svolto fra il crepitio delle fucilate e i rigagnoli di sangue sul selciato delle vie. E questa, almeno, è violenza au– tentica, alla quale -- anche quando non si approva - bisogna. fare tanto di cappello. Ma quella di Sorel è la violenza vile del prole– tario evol11to 1 che, avendo ben cura di non esser visto, rovina la macchina con un soldo di smeriglio, tenta di incendin,re cento cascinali con una scatola cli fiammiferi e taglia un filo telegrafico. Nell'ultimo Congresso socialista francese, Gustavo Her-ç,é affermò logicamente che la violenza proletaria deve sboccare nella insurrezione armata e, abhandonando Pagget• tivo (ormai troppo abusato e privo cli valore) di u. rivoluzionario 111 si proclamò u. insurrezionista ,,. :Ma siccome l'insurrezione non sembra ancora troppo fa– cile, si sarebbe contentato di un grande sciopero generale di solidarietà coi postelegrafici " non scio– peranti ,,. E, poichè questo sciopero si è risolto in un solennissimo fiasco per la C. O. T., ecco Hervé appagarsi del taglio dei fili telegrafici, operato nel una settimana. di distanza, e proclamare sulla Guerre Soc.iale (9 giugno) che " la distruzione dei fili tele– grafici è un sintomo grave, perchè denota un inizio di organizzazione degli elementi rivoluziouart in tutto il paese ,,. Ombra di Jllanqui, nasconditi! I nuovi " insurro– zionisti ,, si contentano dì così poco .... J>ove si co,wl'tule. L'ultimo capitolo dell'opera soreliana esordisce col solito fare solenne: u. Ora cercheremo di mettere in luce le analogie che mostreranno come il sindaca– lismo sia la grande forza educatrice, che la societil contemporanea ha a sua disposizione per preparare il lavoro dell'av,•enire ,,. Il lettore può finalmente sentir rivelato il verbo della verità e additata la via di salvazione? M!li più. Dopo un superficiale paral– lelo fra lo spirito proletario animatore dello scio pero generale e il sentimento che guida il solda.to alle guerre di libertà, l'Autore se la cava c on una d elle solite volate lirico-catastrofiche: " Dall'immensa i-ovina delle istituzioni e dei co– stumi, nuova, vergine, possente si sprigiona l'anima del proletariato rivoluzionario, che non sarà travolta dal crollo generale dei valori morali, se i lavoratori avranno l'energia di sbarrare il cammino ai corrut– tori borghesi, rispondendo con la, b~·ufalUà. più, elo quente alte loro carezze. ,, E, con questo, ne sappiamo quanto prima. Nel pensiero di Sorel, il proletariato somiglia. ad un piccolo fanciullo bizzoso che, non potendo ncco1>· pare l'avversario, pesta i piedi per dispetto 1 strilla male parole, e si vendica producendo dei piccoli guasti al meccanismo sociale, al cui sviluppo è, in fondo, interessu.,to non meno del padrone. La vio-

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