Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

L " l " a poveretta e di educazione nazionale di çui oggi "normalmente" possiamo disinteres– sarci, salvo ad avvederci che esistono, quando un fatto simile a quello di Verbicaro ci sorprende come un pugno nello stomaco, e salvo a non pensarci piu non appena l'impressione del pugno sia svanita, e fino a un nuovo fat– to anormale. Se l'Italia consistesse solo nell'Italia settentrionale e centrale, tutto il Mezzogiorno sparisse ad un tratto inghiottito dal mare, gli Italiani super– stiti sentirebbero immediatamente di essere diventati una piccola potenza; dovrebbero immediatamente ridurre della metà le loro spe-se, cominciando dalle spese militari; il nazionalismo della guerra vittoriosa e della espansione imperiale apparirebbe a tutti un sogno di letterati e di perdigiorni ignari della realtà. Eppure, l'Italia set~entrionale e quella centrale, senza il Mezzo– giorno, sarebbero piu. forti che col Mezzogiorno, perché piu. libere nei loro movimenti, non dovrebbero trascinarsi dietro il peso morto di tutte le dif– ficoltà che nascono dalla miseria e dalla disorganizzazione dell'Italia me– ridionale. Ma è appunto questa Italia meridionale, coi suoi molti chilome– tri quadrati di montagne sterili e diboscate, con la sua malaria devastatrice, con la sua piccola borghesia stupida e briccona, coi suoi contadini maltrat– tati e inquieti, è proprio essa che dà ai nostri nazionalisti la illusione di trovarsi in una nazione grande e forte, e li incoraggia a scimmiottare le nazioni che so.riograndi e forti per davvero, e li seduce a volere che l'Italia porti in Tripolitania quei capitali, che sarebbero necessari a rendere meno miseri i nostri 5000 Verbicari, e quella organizzazione amministrativa che in Italia non siamo ancora riusciti a creare! Gli è che questa Italia meridionale oggi, nella vita pubblica nazionale, non si fa sentire che o eccezionalmente attraverso ai tumulti delle sue mol– titudini esasperate, o normalmente attraverso la rappresentanza politica dei suoi piccoli borgh~si deficienti e malvagi. Quando i contadini meridionali, poveri, malcontenti, disorganizzati, si rovesceranno in massa nelle liste elet– torali, e faranno sentire "continuamente" su tutti i partiti la pressione del loro peso plumbeo e soffocante, allora l'Italia legale non potrà essere piu. una mistificazione retorica dell'Italia reale. Allora dovremo proporci tutti un programma di lungo, oscuro, poco rumoroso lavoro per guarire i mali che i secoli passati ci lasciarono in retaggio, e che cinquant'anni di politica letteraria hanno, non che corretti, esasperati: programma di lavoro alla cui realizzazione basteranno appena gli sforzi di, una intera generazione di Italiani, e che dovrà esser per la Giovine Italia d'oggi quello che fu per la Giovine Italia di ottant'anni or sono il Programma nazionale. [Da "La Voce," 7 settembre I911.] 497 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=