Critica Sociale - Anno XIX - n. 18 - 16 settembre 1909

288 CHCTICA SOCfALE siste nel quantum di ,·orità, che contenga, ma nell'effi– cacia ohe ha esercitato. Sicchè inferroriamo il proletariato nel mito dello sciope1·0ge11e1·ale: ed il proletariato si comporterà. come se questo fosse realizzabile: e la sto– ria si compirà in quei modi non prevedibili cbe 1 da ardente ammiratore del Bergson, filosofo della contin– genr.a, il Sorel si guarda (a ragione) dal determinare. Ben disegnato, veramente; ma non vi pare di vedere, in questo schematismo ideale della storia 1 una di quelle case dipinte sulle scene, che dànno l'illusione appunto d'una casa, ma in cui non c 1 è attore cho potrebbe en– trare senza sfondarne le fragili pareti di tela e forarne le porte finte? La vita può seriamente affidarsi a questa via, non più salda che un fa~cio di raggi luminosi ir– rompente trn. le nubi? Ci vanno, sì, i nostri pensieri, e \'i raggiungono per ossi il sole nascosto, e sia puro il .solo dell'avvenire: .ma gli uomini non hanno ali a tal volo. •*• Non vorrei entrare in merito, sia per naturale peri– tanza nel trattare cosl ardue cose; sia perchè queste cartelle vogliono essere una recensione; sia anche per ciò che dirò da ultimo, che è (come si usa dire) pregiu– diziale. Ma non voglio trnlasciare un'obiezione, sul va– lore teorico del ragionamento, anche dopo avergli negato, nel mio grosso senso empirico, ogni valore pratico. L'er• rore logico consiste, a mio vedere, nel confondere l'uf• flcio del critico con quello dell'oporatore, come- suole accadere nel Sorel più volte, ed anche in questa sua teoria del mito. Infatti, per istudiare storicamente il cri– stianesimo, egli può, anzi deve, guardare i fatti e le credenze con occhio spregiudicato e concludere, come fa, sulla efficacia del mito del ritorno di Cristo 1 indipen– dente dalla verità della realizzazione, che egli, per po– steriore esperienza e per scienza, giudica nulla e ine– sistente. Ma, quando da questa constatazione critica passa alla teorica costruttiva, non può mantenere la stessa posizione nei riguardi del nuovo mito, senza con– dannarlo alla sterilità. Pare imomma che gli sfugga che il mito cristiano, se non contiene alcuna parte di verità per noi critici, con– teneva invece tutta la. verità, e la più sicura e più as• soluta, non soltanto per ehi lo accoglieva riverente, ma per chi lo imponeva. E questa fu la sua forza: credo che l'età dei miti, come dice il Yico, sia ben lontana daJ la nostra, ma, se hanno ancora modo di valere nel campo delle fedi, non può eesere che al patto che gli apostoli e il messia, che li bandiscono, siano i più fer– vidi credenti: se no, divengono fredde teoriche o impo– sture. Quale efficacia può avere .Papocalittica rappresen– tazione rivoluzionaria dello sciopero generale 1 bandita da chi riconosce che non può pl'evedersi il futuro? credete voi che, se Oiovanni di Patmo avesije seguita la filosofia della contingenza, avrebbe descritti e visti gli angeli sq1dllanti il giudizio universale di Dio? E Cristo non dubitò mai (io credo) de' suoi miti; nè Maometto dei propri, nè i santoni di ciò che vanno predicando. Non c'è ,,oJterianismo più grossolano del credere senza. fede coloro che fanno professione di divulgarla: ehi suppone que~to si toglie il mezzo per spiegarsi il fascino e il successo della predicazione. Gli apostoli e4turano della loro fede copiosa le moltitudini: ecco il movente d'ogni conversione: guai se ilovessero trarre dalle moltitudini una fode cbo non hanno, come il Sorel che si rimette, per l'efficacia del suo mito, agli oscuri, de' quali fa mediocre stima, io quanto " possono ingan– narsi su di una infinità di questioni politiche, econo– miche1 