Critica Sociale - Anno VII - n. 16 - 16 agosto 1897

CRITICA SOCIALE 255 cantine sociali, consorzi agrari per acquisto di macchine, ecc.), sia sotto la forma più importante della società anonima. In quello stadio che prece– derà la produzione collettivistica staranno 1 credo, a fianco tra loro due forme di proprietà dei mezzi produttivi - pochi potenti capitalisti, anch'essi più o meno associati fra loro, da una parte, e nume– rosi possessori d'azioni di società anonime, dall'altra. Ora, tutti lo sanno, l'espropriazione dei posses– sori d'azioni non incontra gravi difficoltà; fu fatta pei telegrafi in Inghilterra, fra poco lo sarà per le ferrovie in Svizzera, ecc. 11 Gide arriva perfino a dire, che la società anonima è un ponte d'oro per l'espropriazione collettivista. La proprietà piccola e media a me sembra dunque uno stato da cui alcuni escono peggiorando, ma in cui altri entrano, di modo che la sua instabilità nelle pe,·sone non deve confondersi con quella pre– sunta, del suo complesso, e questo non sembra de– stinato a perdere nel numero dei componenti la sua importanza, in modo tale da potervi far sopra assegnamento. Ces~i rlunque la nostra ferocia teorica v{n>so il piccolo proprietario, giacché non è affatto necessario per la realizzazione del socialismo che la sua cate goria sociale scompaia. . .. AIla mia affe1·mazione del carattere parassitario del debito pubblico. il Ronzo risponde parlando di uno Stato che costruisce ferrovie, canali, ecc., o che diventa capitalista produttore, per modo cho « il denaro prestato a lui compie lo stesso ufficio di quello impiegato in aziende pri\•ate ». Quanto allo ferrovie, ora che sono costruite le reti primarie più rimunerative, la cosfruzione di nuove linee è più spesso un servizio di pubblica utilità che non un impiego lucrativo; quanto ai canali, essi non sono per la più gran parte socializzati; quanto alla p1·oduzione industriale dello Stato, all'infuori del sale e dei tabacchi (e dei liquori e dei fiammiferi iu alcuni paesi), essa ò ancora di là da venire. Quando avremo fatto sì che lo Stato assuma nuove produzioni (cosa che ripugna ancora a molti socia• listi, timorosi degli artigli dello Stato organo di classe), allora potremo parlare di aumentare il debito pubblico. E. MORTAIU. MIGLIORISMO O PESSIMISMO EBRAICO 1 111. So \ i ha un carattere d.J d tompo non riusci a svel– lere dall·anima. ebraica. ò la sollecitudine passionale por la. moralità. Con genialità. mera.Yigliosa Giorgio Elliot, in Daniele De1·onda, in quel romanzo che JHLr\·e utopistico quandò fu pubblicato e che diventa verosimile oggi dacchè i Sionisti van predicando la. nocessifa <lella.re – st~Lura.zionedella. nazionalità ebraica, fa.del suo eroe un apostolo della moralità, che riesce, con la profondita. del suo sentimento, a trasformare u11a,donna friYola, egoista., come Guendalina, in una creatura capace do' più nobili sacrifici. Questa ossessiono doll·idoa mora.lo s'accompagna con una sete inestinguibile cli felicità. Nessun popolo formulò così nettamente e baldanzosa– mente i tre momenti della. crodonza (lla.rtmann direbbe clelrillusione) nella felicità. Durante il primo periodo della loro storia, gli ebrei son convinti di poterla. raggiungere quaggill. Non mai con la riflessione riescono a. stac·care il bene dal loro bene, il dovere da.ll 'interosso; essere buono significa me 1 • .