Critica Sociale - XVII - n.20-21 - 16 ott.-1 nov. 1907

ORL'l'IOA SOCIALE 313 Le parole del lucido e {Jenetrante pensatore, che ha svolto le corrispondenti idee in magistrali lavori, mi richiamano alla mente un doppio ordine di osser– vazioni. * .. Le tendenze, che prevalgono nella Alleanza coo– pel'(lfiVa internazionale di cui Gide è uno dei mag– giori ornamenti 1 sono decisamente anticapitaliste e mirano ad una forma economica nuova. Naturalmente bisogna lasciar da. par~e gli inglesi che, oltre a qual– che elemento un po' mistico o degno di figurare nel– l'armata della salute, sono principalmente dei busi– nessmen, ed, anche quando sono cooperatori (come quando sono tra.de -unionisti), non perdono il tempo a far previsioni su un pill o meno rnmoto avvenire. Le altre genti, che accampano nel tempio arcaico e gotico dell'Alleanza inlernaztonale, mirano in preva– lenza, come direttiva proclamata e consaputa, ad un radicale rinnovamento economico, che al regno del capitalista sostituisca quello del consumatore. Tant'è vero, che gli organismi cooperativi agricoli, che ba– sano sulla piccola proprietà terriera imbevuta di senso conservatore, si sono in gran parte staccati dall' Allea.nza al Congresso di Budapest del 1904 1 se– guendo l'Haas che non voleva in nessun modo la– sciar assorbire dalle società cli consumo l'organizza– zione egoistica dei produttori fondiarii. L'Haas fondò la nuova fnternazionale dissidente delle associazioni agricole; o nella vecchia Alleanza rimasero liberali e socialisti, rappresentanti princi– palmente Cooperative di consumo, di credito e di pro– duzione industriale. Rimasero anche i socialisti; per– chè, mentre a quel centinaio cli socialisti italiani, delegati di centomila cooperatori, che piovve a Cre– mona, parve di conquistare una posizione e di ir– rompere in un luogo loro precluso 1 in realtà nella Alleanza v'erano già molti compagni autentici degli tt.ltri paesi; e nel Comitato centrale enrno stati am– messi deputati socialisti del Belgio e della Germania. La differenza tra cooperatori socialisti e coopera– tori liberali non consiste già in quel luogo comune, ripetuto ancor oggi dal Nofri 1 pel quale la coopera– zione in mano ai socialisti non sarebbe un fine ma soltanto un mezzo per arrivare al loro ideale. Anzi: socia.listi e cooperatori alla Gide, se coincidono, coin– cidono nella mèta finale, che gli uni e gli altri va• gheggi11no, di una società nella quale ir dominio capitalista sia completamente sparito. I cooperatori senza aggettivi (come li chiama il Luzzatti) procla– mano ad ogni momento di voler eliminate tutte le usure: l'attenuazione, caso mai, è nel sostituire la 1rn.rolausura alla parola sfruttamento. D 1 altro Jato, i :socialisti (e Marx stesso) 1 quando hanno cercato Ji designare più concretamente le f'oggie dell'ordina– mento di domani, non hanno potuto esimersi ed uscire dal richiamo delle forme cooperative; ed in forme cooperative si è di solito incarnata la vecchia Utopia. Insomma (pur tenendo conto della indetermina– tezza, qualche volta voluta, degli ideali cooperati– visti dei non socialisti) certo è che socialisti e non socialisti non divergono irreparabilmente in ciò che è fine. Divergono·, sì, nei mez;;,i e nelle vie, inquan– tochè i socialisti ritengono che la lotta di classe sia lo strumento per giungere alla eliminazione capita.lista ed alla instaurazione di un regime cooperativo, mentre gli altri cooperatori alla Gide pretendono di rimaner fedeli all'articolo 2 degli Statuti dell'Alleanza che dice: " La cooperazione basta a sè stessa e non deve servire dì strumento a nessun partito. " I so– ciaJisti fanno invece della coopera:-:ione di classe, vale a dire inquadrano ed integrano il movimento cooperativo con quello operaio di resistenza, facen– done come due faccie di una. attiviià sola In questo senso soltanto potrebbe ancor dirsi che la coopera– zione è una forma di lotta di classe. Ma è qualche cosa di più, è anche - come sistema completo ed integrale di una società nuova .