Critica Sociale - XVII - n.20-21 - 16 ott.-1 nov. 1907

314 CRITICA SOCIALE porto nel quale insiste per accentuare il carattere socialista di quella cooperazione, osserva che " la cooperazione di produzione sembra siasi incamminata per nuove vie. Essa si è avvicinata alla cooperazione di consumo e sembra aver compreso che su questa deve appoggiarsi ,,, Questa nuova concezione è do– vuta in gran parte all'esempio dato dalla Coopera– tiva dei tessitori riuniti di Gand. La Federazione delle Società cooperative 1 che nel 1901 aveva comin– ciato il commercio dei tessuti di lino con l'inten– zione d'arrivare ben presto a fabbricarli, per due anni andò cercando le sorgenti e gli sbocchi della fabbricazione, e nel terzo anno, quando ormai ven– deva più di 300 mila franchi, aprì una fabbrica ope– raia con cnpitale fornito dal Vooruit, dai Sindacati operai di Gand e dalle organizzazioni operaie di tutto il Belgio. La clientela era trovata: le Coope– rative di consumo. Le vendite sorpassano oggi le 700 mila lire e gli operai guadagnano il 10 per cento più che presso le fabbriche solite dell'industria tes– sile. La tessitura sta ora figliando una filanda di cotone cooperativa, come annesso indispensabile. Anche l'industria delle fabbriche di biJJra, iniziata nel 1902, ebbe sviluppo ragguardevole in molti luo– ghi; e si tratta ora di fondare una fabbrica per pre– parare J'orzo per la birra. Oltre alle vecchie tipo– grafie ingrandite e migliorate, la produzione coope– rativa aderente alla l!.,ederazione belga comprende una coufettura 1 due officine di sigari e tabacchi, tre fabbriche di zoccoli, due cave di pietra, una Coope– rntiva agricola, una fabbrica di berretti, e si eleva annualmente a due milioni e mezzo di franchi. Ma dove la suhordinazione della produzione al consumo assume un carattere anche più rigido e re– ciso è nei terreni più conquistati al principio coope– rativo: l'Inghilterra e la Germania. Le due colossali Federazioni di Società inglesi e scozzesi, conosciute col nome di lVlwlesales, sono imperniate appunto sopra uno spirito di accentra– mento quasi collettivista, contro il quale cercarono reagire per vario tempo le Associazioni di produ– zione autonome; anzi, nel suo secondo periodo di vita, l'Alleanza cooperativa, sotto la presidenza di Vansittart Neale, ebbe la mira di combattere questo accentramento e di sostenere l'altro principio della partecipazione ai benefizi e della copartnership. In– vece oggi l'Alleanza fu conquistata dai sostenitori della subordinazione della produzione al consumo, ed il Congresso di Cremona ha eletto a presidente delJ'Alleanza lo stesso presidente della Wlwlesale 1:1cozzese, \Villiam Mascwell. In una bella Relazione del Afascwell noi possiamo seguire lo svolgersi delle due Wlwlesales. Le Coope– rative di consumo, dopo una prima fase in cui tutti gli utili andavano come retribuzioni al capitale in– vestito, adottarono, intorno al 1850, il sistema rochda– liano di dividere gli ùtili agli acquirenti in propor– zione degli acquisti fatti, e poscia, intorno al 1865, si federarono nei due grandi organismi, con lo scopo primitivo di rinunciare ai servizi dei commercianti che erano loro fornitori e che esse riguardavano come costosi intermediari fra il produttore e il con– sumatore. Soltanto nel 1A80, quando le Wholesates si trovarono sovrabbondantemente provviste di capi– tali, decisero di entrare nel campo della cooperazione di produzione, e cominciarono modestamente con la confezione delle camicie da uomo. Altri generi di produzione vennero poscia piantati con rapido successo (calzolerie, calzetterie, fabbriche di spazzole, tabacco, droghe, mobili, oggetti di latta, lavori meccanici ed elettrici, saponi ed acque minerali, carri, sellerie, tes– siture, conserve, carni salate, frutta, caffè, ecc.); ed