Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Riepilogo trarLa, ma alla Spezia dove egli conosceva un Suo amico e collaboratore dell'Unità (Ubaldo Formentini) per pregarlo d'intervenire presso di Lei, e spiegarLe le ragioni· per cui volevamo sostenere la Sua candidatura a Torino. Lei ci fece rispondere di non essere piu iscritto al partito socialista, e che quindi non poteva essere il candidat.o al– l'elezione di Torino, malgrado il seducente vessillo che noi volevamo affidarLe. La lotta per far accettare alla sezione locale la Sua candidatura era già difficile in sé, anche se Lei fosse stato tesserato, ma il fatto su cui Lei aveva richiamato la nostra attenzione rendeva impossibile non solo di guadagnarla, ma anche di tentarla; la barriera statutaria ci avrebbe fermati al primo passo. Non rinunciammo subito all'idea'; facemmo qualche sondaggio e ci convincemmo che bisognava rinunziarvi: del resto la corrente favorevole ad una candidatura operaia s'ingrossava di giorno in giorno, e contro di essa si urtò anche la candidatura di Mussolini, che fu messa in minoranza negli scrutini prelimi– nari. A questa candidatura Lei è stato completamente estraneo. Lei accettò invece di tenere un comizio a Torino, in favore della candidatura operaia, a campagna elettorale aperta. Chi legga gli scritti qui raccolti può giudicare se essi diffondevano odio contro il proletariato del Nord e se preparavano il piombo per le pal– lottole del 1919-22. Mi si permetta di aggiungere che, se ogni idea di mia candidatura sfumò al primo annunzio che io non ero piu tesserato, quella idea sarebbe naufragata egualmente, se ci fossimo inoltrati a discutere sulla libertà d'azione, che, secondo Gramsci, i socialisti di Torino mi avrebbero lasciata. ·ro non ero niente affatto "l'esponente piu avanzato in senso radi– cale" né della massa dei contadini meridionali, né di nessun'altra massa. Ero un libèro tiratore, che ci teneva a dirsi socialista riformista, gradua– lista, dissidente dai riformisti ufficiali, tutto quello che si vuole, meno che "avanzato in senso radicale": mi divideva dagli altri riformisti la loro indifferenza per le sorti dei contadini meridionali, ma non avevo niente assolutamente in comune coi socialisti cosiddetti "rivoluzionari" tanto del Nord quanto del Sud. E Torino era nel 1914 uno dei centri piu attivi del socialismo rivoluzionario piu intransigente, in attesa di diventare la Mecca del comumsmo. Per definire meglio l'orientamento di quel pensiero, a cui bene o ma– le rimasi sempre fedele, aggiungerò che nel 19~2, quando la maggioranza del partito socialista, guidata da Mussolini) condannò l'ala riformista capi– tanata da Turati, nel Congresso di Reggio Emilia, ed espulse dal partito Bissolati e i suoi seguaci, la maggioranza rivoluzionaria vincitrice nel con– gresso andava in cerca per l'Avanti! di un direttore, che prendesse il posto di Claudio Treves. Siccome io ero oramai in aperto dissidio coi riformisti alla Turati, i vincitori mandarono Costa=itino Lazzari ad offrirmi la dire– zione dell'Avanti! Tanto confuse e incoerenti erano le loro idee su quel che dovevano e non dovevano volere. Io non sarei diventato a nessun patto direttore di nessun quotidiano, perché quello non era stato mai il mio me– stiere, e mi ci ritenevo assolutamente disadatto. Ma non ci fu bisogno nean– che di toccar tasto. Mi bastò dire a Lazzari che io non solo ero un riformi– sta, ma un ri'formista di destra e avevo criticato Turati perché non lo rite- 679 BibliotecaGino Bianco

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