Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale d'era ancora fresco il sangue di Sciara-Sciad, già le cooperative di lavoro della Liguria inviavano a Tripoli un esploratore 2 a vedere se c'era qualcosa da guadagnare anche per loro: e l'esploratore pare abbia avuto buone pro– messe per quando occorrerà metter mano alla "messa in valore," cioè alla costruzione delle strade, ferrovie, edifici pubblici ecc. Naturalmente, alle cooperative non saranno offerte che le briciole del banchetto: i bocconi piu succulenti toccheranno ai grossi pescicani della finanza; ma le cooperative, cioè "il proletariato di tutto il mondo," paghe di ottenere i "dovuti ri– guardi," troveranno che non è il caso di opporsi alla mangeria universale: arrangiati, ché io mi arrangio. Di fronte a questo, che è uno dei pericoli piu gravi della impresa di Tripoli, - pericolo economico per le spese improduttive, che cadrebbero sulle spalle di tutti i borghesi e di tutti i proletari non interessati alla "messa in valore"; pericolo politico e morale, perché farebbe delle coopera– tive le giannizzere di tutti gli affarismi e di tutti gli sperperi coloniali - non è lecito chiudere gli occhi per non vedere, e cavarsela semplicemente con la consolazione che alle spese si provvederà col "nuovo strumento fi– scale" della globale. Gli sperperi sono sperperi, e saranno dannosi alla economia del paese, anche se si provvederà ad essi con la tassa progressiva ... di là da venire. Lo Stato italiano - scrivevamo nell'Unità del 13 gennaio scorso - impadronitosi del paese, mandati via i turchi, assicurato a tutti l'ordine pubblico, la giustizia e le scuole, messesi sulle spalle le spese ingenti che occorrono alla esecuzione di questo pro– gramma politico e militare, non deve fare altro. Le porte sono aperte: lo Stato italiano garantisce a tutti sicurezza e pace: venga chi vuole ad arricchirsi, se ricchezza c'è; da questo momento in poi lo Stato italiano, per tutto il resto, si lava le mani. Se il paese è realmente ricco, cioè se vi esistono pel capitale possibilità naturali di investimenti piu remunerativi di quelli che offrono i paesi finora sfruttati, - è evidente che il ca– pitale si precipiterà da tutte le parti in Tripolitania. Se vi sono terre cosi feconde da compensare non solo le spese di coltivazione, ma anche quelle di trasporto per fer– rovia o per strade rotabili, si costituiranno certamente delle società capitalistiche o cooperative, le quali organizzeranno nel loro interesse e a loro rischio e pericolo la colonizzazione, costruiranno per conto proprio le strade, cercheranno di utilizzare nel miglior modo possibile i loro capitali. Lo Stato italiano non deve fare altro che "lasciar fare, lasciar passare." Tutt'al piu potrà intervenire con qualche sussidio a promuovere gli studi preliminari, potrà facilitare la costituzione delle società partecipandovi come azionista. Ma all'infuori di questo non deve fare altro. Se i tripolini, dopo avere ot– tenuta la conquista militare, invocano ora anche porti e strade e ferrovie per opera ed a spese dello Stato, questo vuole semplicemente dire che essi sentono benissimo, che queste opere pubbliche non saranno fatte dal capitale privato, perché non sarebbero economicamente redditizie. Se una ferrovia potesse fruttare bene al capitale impiegato, la farebbe da sé il Banco di Roma, e si ribellerebbe ad ogni intervento dello Stato. Ora le ferrovie, i porti, le strade non redditizie noi dobbiamo ancora farle in Italia. Quando lo Stato costruisce - se costruisce! - col denaro di tutta la nazione una ferrovia passiva in Basilicata, o in Sardegna, o in Sicilia, compie un'impresa non di speculazione capitalistica, ma di interesse morale nazionale. Lo Stato impone alle 2 Presumibilmente Pilade Albertelii. Cfr. p. 507. [N.d.C.] 526 BibliotecaGino Bianco

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