Critica Sociale - Anno VI - n. 6 - 16 marzo 1896

81 CRITICA SOCIALE cui stava per rovinare irreparabilmente-.. Il torto di queste verità. - dure o molli che siano - è di venire dopo il fatto, quando, riescendo inutili, non si sequestrano più. Purchè basti un Abba Cari ma a sbarazzarci dagli africanisti muti o mercanti di muli! LA CRITICA SoclALE. LERESPONSABILITÀ DE DISASTRO Como fu preparata la catastrofe di Abba Carima Questa, che dia1110 <1ui sotto, è semplicemente una pagina di storia, la quale, cosi com– pleta e sicm•a anche noi dettagli, appare per la prima ,·olta alla luce del giorno. La persona, onde ci viene, ò in posiziono da conoscere con c01·tena ogni cosa della quale ci parla, cd è tale, essa stessa, da non volo1-onè sapere nllc1•a1·0una parte qual– siasi ciel vero: e il suo 1·iserbo, su talune parti del 1•acconto, no è documento. Di pili non diciamo per de· riguardi facili a ca– pil"-si. Ma la conclusione che esco dal doloroso l'ac– conto è <1uollaonde ogni italiano. dagli occhi non imbambolati, avovn gitl. rintui1.iono li disastro di Abba Carima non fu una sventura, non fu un ac• cidento di gucr1·a: fu una strage vo– luta! I Dopo Coatit o Sonarò (13, 1-1,15 gennaio 1805), tutti ,•idero, e meglio d"ogni altro avrebbe dovuto vederlo il Ministero, che il nodo abissino era per venire al petline. Si preparò il GO\·erno a risolverlo colle arti della dipio. mazia o a tagliarlo col filo della spada i Niente atratto. Francesco Crispi, pago o lieto dogli allori che altri a,·e– nno colli por lui, non pensò che a sl'ruttare la vittoria per consolidare la sua. dittatura ed assicurarsi l"impu• nità. Invano tlaratieri scriveva dall'Arrico. cho la situa• zione ora seria ed irta. di pericoli; che, dietro Mangascià debellato e messo in ruga, vi era tutta. l'Etiopia; che Monclick s'apparecchiava. alla gue1Ta.nazionale, e che una satus pc,· noi (son parole cielgenerale) era di faro altrettanto. Altre curo premevano il Go,·orno, cd altro vendette meditava Crispi. Por scuotere l'uno o l'altro, ru neces– sario che il go,•ornatore dell'Eritrea minacciasse d'an– darsene, so non gli davano ascolto. E ru allora che la triade Crispi-Blanc-Moconni - un manigoldo in mezzo a duo imbecilli - telegrMò a Baratieri che il Governo desiderava conrerire verbalmente con lui sulla situa– zione p,·eoeduta pel pl'Ouimo aulunno (quello del 1895). Baratìeri venne in Italia. alla fino di luglio, ed a voce ripeté o conrermò ai ministri lo cose che aveva scritte da Massaua apete che gli disse Crispi J>er tutta risposta, Gli disse: e cerca d'intendertela con Sonnino». lddio santo e misericordioso! Un generale che prevede la guerra, e la prevede lunga o gravo o terribile, ò costretto a fare i conti col ministro del Tesoro, che era entrato nel Ga– binetto col mandato specifico di tagliare, tassare e rl– sparmiare J>er ricondurre il pareggio nel bilancio. Ne venne, com'era naturale, un eubbuglio. Sonnino teneva duro a dir di no, incoraggiato alla resistenza da. altri ministri; Crispi non volle o non potò appoggiare e far lrionrare lo proposte di Ba.ralieri, e, dopo lungo discu• tcre, si finì con uno. specie di compromesso, che i di– sastri d'oggi, o gli altri che forse li seguiranno a non lunga scadenza, hanno rivolato un vero patto scellerato. E il patto scellerato era questo: Crispl disse a Bara– tieri: e contentati dei tre milioni che ti concede Son– nino, e va innanzi! andando innanzi creeremo