Critica Sociale - Anno XVIII - n. 9 - 1 maggio 1908

CRITICA SOCIALE 141 cho rammenta un poco, almeno all'esteriore, certa vec– chia metafisica abbandonatu, essa tuttavia, in .\ì0 stessa, non ha uulla <ti comuni!, non solo con lo spirito reli– gioso di cui, nei secoli, le classi dominanti si fecero i11stnmie11tmn regni, ma neppure con quel neo-misticismo o neo-pietismo pagliaccio, mezzo uomo e mezzo prete, mezzo Satanasso e mezzo Spirito Santo, che vorrebbe sal\•are la " fede dei pad.ri n mettendola in ghingheri nuovi. - Si può approvare, disapprovare, dubitare, di– sinteressarsi: ma insomma è tutt'altra cosa. LA C1t1TlCA. Il ritorno del pensiero filosofico all'idealismo ha sconcertato e confuso la maggior parte degli uomini politici appartenenti ai partiti avanzati, la cui cul– tura in fatto di filosofia s'è formata geaeralmentc sul positivismo e ad esso ò rimasto. Odono riparlare di spirito, di dio, di religione: e un'oscura angoscia 1i prende che si stia per ritornare sotto la ferula del prete cattolico o al catechismo da cui fu afflitta la loro infanzia e da cui essi si sono a stento eman– cipati. Coloro tra essi che meglio congiungono l'auda– cia con l'ignoranza non si peritano di proclamare che il movimento idealista è puramente e semplice– mente un clericalismo in nuova veste, o che, almeno, al clericalismo prepara le vie. Gioverà quindi cercar <li schiarire la situazione; e portar qualche sassolino all'edifkio della dimostra– zione che nè idealismo nè spirito religioso sono cle– ricalismo, e che anzi vi è un anticlericalismo religioso più efficace del corrente anticlericalismo materialista. . * * Il positivismo stesso, in quanto volle essere filo- sofia, esorhitò sempre e necessariamente dai postulati che a sè come filosofia esso aveva fissati. I fatti, i fatti 1 si ripeteva. Ma, anzitutto, che cos'è un fatto? Per concedere molto 1 un fatto è un avYenimento, quale esso, rifrangendosi in una determina.ta maniera attr1:1.verso i mezzi sensori, apparisee al pensiero. Parlare d'un fatto che non sia improntato e fog– giato dal pensiero, è un assurdo; perchè di 11n fatto non pensato noo si può parlare. Senza il pensiero che li determini, li plasmi, li crei, non si dan fatti. I fatti sono creazioni dello spirito. Se al mondo non ci fosse che la sensazione, se non esistessero che ani~ali puramente senzienti, l'universo passerebbe davanti ad essi come un amal– gama slegato e incoerente di colori, di odori, di sa– pori, di resistenze e di pesi, di luci e d'ombre. Ciò che, in questo ammasso di sensazioni prive di signi• ficato generale, introduce la logica e l'ordine; ciò che dispone quelle sensazioni disordinate sotto le cate– gorie di quantità, di qualità, di numero 1 di misura, ecc. 1 ciò che di esse forma un mondo, è la ragione, è lo spirito. li mondo, adunque 1 que~to mondo in cui vi– viamo e ci moviamo, questo mondo che ci è fami– gliare e conosciuto, è creato dallo spirito. Del resto, il positivismo stesso dai fatti pretendeva risalire alla legge. Ora, nessun fatto ci ha mai mor– morato all'orecchio una legge. Ohe questa pietra ab– bandonata a sè cada a terra, è un fatto. Che que– st'altra pietrn cada ugualmente, è un altro fatto. Ma la legge " i corpi sono attirati dalla terra " non è un fatto del mondo oggettivo, non è una cosa che cada sotto i sensi; è una creazione del pensiero, che questo stesso immette nel mondo esteriore. Che se il mondo esteriore si presta ad accogliere le leggi logiche che immette in esso il pensiero, se ad esse si piega e risponde, so con esse i suoi fe– nomeni combaciano, allora vuol dire - poichè aon combaciano che le cose identiche - che la sostanza del mondo è identica a quella che è la sostanza del pensiero: solo così, infatti, si può spiegare che quello si lasci improntare e