- la mèta finale; cioè non è un mezzo, ma una forma della stessa so– cietà futura . * .. L'altra osservaiione, che mi richiamavano le pa– role del Gide, è sull'importanza ogni giorno cre– scente della figura del consumatore, che fino a poco tempo fa nou aveva neppure uno stato civile nelle dot– trine e negli insegnamenti di molti socialisti, abi– tuati anzi spesso a trattare dall'alto iu basso, como sopravvivenza della vecchia democrazia, ogni agita– zione che facesse capolino, a.favore dei consumatori. Adesso, invece, la parola consumatore è continua– mente in bocca anche ai socialisti, che se ne ser– vono come di concetto regolatore ed adequatore in quei rapporti intersindacali (tra le varie categorie di produttori o soddisfattori di bisogni) che vengono anch'essi dii, poco tempo più attentamente consi– derati. Intendiamoci bene. C'è qualcuno che ha preso alla lettera la .si lotta fra consumatori e produttori ,,, da me predicata fino alla insistenza quando di queste idee non si faceva ancora tanto uso sul mercato ; e qualcuno vi ha \'iato solo un pendant della lotta fra salariati e salarianti, che è quella che richiama la maggiore attenzione. Invece trattasi di due generi di lotta cli natura differente. La lotta tra capitalisti e salariati è una categoria storica, cioè una forma sociale transitoria che nasce in un dato periodo e sparirà col suo finire. La lotta, invece, fra consuma– tori e produttori è una categoria natu1·ale 1 o vi sarà sempre finchè vi saranno diversità di bisogni e ne– cessità di soddisfarli. Ma, in realtà, la lotta fra pro– duttori e consumatori è piuttosto un concetto rias– suntivo e di comodo; e, poichè ogni uomo è insieme (o dovrebbe essere) produttore e consumatore, la lotta in realtà si ha tra ogni gruppo di produttori e tutti gli a.Itri gruppi di produttori, che sono con– sumatori di quel dato prodotto. Cioè non trattasi di uoa lotta fra due gruppi fissi, ma, direi quasi, di una lotta mobile e spostabile fra i varì gruppi di produttori. Cosicchè il consumatore, come figura eco– nomica a sè, vale soltanto in quanto si risolve in gruppi di produttori. Chiusa la parentesi e tolta la possibilità di equi– voci, si può affermare senza dubbio che, nella posi– ;;,ione dei problemi economici, questo è il quarto d'ora dei consumatori. Basterebbe a documentarlo il Congresso di Cremona. Sfogliamo le Relazioni che sono state presentate per iHustrare il movimento cooperativo dei varì paesi. Il dottor Hans Miiller, segretario della Fede– razione delle Società sviz;;,ere, nota che le Federa– zioni di produttori, per la valorizzazione collettiva e per la vendita dei loro prodotti 1 somigliano ai ccirteUi dell'industria e tentano di determinare il prezzo dei prodotti per tutta la massa dei consuma– tori. Contro questa tendenza il dottor Miiller ha so– stenuto l'anno scorso, nel suo discorso d'apertura a.I Congresso cooperativo inglese 1 e quest'anno al Con– gresldo internazionale di Cremona, la tesi ben netta che bisogna subordinare la produzione al consumo ed organizzare la guerra contro i trusts e i cartelli industriali mercè la Federazione internazionale dei magazzini all'ingrosso. Una Commissione si sta già occupando di tradurre in atto questo istituto inter– nazionale, che, se non potrà avere una importanza pratica per tutti i generi di prodotti, potrebbe fin d'ora 1 almeno per alcuni, riuldcire molto benefica. Per il Belgio il socialista Servy, segretario della Federazione delle Cooperati ve beJghe, iu un suo rap- *

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