-,1ro o a essere felice; riuscire equivale ad essere virtuoso. Vedete il giusto: esso muore sazio di anni, benedetto nella sua quarta generazione, nel suo gregge, ne' suoi campi! Quando l'esperienza storica. li persuase che la. felicità quaggiù è inafferrabile, che non sempre, anzi quasi mai, il giusto trionfa, furono essi i proclamatori della buona novella, della seconda. vita O\'O i reietti, i La1.zari siedono vicino al ignare, laddove gli Epuloni son respinti dal regno beato. Rd a questa credenza erano arrivati passando attrarnrso una terza, a quella che è tanta (ol'::a de· moderni assertori di audaci riforme, di novello ricostruzioni sociali: alla fede cioè del trionfo ciel bene e della virtù in un lontano avvenire, in questo mondo. Che l'empio troneggi, che il perverso calpesti il povero, percuota la vedova .... che importa1 Verrà., Yerrà. il giorno di Jafweh, il giorno della vendetta, il giorno della giustizia. Nessuna fede pili salda ed ostinata di quella. dei profeti nella forza sovrana della. virtù, nel– l'impegno che Jahveh contrae col giusto: l'avvenire re– ligioso del mondo era contenuto nel profetismo. Il trionfo del bene ò quaggiù, nè si possono a p1·io1·i condannare coloro che affermano essere il socialismo un ideale ebraico. Il cristianesimo ha bensì acuito il senti– mento dell'umana. solidarietà.; ha col suo caloro uma– nitario sviluppati i gormì della moralifa contenuti nei salmi o ne· pro reti; con la. leggenda. di Cristo, il più gra.nde degli inrelici, ha come inaugurato il regno della. pietà; ma la finalità della sua morale ò trascendente; la. buona. nù,·ella. è il Paradiso; le novo franchigie non annunzia.no lo otto ore di lavoro nè l'aboli1.iono del sa• la.rio, ma C'e,1t la olofre ae Dieu, c·u, le gi-C,1itr m11.rt11t111t, C'tlt la tJ011r.redu pau1we et ,a vao·tem1tlf1u", C'ut le porllq11e 0111:ti-t sto· lts clt11.~ tnconnus, come canta il satanico Beautlelalre nella Mort tluvauvi·e. Rileggete invece le visioni raggianti di Isaia e di Michea: non più frontiere; nè oppressi nè oppressori; tutti i popoli fratelli; Jahveh, il Dio di tutte le genti; la casa di lui, casa. di orazione per l'umanità. intera. L'i. dea.le della paco universale accende d'entusiasmo il figlio di Amos i egli lo celebra con inni sfolgoranti precor– rendo l'idillio del Sa.int-Pierre, il voto politico del Sully, la speranza filosofica. del Bentham e del Kant. Non vorrei essere frainteso; ma non v'ha. dubbio cho l'umanità, la quale sente i tempi novi, va sompre più ttccostandosi ad una religione (chiamatela pur, se vo– lete, culto dell 'idea.le} assai ])ili atnno a quella che ispi• rava. i profeti di lsmelo colebranti la Gerusalemme ter– restl'e che non a quella evangelica alltlitante la Geru– salemme celeste. Sia.mo al terzo stadio della marcia faticosa dell'umanità. nella selva oscura verso il clilettoso collo illuminato da.Ila. felicità: crediamo (ci illmlìamo, corregge accigliato il l-lartmann) che la. folieitù. sorrida. ai venturi. Dopo ciò, non rimprovereremo più i geni eb1·aici dello cattive notizie che, soconclo il Ferrero, an– nunziano all'umanità Si puU chiama.re ara.Ido di dolore lo Spinoza che nolia sua supei-ba speculazione non lascia posto a.I Lene o ,d malo 1 Spinou ò tal nome nella. storia. della filosofltt che non ò lecito cita.i-o di passata.; ma il g1·a.ndofilosofo ebreo, al pari de·profeti, al pari di Gesù, è un genio etico. Unico fo1·se fra gli opel'ai dell'intelligenz;;.t. visse il suo pensìel'O pe1· modo che u. commento dello sue dottrine legò ai posteri l'esempio ciella su<~Yita..In que-– sta., come ne' suoi scritti, non ebbe eh e una sola, insi– stente preoccupazione: cercare la sup!'ema. felicitù. pe' suoi simili e per sè. L"idea morale gli detta il trattato

RkJQdWJsaXNoZXIy