Critica Sociale - Anno V - n. 6 - 16 marzo 1895

CRITICA SOCIALE 85 11 punto di vista che critichiamo conferisce ai nostri contraddittori un certo ottimismo, a proposito della spadroneggiante reazione, che somiglia al fa– talismo ed all'incoscienza. Bissolali quasi se ne r:,il– legra e ci grida: non vedi, amico, come questa reazione ci giova 1 non vedi com'essa denuda i so– fismi insidiosi della c1asse dominante? e non l'hai detto tu stesso che la nostra doveva essere (im•ezza alleg,·a? Allegra, sì, lo l'ipetiamo, perchò la mutria non aiuta davvero a vincere i fati: allegra: a patto, però, di essere accorta. Se spensierata, se ingenua, essa diverrà malinconica, per quanto noi ci battiamo le costole per darci del buon umo1•e. La reazione c'incolse troppo presto: altro che e. spalanca,·ct le vie dell'avveni1•e »!Se la fortuna e l'abilità nostra non ci aiutano un poco, io veggo, colla congiunzione più stretta del tricorno alla spada, un periodo di snervamento e di stancheggiamento esiziale per noi. Sento l'aquilone mugghiare. Ombrelloni per la difesa personale non cerco e non curo; un ombrellone per la diresa del partito, che lo lasci un po' ripigliarsi e respirare e far l'ossa (poi si schiantino pure le cateratte del cielo!), questo, sì, lo vorrei: e non c'è fra queste due cose la contraddizione che tu mi rinracci. La reazione ha in sè due azioni distinte, benché spesso congiunte: -la persecuzione, e questa, in certa misura, può ritemprarci e giovarci: ben venga, come è venuta; - il bavaglio alla libertà, e questo, per iddio, questo non ci giova davvero: esso ci recide i nervi e ci chiude vivi nel seoolcro. La propaganda pe1•sonale, sussurrata all'orecchio, è una bella utopia. Roba di altri tempi. Oggi, quel che per noi si vuole, è la grande industria della propaganda; noi abbiamo bisogno de' grandi mezzi della stampa, della riunione per parlare alle masse; bisogno come del pane. Il voto elettorale sta bene: ma un po' che si vada di questo trotto, te lo to1•– ranno anche questo: allora le vorremo vedere le tue a1Te1·mazioni di partito! Dei i:;ocialisti - come già dei cristiani - sarà delitto anche il nome. Quosto noi dobbiamo evitare, se ci é cara la vita del partito in cui militiamo. Questa reazione non è quella che voi imaginate. Nou è la reazione defi– nitiva delle classi reg11anti, che si stringono in una per far fronte alla massa proletaria organizzata ed armata: la lotta non è fra questi termini. Non è la reazione dell'avvenire, è quella del passato: c'è più del medioevo che rialza la testa, che non del secolo ventesimo anticipato. L'Italia non è la Germania, non è la Francia, non è l'Inghilterra od il Belgio, l'Italia è appena la Spagna. E contro noi, neonati, c'è il numero immenso; la miseria im– mensa; l'analfabetismo immenso; l'immensa ser– vil!tà; l'immensa impostura. E l'esercito di Serse, o Leonida, che ti invita, coi tuoi trecento, alle 'l'ermopili tue. LA CRITICA SOCIALE. La scuola popolare e il proijetto delministro Baccelli Allorchè il divo JJaccelli riafferrò le redini della pub• blica. istruzione, un coro di voci si alzò ad annunziare al mondo che il democratico ministro intendeva final– mente di attuare il suo antico e grandioso ideale: La scuola popolm·e. Stavolta si sarebbe fatto sul serio, il grande ministro ne dava parola; o avrebbe trionfato col suo progetto, o su di esso sarebbe caduto. I giornali scolastici, sempre pronti a magnificare ogni ciancia ministeriale, facevano eco o tessevano al pro– getto i più benevoli commenti. :--1 ,no B1ar o Senonchè, poco più di un anno ò trascorso e già tanto nobile ardore pare sfumato, già. l'alto clamore, divenuto man mano più roco, andò perdendosi nell'in– finito spazio. O che padron Crispi non voglia o abbia detto a.I suo fido tirapiedi: Guido mio, non rompermi i corbelli colla tua scuola popola1·e, ci vuol altro che scuoio per questa plebaglia. della. malora; o che l"illustro Dulcamara, in tutt'altre faccende affaccendato (o non si contano i giri elettorali ch'ò obbligato a fare per conto del padrone?), alla sua. promessa sia morto e sotterrato, fatto è che di scuola popolare più nessuno ornai parla; nè Guido Baccelli, che si sappia, ha per questo manifestato l'in• tenzione di dimettersi dall'ufficio. Del resto questo genere di burlette llura da.un pezzo. Da che l'Italia. fu fa.tta o venne di moda gridare che bisognava. fare gl"italiani, ogni ministro senti il bisogno ùi proclamarsi amico sviscerato dell"istruzione popolare e dei maestri e quindi di promettere mari e monti, di escogitare nuovi e radicali progetti, di riformare o ri– pristinare qualche leggina, o rcgolamentuccio, o pro– gramma (destinati a lasciare il tempo trovato) e, fra tanta vana pompa di frasi, ogni tanto la voce desolata della stampa scolastica, la dolorosa constatazione che la scuola del popolo è poi sempre quella tisichella, senza nervi o senza sangue, l'ultima delle istituzioni sociali. Nè mancò mai la scusa a questo grande promettere e nulla mantenere, e fu sempre la stessa: strettezze finan– ziarie del governo. Den è vero cho queste non gli impedirono di dedi... carsi passabilmente alla politica africana, di mantenere grasse prebende a. certe categorie d·impiegati, di attin· gero nelle casse a piene mani per le agenzie eletto~ rali, di profondere migliaia di milioni in sempre nuovi e più perfezionati armamenti, ma tutte queste sono cose di prima necessità, no dipende la sicurezza. della patria (leggi cassa forte), quindi si può bene faro qual– che sacriflzio: non già. per l'istruzione del popolo, della quale può anche farsi a meno. A chi mai, l'analfabe– tismo e il cretinismo delle plebi guastano la digestione i Anzi, a dirla francamente o in un orecchio, senza to.nto scuoio il mondo andrebbe forse meglio e non vi sareb• bero tante fisime per aria. Del resto, il progetto dell'onorevole Baccelli è cli un'amenità cosi singolare, che non so trattenermi dal parlarne particolarmente. La pedagogia, dopo che le scienze antropologiche su cui si basa si diedero al positivismo, ha intravveduto nuovi orizzonti educativi e sopratutto ha demolito la vecchia pre('etth,tica empirica. Come la psiche umana non ò punto un'essenza auto– .aoma o dota.la di libera scelta come pretendevano la teologia e la metafisica, ma bensì un prodotto dell'or– ganismo umano e quindi soggetta a tutte le cause fi– siche elle modificano tale organismo; cosi il vero sistema educatirn non deve curaro l'intelligenza e il sentimento come cose a sè, ma devo ·sopratutto curare il normale sviluppo di quegli organi onde tutto lo racoltà. umane hanno origine; in una parola una buona educazione deve essere sopratutto un buon allevamento. Il vero sistema. educativo prende il bambino dalle mani della madre che l'ha allattato, e non l'abbandona. se non quando, cittadino fatto, potrà restituirlo alla società. atto a compiere degna.mente quella funzione a cui si sarà. preparato.

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