Critica Sociale - Anno XVI - n. 18 - 16 settembre 1906

286 CRITICA SOCIALE concorrenti. Il Panunzio vorrebbe massimizzare i costi dei monopoli, affidandone la gestione alle Confederazio11i generali del lavoro, che sarebbero le prime enucleazioni germinative del futuro ot·ganismo sociale-federale-eco110- mico; ma colla sua proposta egli non fa che cadere nel solito vizio del sindacalismo, di ricorrere a mezzi che sono sproporzionati alla capacifa effettiva e alle condi– zioni attuali di sviluppo del proletariato Il panunziano organismo sociale federale economico, come istituto ge– neralizzatore delle rendite, è e rimane un puro flatus t·ocis, mentre l'interesse delle classi lavoratrici esige Pimmediata demolizione delle posizioni monopolistiche, la quale si può ottenere mediante l'intervento del po– tere pubblico centrale e locale, reso sempre più aperto alle correnti democratiche e sempre più saturo di spi– rito proletario, sotto la pressione incessante dogli in– teressnti. Il sindacalismo, ponendo ostacoli o sottraendo preziose energie a quesfopera di progressiva democratizzazione dello Stato, di guisa che esso (per usare una termino– logia del Panta.leoni) sia sempre più assiso su base terriloriale e sempre meno su quella professionale, non potrebbe riuscire più nefasto. E) Ma l'impresa J)ubblica coattiva, limitata, come ho datto, alla gestione dei servizì nei quali è insita la na. tura monopolistica, nonchè essere la negazione della libertà economica, ne è invece la necessaria integra– zione, come ha dimostrato il prof. ]Jontemartini nel suo libro: La municipalizzazione dei pubblici servizt. Il Pa– nunzio farebbe bene a leggere questa importante pub– blicazione, che gli chiarirebbe le idee sul concetto delle rendite monopolistiche, di cui sembra non avere una esatta nozione economica. E. ftI. CRONACA SOCIALE L'orgauizz1,zio11e degli im1)rentlitori in (;ermania. L'organizzazione padronale e l'utopia del "blocco,, borghese. - Come difendersi dnll'organizznziono reazionaria dei pn– droni ?- I consigli del Miiller.- L'organizzazione padronale non è un pericolo per i lavoratori. - Come sorsero, come li j~sJin:e~?~di : 8 it 0 '~~i~id~vi ~"e)P~~~lc 0 alfa~~ i~-~~fi~a:;:J~li~~ ancora supernto; l periodo pacifico che si inizia. - L'esito finale. La lotta fra capitale e lavoro si è fatta, in Germania, in questi ultimi anni, collo svilupparsi e col rafforzarsi delle organizzazioni operaie, sempre più aspra, e la classe dei padroni, organizzatasi potentemente sull'e– sempio dei lavoratori, risponde ora sempre più spesso agli scioperi, anche parziali, con serrate generali, colla pia intenzione di rovinare le organizzazioni proletarie e restaurare l'autorità. feudale nelle fabbriche. 1 Bueck, i Beumer, i Tille e consorti sudano quattro camicie ad escogitare ogni giorno nuove e più efficaci forme di ser– rata, e le lotte fra imprenditori cd operai diventano, per il rorcaiolismo pazzesco dei padroni o dei loro duci, sempre più frequenti e più epiche. Ricorderemo fra le più recenti 1a serrata dei metallurgici, quella dei tessi– tori, dei muratori, quella dei tipografi, finita in questi giorni con la vittoria degli operai. Questa mauìa reazionaria dei padroni, che fa preve– dere pel futuro lotte titaniche contro e in difesa della organizzazione operaia, non potrà durar molto ed è certo che la vittoria finale resterà agli operai. Un'azione generale dei padroni inspirata a questi spi– riti forcaiuoli è impossibile per gli antagonismi irredu– cibili che esistono nel campo padronale e per la diversa importanza che l'elemento lavoro ha nelle diverse in– dustrie. I padroni non conoscono certo rivalità per ragioni politiche e religiose, che lasciano volontierì alle classi operaie. Gli antagonismi fra padroni si basano piuttosto su cause molto vitali. A edificazione degli aprioristi del blocco borghese, diamo qui quanto il dott. hlUller, re– dattore della von·stimme di Magdeburgo, dice in un pre– gevole opuscoletto: Gewerh·schaften mid Unternehme1·– verbii11de; " La legge ferrea della concorrenza domina gli im– prenditori. Possono essi imbrigliarla formando cartelli e tt'usts e stabilendo convenzioni sui prezzi. Ma con ciò riescono, nel miglior dei casi, a uccidere la concorrenza in una industria, acuendo nello stesso tempo gli anta– gonismi collo altre industrie. Inoltre, la formazione