Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

70 IL GENIO Dt riO IX. rono portenti inattesi , jnaudili , che fecero trasecolare l' Italia ed il mondo. .Ma furono scintille che si appresero ad una materia troppo disposta : la Penisola dal Cenisio e dal Monte Bianco fino all' estremo lembo australe della Sicilia andò in fiamme f Fu colpa , errore o sventura? Se ci paresse colpa od errore, sapremmo guardare un silenzio che la filiale pietà c'imporrebbe , come lo • guardarono parecchi che furono in questo pensiero. Se la credessimo sventura, saprem rispeltarla, nè vorremmo r infrescare parlando piaghe cosi dolorose. Ma a falsare i nostri concetti nessuna ragione ci potrebbe condurre. l i tempo delle malte adulazioni a Pio IX è passato; e non fummo noi sicuramente a tributargliele: esse han compiuto il loro uffizio , ed oggi sarebbero intempestive , ma non sospette. Nell'esule di Gaeta solo un occhio cattolico può scorgere qualche cosa di grande: solo chi ha fede nella Provvidenza può sludiarvi qualche arcano suo consiglio. Un riposato esame sui fatti seguili ultimamente ~wendoci condotto ad una conclusione acconcia a giustificare i disegni della Provvidenza, e l'uomo che n'era pr eso strumento , noi non l'abbiam voluto nascondere , e d abLiam crellulo che potesse giovare alla integrità di ques to scritto. Non è per ora che un abbozzo: ma un ingegno più forl(! , quando i falli saranno éompiuli fra poco e meglio s luùiali col Lempo, potrebbe colorirlo e dargli vita. Slimiamo adunque che le sventure d' Italia , le vergo- !!.ne di Roma , l'esilio di Pio sono il prezzo , onde la Provvidenza fa pagare al mondo una delle più compiute apologie della Chi esa e del Pontificato ; un disinganno il

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