Critica Sociale - Anno VI - n. 7 - 1 aprile 1896

CRITICA SOCIALE 103 o per un• indipeodenz& d'altri tempi o per uere già conquilfato del superfluo - 11&condannato all'isola• mento sociale. Boycottatelo senza misericordia. Cessate dall'a.vere rapporti proressionall o personali coa lui. Non torcetegli un capello e non lnsultM elo, perchò sa– rebbe della violenza, ma col 1llen1.lo fategli sentire il vostro disprezzo. Consideratolo un o.ppestato di reda• zlone. Nego.togli il conrorto della parola e non soccor– retelo mal quando la sua povertà. Intellettuale chiama soccorso. Alle riunioni, al banchetti, al tribunale, al Parlamento e ovunque la 11ampa ha una scra.nna, fa– tegli Intorno tanto di spazio perchè egli si ricordi a ogni minuto di essere un rinnegato e perchè I titubanti vedano come 11i castigano I nemici dell& loro classe. Ilo già dello che la società che si sfascia è in uno stato di guerra permanente. I.e masse sono contro le classi. Gli Interessi delle prime non sono gli interessi delle Reconde. Il vecchio Ideale della mano in mano tra chi dà Il salario e chi lo ricevo O sftLtato. E del– l'n.dul1erlo, Lo società miste, di genio che intasca la parte del leone e di gente spesso alle prose col neces• sarlo, riassumono la buaggine del rammollili del nostro tempo. Sarebbe l"unione dell"acqua col fuoco. Tra padroni e lavoratori non c'ò opportunit:\ di ugua,. gllania. Loro sono la rlcchena, •ol non ne siete che I produttori. Loro sono l"aristocrazia del giornali~mo, voi non ne 1iete che i pitocchi. La loro presenza nelle vostre auoclazioni è la ,·ostra deboleua. Con loro il mlglloramonto della ,·ostra classe ò un so,lno. Quanto pil\ sono buoni, tanfo pil\ la vostra causa peggiora. La la loro oscluslone ò una necessità inolutlubile. Fate da voi. IUnuncla1e alle loro olarglzioni. Chiudetevi nella voatra unione come nella ror1ezza del •ostri diritti. L'unione è Il santuario dei perseguitati e degli oppressi. Eleva, abbracc ia, pr otegge. •~atevene una rocca. Forti• ftca1el&colle ,· 01t.re contribuzioni che rappresenteranno Il ,·ostro (ùndo di guerra. Aff'ratellatl dall& professione, discutete liberamente i vostri bitognl. Deliberate. Met– telene In pinza i vogliamo. Pensa.te a voi Hnza di– menllcare I& generazione che prender~ Il vostro posto e, ma.turali a.uomini, smentite ohe l redattori del gior– nalismo italiano sono i soli lndlrferontl al loro a.v• venire. Una \'Olta che la. solidarietà. vi J1a barricati nelle vo• stre riunioni, ,·oi vi tro,·erete il tavolo rigurgitante di problemi. Il più urgente tra. e1sl sarà., senza dubbio, Il aa.lario. Il mensile miserrimo che non l&scia nè vi– vere nè morire è l'angiporto del giornalismo itali&no. Gli impedisce di svilupparsi, di assurgere, di mondani. Il salario che salva dalla Indigenza nell'abito delragia– tezza, sopprime il pennh•endolo e infonde e salda. nel giornalista la responsabilità prore11ionale. È una pedata al malvivente del calamaio di redazione ed è uno zin– zlno di benessere pel salariato Intellettuale ohe si vuota Il cervello con entusiasmo in un lavoro che lo lascia povero. I missionari della penna - I quali sono i su• porslitl del ,,ecchio giornalismo - non appena hanno In mano Il documento della corruzione di qualche col– leg&,dànno fuori come m&tti e Imprecano contro la mancanza. di carattere. Sono I nostri bigotti. Loro non capiscono che il cara1tere è alla merct\ dell"apparecchio digestivo. Ci potranno essere del delinquenti nati. Ma, novanlano,·a su cento, il colpevole dei delitti giornali– stici ò nel ,·entro. È nella diaperazione di non essere riuaoito a sgiogarsi dalla miseria spietata e sguaiata che