Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

DRrTTU' E DOYERE' Le cento vite spente in Napoli ed in Parigi eessaronCJ felicemente il bisogno di spegnerne un'altra sola; ma i cento assassinii 1 impuniti per effello della tolleranza civile, danno a<oimo e spianan la via a consumarne i cento altri ed i mille. E questo per non dire che dei solo sangue versat01•. Ma il calice· amarissimo che sta sorbendo la povera Ital.ia a sorso a sorso , calice di sventure religiose , morali, - pubbliche, domestiahe, economiche, indusLriaJi., tutta in somma questa iliade di· mali che stia m divorando, e che lasceremo in dolorosa eredità a.i nostri nipoti ,. ll:llta mette· capo e· radice in u.na tempesLi.va e foFle repressione mancata; mancata per questa massima non saprei dire se più assurda o più iniqua, che i mezzi violenti non son del tempo , e che i fratelli non debboN far forza a-i f.ra... te Ili. Noi ci gua~·deremo bene· dal di~&approvare· anche menomamente la clemenza del nono Pio; noi medesimi fa~ cemmo plauso all'amnistia, e sappiamo che i consigl.i uon si d-ebbono· giudJcare dagli ev.en.ti: quanto è stata piu. portenlosa la sconoscenza, la·nlo er.a meno possibile· a prevedersi.. Ma dopo· i fal.li veggono anche i ciechi , eh(} se Galletti fosse restato in galera ove trovavasi, se Mamiani e Sterbi.ni fossero· restati in, esilio, l' Halia. a.vrehhe risparrniato due terzi delle sue sventure. La Uberlà di un d@ppiamente· traditore e fellone,. la lontananza dalla . l~atria di due figli snaturati uon erano- prezzo troppo caro pel decoro e per la salute di una nazione.. Noi, per manco di pratica , non sappiamo se e quanl~ in politica ci possano essere ingiustizie utili. Se ce ne sono , Clllme inseg11a il M.achiavelli ,, questa del com.perarsi

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