pervadere eia. questo, solo così si può spiegare la conosce11za. L'ultima forza crea– trice e sostenitrice del mondo è adunque identica a ciò che ia noi è pensiero. Non è il mondo che ha. creato il pensiero, ma il pensiero che ha creato il mondo, e ne costituisce l'essenza. Da questo fatto, quindi, che le leg-gi del pensiero ritrovino un perfetto riscontro e una perfetta obbe– dienza 1101mondo esteriore, si deduce che la sostanza di queste è la stessa di quella del pensiero; che il mondo, nella sua essenza intima, non è se non un pensiero vivente, che a noi apparisce fenomenica• mente sotto l'aspetto di un complesso di oggetti, i quali però, spogliati di quanto hanno di effimero e di accidentale, si manifestano unicamente come leggi o categorie logiche; che, infine, questo pensiero, questo complesso logico. che costituisce l'essenza del mondo, è appunto ciò che nell'uomo ha acquistato la coscienza finita e con questa la possibilità di CO· noscere se stesso e il mondo. . • * Questo complesso razionale e logico, che costituisce, secondo l'idea1isrno 1 la vera sostanza del mondo; questo complesso razionale, che è, insieme, un com– plesso e un'energia morale (giacchè è evidente che ciò che è huono e morale appartiene alla ragione, è razionale); questo complesso) germe ed essere reale dell'universo, si può chiamare con ,ari nomi. Benedetto Croc<:, per esempio, lo chiama il Concetto Puro. L'idealismo classico dava ad esso il nome di Dio, e non a torto, posto che esso è il creatore e. il sostenitore del mondo. )[a si chiami Concetto Puro o Dfo, poco importa, purchè si abbia presente che si tratta dell'essenza spirituale che suscita e sostiene il mondo materiale. Che una simile concezione abbia a che fare col clericalismo, non lo possono pensare che coloro i quali fossero capaci di confondere (per usare il ce– lehre paragone di Spinoza) il cane, animale che ab– baia, col Cane, costellazione celeste, perchò portano lo stesso nome. E' vero che l'idealismo ammette Dio. W anche vero che esso sostiene che il suo Dio è precisamente quello cui pensarono i fondatori cli pa– recchie religioni i è il Lo,qos di s. Giovanni e forse anche il Brahma dei Vedàntini. M'a è anche altret– tanto vero che, tra questo Dio e il Dio del Vaticano e del comune credente cattolico, vi è una differenza non minore che tra quest'ultimo e la ]'orza-materia, la quale, come creatrice del _mondo e presente in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni cosa, non è altro che il Dio del materialista. :Ma siccome 1 se è vero che tale concezione di Dio fu propria dei fondatori di parecchie religioni (per esempio, di s. Giovanni, i primi versetti del cui vangelo i filosofi alessandrini consideravano come il miglior compendio del neo platonismo), è altresì vero che le religioni positive la hanno tutte, e special– mente il cattolicesimo, grossolanamente materializ– zata, e praticata, intesa e diffusa in modo assoluta– mente feticistico; così è ovvio che coloro, che si attengono a quella concezione di Dio nei la sua meta• fisica purezza, si sentono animati verso il cattolice· simo, e in generale le religioni positivo, dallo stesso spirito di profonda avversione che muo,·e un cre– dente sincero verso un eresiarca profanatore. Essi sono anticlericaJi per profondità, purezza e dirittura filosofica del loro spirito religioso. Vale a dire (sa– rebbe hene non lo si dimenticasse dai politici dei partiti avanzati) per il medesimo movente per cui fu anticlericale fino a morire sul rogo colui clrn a torto è diventato il segnacolo del vessillo dell'anti– clericalismo materialista, mentre non può ost:ierlo che dell'.:inticlcrìcnlismo ,·eligioso: Giordano Bruno. 1 materialisti da dozzina, del resto, non s'accor-

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