morali ,, (p. 140) ma non su di ciò che può gradire all'animo proletario. Intendo, insomma 1 conclu– dere che male ci ai accinge a destare la fede (un mito è questione di fede) con procedimenti critici: critica e fede sono termini così contrari 1 che non c'ò barba d'egheliano che li sappia. conciliare. Sarebbe come in– namorarsi studiando l'amor platonico insegnato da Pietro Bembo, o meditando I romanzi di Paolo Bourget. ** Yi sarebbero molte altre osservazioni particolari, ma non credo utile discutere i punti secondari di dissenso, quando questo ò fonda.mentale pro9rio nella comples– siva concezione della vita. Noi consideriamo il proleta– riato come facente parte della vita sociale organizzata nello Stato ; e per ciò non alieno da ciò che tocca le altre classi e attivo in quegli organi politlci, pei quali si attua la vita stessa dello Stato, che può, col suo in– tervento, volgere in modo più conforme a' suoi interessi. La. nuova scuola invece (come Il Sorel ama chiamare la ( prc,pria) pone il proletariato foori dello Stato (borghese) e per ciò nemico di esso. Fra i due eserciti e'ò la guerra: contra hostem perpetua auctoritas; noi diremmo u non si dà quartiere n: i rossi e gli azzurri (scrivo in tempo di più fragorose o più innocue guerre in tempo di pace) debbono spiegare tutta l'energia bellicosa per la contesa del bene economico; ogni concessione degli az– zurri, ogni composizione dei rossi, è una. deviazione al dovere della guerra guerreggiata. F~ sta bene ... dal punto di vista flloaoflco, come direbbe Benedetto Croce; cioè di coerenza dottrinale. Ma non ò meno coerente l'azione dell'altra. parte, che diremo " politica. , 11 posto il concetto di cittadinanza proletaria : e, se vera onestà di pensiero e fervido amore di verità vi fosse, più che passione di odi tra affini, potremmo discutere ma. non calunniare e schernire, che è cosa legittima 1,oltanto contro ehi falsa con gli atti i prineip1 sostenuti a parole. Invece il libro del Sorel è sazievolmente ispido di velenose punto, contro coloro che guidano il movimento proletario anche per le vie della politica, e .specialmente contro lo Jaurés: e tutte sono variazioni di questo Leit• motiv: 1 ' Ciò spiacerebbe ai politicanti e ai finanzieri che prestano i capitali per la Humanité. ,, Questa finis– sima e recondita ironia è ripetuta le cento volte in quelli che al Croce appaiono 11 gustoSissimi epigrammi ,,. La politica: "ecco la nostra miseria,,, sbadigliava an– noiato il romantico De lluaset; e come è noiosa agli uomini di affari, che non amano lo idee generali ; e ai fllosofl 1 che non curano le applicazioni clella idee gene– rt\li; e agli egoisti, che trovano un inutile lusso nelle idee generali; ai gialli, che non vi han modo cli pescare i quattrini; ai neri, cbe ne temono lo stimolante ba– gliore; ai rossi aocesi 1 anzi paonazzi, che 110ll'apoliticismo hanno trovato un'insperata fortuna ... "Ah! buoni, cari o deliziosi amici [politicanti] 1 noi vi conosciamo! Voi vi appaiate coi politicanti del socia– lismo, che distinguono " vogliono tener bene distinti i Circoli politici dalle organizzazioni i anche voi siete gli sfruttatori della lotta cli classe, anche Vt>ivorreste farvi servire di barba. e di parrucca ... Il vostro miserevole giuoco coos1E1te in sostanza in un giuoco di vigliacchel'ia. 11 Cosl li Bollettino della II Federazione degli Agrari emi– liani ,,,elaborante un eotal sindacalismo borghese nuovo stile, ma di fabbrica straniera. La politica? Ecco la nostra vergogna! ENRICO CAllRA!fA. GIUSEPPE RIOAMONT[, ge,·ente t·es-ponsabite. ~mano, Hll!l 190!l - Tipografia Oporal (Soc. coop.), vin. Spartaco, 6.

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