Critica Sociale - Anno XII - n. 7 - 1 aprile 1902

CRITICA SOCIALE Ì03 Di qui appare, secondo Liebknecl1t, i11giustificato il tener la tatt-iw llellci forza JJer la sola talt-ica dvolit– zionaria e il dichiarar cattivo 1·ivoluzio11ario colui che non ap1;rova questa tattica senza condfaioni, e se ò necessario aJla vittoria del partito di conquistare il pote1·e ù1dis1Jensabile a ciò, U elle occo,-.,.e fare so- 1n·atutto ver via clipropaganda, l'appello alla forza. diventa per confessione sua controrivolu1.ionario, e Jaurès allora non fa che parafrasare le parole del socialista tedesco quando scrive: (I socialisti), vronfi a frwTe il più largo JJartito dalla Rivoluzione seessa è scatenata, lla qualche catastrofe nazionale; sono pronti del 1xwi ad entrar nelle vie evoluth'e se è sotto la forma (lell'e,;oluzione che i destin-isi com1Jiono. E'ssi sonopronti nell'interesse della, nazione e del vroleta;-iato ad essere i ministri <lelKaiser. Jauròs fa propria anche la l~rga concezione che della classe operaia aveva il Liebkuecht: ... "Noi comprendiamo nella classe operaia tutti coloro che vivono esclusivamente o principalmente del prodotto del loro lavoro e che non si arriccl!iscono col concorso del lavoro altrui. " E altrove: "I socialisti tedeschi hanno compresa da molto tempo Pìmportanza della propaganda e la necessità di trarre a noi fa, piccola borghesia. e i piccoli proprietari rurali. Solo uua mi– noranza infima ha chiesto cho il movimento sochl.– lista fosse limitato nlla. classe dei salariati .... Le frasi schiumose e teatrali (li questi " fanatici della,lotta, lli classe ,, 1·ico1wiva110 un fondo di machiavellismo feudale e 1Joliziesco. Il socialismo di parata iporrivo– luzionaria qui non fa appello che " alle mani cal– lose ,, e rende due servigi alfa. reazione: anzitutto limita il movimento socialista a una classe che in Germania ò tro1>po poco numerosa per compiere una rivoluzione; ed in secondo luogo fornisce un eccel– lente mezzo per spaventare la grande massa del po– polo semi-indifferente, sopratutto i contadini e la piccola borghesia., che non sono ancora. arrivati ad una attività politica autonoma. ,, Ci siamo limitati a riferire e riassumere quella parte del pensiero di Jauròs che pili acquista impor– tanza in Italia e fuori dal momento attualmente at• traversato dal pensiero e dall'agitazione socialista. 11 che non toglie importanza alle altre parti dell'o– pera in discorso, volte principalmente al radicalismo borghese di Francia e alla illustrazione cli particolari aspetti del progresso socialista, e dove non sempre si potrebbe esser d'accordo con l'Autore. Quel che maggiormente importava era di mostrare l'essenza delle modificazioni che Jaurès introduce nella tradizione socialista e che consiste sopratutto: 1° nel riconnettere il movimento socialista alla Ri– voluzione ll'rancese, presentandolo come una appli- ~~z1\~\lCs~::i1~~!;a jf~ 1 :~~i;}:~c1~ 1 !oi11 :el~~aÌ ~~f~~/; 1 aJ!i marxismo il processo epigenetico, largo, espansivo dell'evoluzione, fondata sul principio di continuità; 3° nell'incamminare il socialismo per le vie della democrazia. legale e nell'ihtrodmlo per tal modo a poco a poco, giorno per giorno, in tutti gli ordini della vita sociale; 4° nel fame non il risultato esclu• sivamente obbiettivo di una catastrofe procedente da un fatale andamento di cose, ma iu massima parte il risultato di sforzi, diretti costantemente claJla convinzione soggettiva. che nel socialismo vede eliminata. l'attuale antitesi sociale, la conclusione quasi, in gran 1>arte imprevedibile e indeterminabile a. 1Jriori, di una serie cli sillogismi pratici, le cui premesse sono eia noi poste ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, con ogni nuova cognizi'one acquistata, con ogni