una si– tuazione nuove., e allora i quattrini dovranno uscire per amore o per forza I • E cosi fu ra.tto, e cosl s·iniziò una guerra senza a.varia prima preparata, senu. clauari, senza uomini, e quindi senza obbiettivo determinato, mentre si sapeva. che la cosa era di una gravità. ecce– zionale, che dietro Mongascià. c·ora ras Oliè, e dietro questo ras Michael, e poi Maconnen, e poi il Negus, e poi tutta l'Abissinia che si levava in armi per liberare il suolo della patria o dirondcre i suoi padroni. Il 25 ottobre 1895 avviene il ratto d'armi di Debra– Ailà, una scaramuccia insignificante, che agli storiografi t.lal Ministero, pa.gatl 11. un tanto la linea, parve la presa di Troia, e più ancora, la fine di una campagna che non ora neppur cominciata.. li generai Baratiori, carico di troroi, torna a Massaua a rursi solletico.re la nuca dalle odalische del suo hai•em, e lascia a Mnkallò Arimondi, molto più a sud Toselli, coll'incarico di sottomettere i ribolli, di e reprimere il brigantaggio•• di liberare ras Sebath confinato su di un'amba, ma coll'istruzione formale di ripiegarsi tutti sopra Adigrat quando il nemico avanzasse minaccioso per numero e per armi. Fu eseguito il comando del Governatore f No. Fosse desiderio di gloria. militare, ri– valità. di generali, necessità. di gue1Ta o ritardo di or– dini e contrordini, o rossero tutte queste cose insieme, il 7 dicembre 1895 il maggiore Toselli dette o ru co– stello ad accettare battaglia ad Amba Alagò. Sette ore combatté strenuamente, aspettando invano i rinforzi che gli erano stati promessi; poi cadde con quasi tutti i suoi, disperato e sfinito. Por quanto grave e dolorosa, ladisratta di Amba•Alagò era un semplice incidente di rronte alla marcia del Ne– gus, forte di 100 mila combattenti. La guerra, onde era– vamo minacciati, era enormemente più terribile di quella combattuta fln'allora. Eppure il Governo non se ne av– vide, o non vi dette importanza, o sperò che i ras abis– sini riuniti sotto il comando di Monellck volgessero le armi contro il proprio signore. Nella sconfitta toccata allo armi nostre, Crispi non ravvisò che un pericolo o.Ila sua dittatura. ed una vit– toria de"suoi avversari politici: niente di più e niente di mono. Egli poteva. rar la pace, poteva rar la guerra e potevo. evitarla: non volle o non seppe far nulla. di tutto ciò, volle invoco mantenersi al potere ad ogni costo, e seppe organizzare il disastro. State a sentire: Gli scioani erano da poco giunti sotto Makallè, che Menelick scrh•o una lettera al re d'Italia per rare la pace. Questa lettera dice testualmente cosi : I IOldati ilaliani ,i ballano, ma ,ano 1oldaii da due anni, me11tre i no.,lri vanno alla guen·a che ,ono an– cora allaccati alle poppe della madre. L'Italia è f(lrlB, lo so. Elia mand4't"à molle truppe, ed io le ,chiaccerò; ne manderà il doppio, ed io le ,chiaccerò; ne manderà Ire t,0lle lanto, e allol'a lddio deciderà il noslro con– /fitto. Non spargiamo ,angue cri,liano e facciamo la pace. Questa lettera, che non ru mai pubblicata, che cosa conteneva essa di otrensivo, nonchè al re d'Italia, al popolo d'Italia. I Nulla, assolutamente nulla. Mado.igior– nali di Crispi fu detta u n crimonlese, e a colui che l"a– veva scritta non furono risparmio.ti insulti o vituperi. La guerra, che si poteva evitare o racendo la pace, o ritirando le nostre truppe di qua dal Marob, si volle

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