uccide l'intelligenza. È nello sooramonto di avere appeso per degli anni al chiodo del sogni impossibili un aumento che non venne mai. È nell'ambucia di avere d&to il vostro sangue migliore al giornale che, pur triplicando i lettori, vi ha lasciato pitocco o capo di una famiglia di pitocchi. Lo storico del giorn&lismo contemporaneo non potrà dimenticare questo capitolo dell'insumcienza delittuosa, come non potrù. dimenticare di afftggoro I nomi degli editori cho raggiunsero la rlcche1.zn.affamando i loro redattori. Ma Intanto? Intanto pen3iamo al parla della penna. Voi pochi che siete riusciti, In un modo o nell "altro, a salire 1ul cacumi della rimunerazione Ideale o qua.si ideale, avete l'obbligo di stendere I& mano 1.I grosso delresarclto che patisce e buisce nell'incoscienza dei propri diritti o nell'impotenza di farli trlonf&re. Il giornale, à inutile dirlo, è pai proprietari un·intra– presa commerciale. t una speculazione come un"allra. J!: come una 1lilla che incarica delle penne adatte all'ambiente di riempire tre o quattro pagine. La sua .vita rachitica o malandata ci può addolorare, 001110 la sua dlfTuslono può solleticare Il nostro amor proprio. Ma noi salariati non possiamo basare I nostri bisogni sulla sua tiratura. Se non n, ce ne duole, mtt crepi. Noi dobbiamo vivere. Rifiutiamo di prestarci alla spe– culazione col lavoro malpagato. VI ho già detto che colleuivamenle noi siamo una forza. Abbiale fede in questa forza collet1i•a. Uniamoci contro Il salario della rame. Riabilitiamo la penna pub– blica che stritscica o si prostra o piange. Ce lo Impone la professione. Fissiamo un minimo ,otto il quale è il naul'ragio sociale. Ingiungiamo cho neS8una delle unioni roderato accetti la merc..,de che IMcla un Interrogativo nello s1omaoo,e denunciamo gli affaristi del giornalismo che spingono l'Ingordigia del guadagno alno al delitto. C'è una smorfia sulle vostre labbra che mi inter– rompe Non tutti i giornalisti credono nelle auociazmni e non tutti gli usocìati vivono eaclusivamente della pennL E •ero. I primi sono i cocciuli che Inneggiano &ncora alla energia Indi"iduale. Per loro Il sindacato profes• 111onale è una. irreggimentazione. Tarpa le ali al genio e mette tutti sul pavimento della uguaglianza. È un JiYellatore. 1>roprio,la rivoluzione si ò compiuta senza toccarli I Sono I diseredati dol movimento moderno. ono rimasti In mezzo a noi come degli smemorati o degli storditi. Per loro non c'è e,·oluzione. La storia si ripete. L'oggi ò il domani. È l'eterno moto della vita! I 1econdi 10110 degli intrusi. Sono I gua.stameslieri. li loro pane è altrove. Il giorn&le è per loro un mezzo per gu&d&go&rsidell& influenza, oTe esercitano male il loro mestiere, e per pagarsi I e minuti piaceri». Sono dei professori, dei burocratici, degli uvocati. I loro articoli 1000 della. masturbazione. Non passano al pub– blico che nei paeai del giornaliamo malpagato. La loro contrlbuilono mantiene dei posti vuoti In redazione e lo stipendio del professionista al disotto della dispera. zione. Costoro in Inghilterra si chiamano blacltleg1. Ma non abbiate paura. Nell"ulero della organizzazione si prepara. lo strumento della loro distruzione. Com– pletamente organizzati, non cl sarà. pil\ giornalista che non andrk sup~rbo della tessera prores1lonale, come non ci sarà più direttore che darà quartiere a questi. anftbll che sono la peste di ogni ceto. 0117a11i;;.:iamocilOrgani::;iamoci! Organiiiiamoci ! o;. 11· ;, ,c. GlurlRmo su quanto abbiamo di sacro che nessun pubblicista. d'Italia, nessun milanose sopmtutto, nes– suno del nostri assidui ed acuti lottor1, avrà s11uar•

RkJQdWJsaXNoZXIy