strumento che estenda. le nostre pl'Ovisioni e la nostra. potenza sulla. natura, con ogni associazione di sforzi che moltiplichi prodotti e godimenti cd au– tomaticamente realizzi una crescente giustizia. sociale. ANOIU,O CRESPI. nteca G no B1arc Ili P~OBI.tEl\llA ITAI.tIAt,1.0 e l'opera di Francesco Saverio Nifli Diciamo il problema italiano, e non quello del ~lez– zogiorno o cli Napoli, poichè ci pare che il contributo, che· .Francesco Sa,•erio Nitti recò nllo studio delle at– tuali condizioni d'Italia, con i vari libri da lui pubbli– cati, e di alcuni dei quali i lettori della Critica già eb– bero notizia., si componga ad unità organicn, o Pun libro completi l'altro, e tutti insieme chial'iscano aspetti dif– ferenti di un solo vasto 1>roblemae additino le stesse soluzioni('}. 1~infatti, in questo apostolato ciYile contro vecchi er– rori e contro vecchi pregiudizi, e in frworc di tutto un indirizzo pil'1 moderno e 1>iùsano, il Nitti porta la.mog– giore serenità. e la maggiore severità, nò si arresta alla critica. dei mali, ma con sano ottimismo, con fiducia sin– cera. nelle forze del popolo italiano, indica la via di uscita dalle strettezze e dalle miserie presenti. J discorsi sull'Jtalia <1W<tlù(idel secolo XX, nei quo.li il Nitti espone crudamente la. condizione dell'ltalia, il libro sul l)ihmcio dello Stato, che esamina s1>ecialmcntel'azione dello Stato sulle ,,arie regioni d'Jtalia; e quello sulla Città di Na1wli, che studia il problema·napoletano, souo come le faccio cli un solo e vasto poliedro. 111 essi ò la condanna di vecchi pregiudizi, {Fonde rampollarono al– cuni <leipili grossi errori della nostra politica. Primo fra essi, quello che l'ltalfa sia un paese naturalmente ricco. L'Jtalia ha una terra coltivata da moltissimi se– coli, con un'agricoltura primitiva, che ne esaurì quasi tutte le risorse naturali. E con un territorio in gran pnl'to montuoso, o altrimenti disndatto n cultura, ospita nnn delle popolazioni più dense. L'Italia non può quindi arricchire coll'agricoltura, nè restare un paese I)revalen– tcmente agricolo. D'altro canto le mancarono finora le condizioni di un grande svilup1)Oindustriale. Con la scoperta dell'Amo– rica, cambia.te le vie commerciali, il Mediterraneo cessò di essere il centro del mondo civile, e la posizione geo• graflca, che ci aveva dato il predominio, divenne invece cagione di inferiorità. ]nolt1·e, flncbè l'industria si fon– da,·a. sopratutto sul lavoro manuale, la densa popolazione era una condizione di ricchezza. Ma coll'industria mec– canica, la mano d'OJ)eracessò di esse1·e il fattore pre– dominante. La grande industria è fatta. cli ferro e nu– trita di carbone: due elementi di cui l'Italia ò quasi ntratto priva. L'Inghilterra e la. maggior parte <~ei 1mesi industriali devono la loro 1>rosperitàa questi due mi– nerali. Lo scarso S\'ilup1>Odella ricchezza. in ltaUa di– pende dunque non soltanto dal non saper fare uso delle risorse naturali, ma anche dalla grande scarsezza di questo risorse. Noi siamo industrialmente poveri, ma siamo anche naturalmente poveri. 11grande problema da risolvere sta nel vincere la nostra povertà, noll'ac• crescere la nostra 1>rOdllZione.Problema es1>ostodnl Nitti in tutta la sua dirflcoltà, ma del quale egli non ci;_ede, come vedremo, impossibile la soluzione. Posta così la questione, ne scaturisce evidente la con– danna di tutto il nostro ìndil'izzo 1>olitico,e di tutto il nostro indirizzo educati\ 1 O. L'Italia. è uno dei 1mesi pili 1>overi d'l~uropn ed è anche H 11il1gravato di imposte. Produce pochissimo, (')crr. P. s. Nl'l'TI: 1t l)Uam:lo dtllO Slt1l0 t/M 1$C:l tlt 1896-91, rh\l• HUIIIIIIn No,·d e Sml j l.lllcilUI llU'c1/l>(i del 8tCOlO XX; U, cltlà dl Nop3/i.

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