Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Riepilogo rivoluzionarismo e sindacalismo vacuo mi faceva ridere quando non mi indignava. Il suffragio universale era una "riforma" domandata in quegli anni clamorosamente dai socialisti belgi e austriaci. Non avrebbe costato un soldo al ministro del Tesoro in Italia. Non avrebbe dovuto affrontare che la resistenza dei partiti conservatori e pseudodemocratici. Mi sarei con– tentato, se si fosse. cominciato dal suffragio universale amministrativo. Riconobbi esplicitamente, dal 1902 al 1904, che i deputati socialisti del Nord erano giustificati a sostenere la politica di Giolitti., anche se noi nel Sud ne sentivamo crescere il peso. Era necessario che si consolidasse nel Nord quel regime di maggiori libertà sindacali e politiche, che nel prece– dente decennio erano rimaste in forse o erano state addirittura soppresse. Le organizzazioni socialiste settentrionali, quando si fossero assestate nel nuovo regime di libertà, avrebbero provveduto a soccorrere noi di laggiu, per averci con sé in conquiste necessarie a tutti. In questo mi divide-vo nettamente dai socialisti meridionali, che non ammettevano "ministeria– lismo" per nessun motivo, né allora, né poi, né mai. Con mia meraviglia incontrai prima la indifferenza, poi la ostilità sor– da di quasi tutti i socialisti settentrionali.. Per debito di giustizia debbo eccettuare prima di tutti Oddino Morgari, uomo di grande cuore, che ve– niva spesso nell'Italia meridionale e vedeva coi suoi occhi quel che vi av– veniva, e poi G. E. Modigliani, che si fece avanti nella vita nazionale verso il 1910, generoso quanto Morgari. Bissolati era per tre quarti favorevole alla mia tesi, perché aveva in me, direi, fiducia, e per un quarto incerto, dato che l'Italia meridionale gli era ignota. Turati era per un quarto indifferente, e per metà contrario, pèrché il Mezzogiorno d'Italia lo infastidiva: se lui e la "signora Anna" non avessero avuto affetto personale per me, la Critica Sociale non avrebbe pubblicato nessuna di. quelle che Turati credeva mie fissazioni. Tutti gli altri personaggi di alto fasto erano piu o meno fran– camente ostili: si erano concimato il loro collegio col corpo elettorale limi– tato dalla legge del 1894, e vedevano nel suffragio universale un salto nel buio disturbatore e pericoloso. · Gli scritti raccolti in questo libro fanno vedere gli argomenti con cut 1 piu cercavano di scansare quel problema, e quelli con cui io li incalzavo nelle vie e viottoli attraverso cui cercavano di evadere. Una esperienza mi riusd piu penosa di qualunque altra. Eravamo nel 1910. Il Parlamento doveva disc.utere la legge cosiddetta Daneo-Credaro, che - si diceva - mirava a combattere l'analfabetismo, specialmente nell'Ita– lia meridionale. Mi frequentava Giuseppe Donati, studente universitario a Firenze e democratico-cristiano fervente; sebbene Pio X avesse sbandato la democrazia cristiana; giovane di bellissima intelligenza e di fervido ca– rattere. Io ponevo in lui molta affettuosa fiducia, e lui la meritava (mod in Francia di tubercolosi, cioè di fame, otto anni dopo esservisi rifugiato per non essere ammazzato dai fascisti in Italia). Gli detti da studiare quali effetti avrebbe avuto quella legge nell'Italia meridionale. Donati studiò la 675 BibliotecaGino Bianco

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