oggidì la sola Wlwlesale scozzese produce merci per più di due milioni di sterJi1:1eall'anno ed impiega circa 7 mila operai. I salari pagati nel Hl06 ammou- tarono a circa 400 mila sterline, e sui salari stessi vennero pagati buoni per circa 15 mila sterline. Il sistema dei buoni consiste in ciò, che g1i utili dalla Società sono divisf con gli impiegati ed operai, che su ogni lira di salario loro pagato ricevono la stessa percentuale che si dà alle Cooperative al minuto, per ogni lira di merce da esse acquistata alla Wholesale.' Così il totale degli utili netti della Società scozzese, che fu nel 1906 di 280 mila ster1ine, venne ripartito neJla misura di otto denari per ogni lira d 1 acquisto fatto dalle Società affiliate e per ogni lira di salario pagato agli operai. Anche i più noti cooperatori tedeschi, come l'ex deputato al Reichslag Von Elm ed il Lorenz del ma– gazzino cooperativo di Amburgo, hanno proclamato A.I Congresso la necessità per le Cooperative di con– sumo di assumere ed esercitare su vasta scala la produzione per conto proprio. Il Lorenz insistè spe– cialmente nella raccomandazione che, per entrare nel campo della produzione, non occorre attendere che le Cooperative divengano fortissime come in In– ghilterra, ma si può e deve cominciare subito a produrre ovunque si trovi una clientela e si possa procurare il credito necessario. Un ordine del giorno del Lorenz in questo senso fu alla unanimità vo. tato dal Congresso. Come si vede, è tutta una corrente di idee e di fatti che si rivela, con analoghi caratteri, in ogni angolo del mondo cooperativo. E fu tipico l'incontro in cui venne a trovarsi con queste idee l'elaborazione spontanea e sperimentale del socialismo cooperativo reggiano. I reggiani igno– ravano in gran parte che in altri paesi il problema era stato posto in modo affine a quello cui erano giunti in via affatto indipendente ed originale. La Relazione Vergnanini mette in viva luce il punto che le Cooperative di consumo sono condannate ine• sor11bilmente a restare preda e vittima dello sfrutta· mento dei commercianti e dei produttori all'ingrosso, se non intraprendano esse stesse l'industria della produzione ; e così pure l'altro punto che le Coope– rative di produzione (specialmente agrarie), lasciate a sè, tendono inevitabilmente a rinserrarsi in un monopolio sindacale, se non sono subordinate e di– rette dalla cooperazione di consumo. E il mio buon Vergnanini, che è così ticcellente pratico e non ebbe le pretese di fare il teorico, ha rivendicato la posizione ed i diritti dei consumatori con frasi, di cui mi pareva sentire una eco in Gide quando proclamava il futuro regno del consu– matore. . .. La concezione italiana della Cooperativa integrale a base di consumo si differenzia però notevolmente da quella inglese e tedesca e non bisogna vedervi soltanto una riproduzione delle idee che corrono al– trove. Anzitutto è caratteristico che, mentre in Inghil– terra, come si vede, la produ:,;ione cooperativa figliò dalla cooperazione di consumo, quando questa si era già preparato il mercato 1 ossia la clientela, e si fondò sui propri risparmi già accumulati; in Italia le Coo– perative di produzione, almeno nelle forme più ru– dimentali, e quelle di lavoro (che non hanno, queste ultime, quasi riscontro all'estero), nacquero anche prima ed indipendentemente dalle forme di consumo. E 1 questa una grande inferiorità, perchè le industrie cooperative italiane debbono confidare unicamente nel credito commerciale e non sono sicure in prece– denza di quella iniziale condizione di sviluppo che è la clientela. Difficoltà molto• maggiori trova per– tanto la tendenza integrale in Italia a confronto del– l'estero. In Italia è senza dubbio più accentuato che al-

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