di monopoli, relativamente facile nelle industrie pesanti e nella produzione dello materie greggie, incontra grandi difficoltà nelle industrie di finimento, che devono dare molto peso all'abilità tecnica dell'operaio. In queste permane il conflitto fra piccole, medie e grandi imprese, fra quelle che banno una lavorazione perfezionata e rispondente a tutte le esigenze della tecnica e quelle con una tecnica arretrata, fra imprenditori con forti capitali e quelli con deboli capitali. E a questi antago– nismi si aggiungono quelli fra i singoli gradi della pro– duzione, che hanno impedito agli industriali di dar vita ad una salda organizzazione accentrata com'è quella degli operai. Nella Rauplstelle dettlscher Arbeitgeber-ver– bcinde dominano le industrie pesanti. Alti dazi proteg– gono il loro campo di produzione dalla concorrenza estera. Agli acquirenti nazionali delle materie prime e dei prodotti semifabhricati i trusts fanno pagare altis– simi prezzi. Prima che le fabbriche, che vendono pro• dotti ftniti 1 possano pensare alla determinazione del prezzo, devono pagare il loro contributo ai cartelli del carbone, dell'acciaio, della latta, ecc., ecc. Sul mercato essi trovano la concorrenza pili sfrenata. I dazi del– l'estero influiscono sullo sviluppo delle industrie che danno prodotti fluiti; ogni regresso nella congiuntura. le colpisce nella. maniera ph't violenta; i prodotti loro permettono alte spese di trasporto e esse devono percib contare colla concorrenza estera, che pub vendere a basso prezzo 1 specialmente quando la industria nazio– nale, per conservare i prezzi all'interno, vende alla con– correnza straniera la materia prima e,mberante a prezzi irrisori. E cib spiega la diver.:1ità delle opinioni degli industriali in materia di dazi. " Chi può negare gli antagonismi nel mondo degli industriali? fi~ssisono anzi la ragione per cui gli im– prenclitori camminano oggi separati. " Cib che ha maggior importanza però è il fatto che le industrie, che danno prodotti finiti, hanno, di fronte alla classe lavoratrice, ben maggiori esigenze che non quelle pesanti. Nelle miniere di carbone e, in caso di bisogno, anche nelle fonderie di acciaio, ecc. 1 il krumiro di Galizia o di Russ-ia non può certo produrre tanto quanto l'operaio paesano già addestrato, ma anche con codesti elementi si pub tirare avanti per qualche setti– mana. Al tornio invece occorre gente pili abile. Chi pub spingere carri di carbone nelle miniere non può, per questo solo, esser messo a lavorare in una. fabbrica. dì locomotive. Il risultato della produzione nelle fabbriche di macchine, nelle imprese elettrotecniche, nelle fab– briche di mobili, nelle filature e tessiture, nelle rilega– torle di libri dipende anzitutto dall'impiego di operai a cib preparati e dotati di un alto grado di capacità tecnica. Oli operai più cari sono qui i più a buon mer– cato. Alti salart, brevi orart elevano in queste industrie la produttività del lavoro, e rendono possibile la pro– duzione di merci di buona qualità. colle quali si pub conquistare il mercato mondiale. ,, Yi sono quindi forze insite nel sistema capitalistico di produzione che mettono un freno alla lotta (legli imprenditori contro gli operai e all'efficacia delle orga• nizzazioni dei padroni. g questo riconoscono anche gli stessi industriali. Così il Reiswitz, redattore del noto foglio Deutsche Arbeitgeber– Zeitung, con fossa che gli industriali non riusciranno mai a raccogliere, per la esecuzione delle lotte economiche, i mezzi che il proletariato sa mettere insieme per mezzo di milioni di piccoli ruoli, nè saranno mai così uniti come gli operai, per l'antagonismo dei loro interessi economici. L'assicurazione contro lo sciopero, creata dai padroni tedeschi, se pub, dice il Mi.iller, incoraggiare alla resi– stenza qualche padrone, non è nemmeno essa un mezzo efficace di lotta, inquantochè il sus!lidio ottenuto non compensa il danno patito eta\ padrone che si vede, du– rante la lotta, portar via i clienti dai concorrenti amici. Però, per quanto vana la speranza del padroni <li ro• ,,inare la organizzazione operaia, come deve intanto il proletariato prepararsi alle future lotte in difesa di essa? Il l\Hiller crede necessaria la costituzione di una Cas~a centrale di resistenza e l'adozione di una tattica di

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