Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

t,. LIBERTA' appena può 'trovare scusa nelle. vecchi.e abHu.dini e ne!la nessuna parte presa fin qui dai nostr1 popoh nella v•ta pubblica. Ma che volete ? la polilic~ non. crea gli el~menti civili: appena può leggermente mod1ficarh e ad ogm modo convien che gli accetti quali li trova costituili nella Società cui presiede. Ora se ammettete la ipotesi che in Italia la maggioranza numerica non vuoi sapere di mut-azioni , come farete voi a costituire un nuovo Governo? vorreste per avventura fargli liberi per forza? Sarebbe il C1\SO in cui un Governo libero per conservarsi avrebbe nopo di tiranneggiare , . e distruggerebbe la libertà individuale nell'alto medesimo che vuoi fondare Ja pubblica. D'altra parte non è a pensare che codesta maggior~nza numerica sospettosa , diffidente e non curante di libertà non abbia in Italia buone ragioni dei suoi sospetti, della sua diffidenza. La libertà , il diritto , la indipendenza hanno troppe allraltive per la mente e pel cuore ; e niuno senza un p~rche avverserebbe chi viene a proferirleci. Ma la storia , le rimcmbranzc, la esperienza di ealamita sostenute non si cancellano leggermente dalla memoria dei popoli. Temettero gl'Italiani di vedere anror questa volta la lirannide di pochi demagoghi prendere il luogo dell'assolutismo dei nostri Principi , pel quale avevamo il leni livo della lunga abitudine, e che per quanto si sia dello e calunnialo, uiuno crederà mai, non quei medesimi che lo predicarono, che fosse tirannide. Si trattava dunque del ragionevole timore ond' era impensierita la maggioranza in Italia, di vedersi cioè oppressa da un reale dispotismo demagogico a titolo di essere affrancati da un imaginario o certo esageralo dispotismo monarcltico. Ci stupiremo che quella maggioranza si restasse-

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