Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

CONCLUSIONE. 13l vorrem dare a credere che quello non è un sogna, ma una speranza. E che ci vorrebbe egli finalmente ? niente altro salvo eh~ la maggioranza, entrando animosamente nel pieno esercizio dei suoi diritti, si facesse argine all'anarchia, comprimendola con tulti i mezzi legali ed onesti che ha in suo potere. Di questo contegno sarebbe frutto infallibd.J una vet'a libertà cittadina, ed una piena indipendenza della Chiesa. Più di questo non ci vorrebbe perchè l' HaHa fosse salva. Una vera libertà citlculina acqueterebbe la parte onesta dei nostri popoli , e non lascerebbe nelle schiere demagogiche che le passioni bollenti e la ignoranza. A qoeste porterebbe rimedio quella che solo può farlo cflicacemente, la Chiesa callolica ; la cui azione nella predicazione , nell' insegnamento , nella carità operosa sarebbe assicurala dalla indipenden.:a religiosa , che segnalai per secondo effetto di quella cooperazione della magg ioranza. Ma ci si pennella di dirlo un' altra volla : è un pensier desolato che più di ogni altro ci stringe il cuore l Lo spettacolo che l'Italia sta dando di sè a tutta Europa, notl può ispirarci verona fiducia che essa voglia fare almeuo quel poco per salvarsi. Or che perciò? dovremo per questo abbandonare ogni speranza? No 'l crediamo l ci resla tuttavia il volger gli occhi a quel Signore che potrebhe iniziare gli elfelti della sua pietà nel perdonare alla nostra colpevole inerzia • c nel farcene riscuotere una volta. Non sarebbe questo il primo caso chr egli per sola ~razia abbia sah·o il 1uo diletto almo paese. (

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