Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale e l'altra; e in questo caso il vostro programma d'unione e di solidarietà dove andrà a fìnire? Oppure voi, per non combattere nessuna classe sociale e per inseguire l'utopia di un amore impossibile, lascerete le cose come sono; e allora che bisogno c'è nell'Italia meridionale di una nuova corbellatura? Non è predicando l'unione e la concordia, mentre intorno a voi trionfa l'oppressione, che risolverete i problemi del secolo. Bisogna entrare riso– lutamente nella lotta, e aiutare quella parte che sembra giusta. Chi altri– menti fa, in lingua povera va chiamato "bagolone." 5. Il proletariato Non saranno dunque né i latifondisti né i piccoli borghesi quelli da cui partirà il movimento di riforma. Il punto d'appoggio bisogna cercarlo altrove. E quest'altrove sta nel proletariato rurale. Che questa sia la classe, la quale piu di tutte ha bisogno delle riforme, e da esse, quando fossero fatte, ricaverebbe maggiori e piu immediati vantaggi, è verità da tutti accettata. Il latifondismo ha in essa le sue vittime. La massima parte delle tasse comunali, su cui tanti piccoli borghesi vivono parassitariamente, è pagata da essa. Su di essa per ripercussione cadono tutte le conseguenze delle ladrerie politiche e amministrative, il cui tessuto costituisce la storia della terza Italia. Numericamente questa classe è, nell'Italia meridionale, enorme mag– gioranza. Vivendo poi raccolta e pigiata in grosse borgate e città, è facil– mente organizzabile e potrebbe senza fatica riescire a rendersi conto della propria forza e dei propri diritti. Sventuratamente i contadini meridionali, abbandonati a se stessi, non possono far nulla. Ad essi manca ·1a cultura necessaria per costituire u.r:i partito indipendente; manca specialmente l'esempio del proletariato indu– striale, che nel Settentrione è cosf suggestivo per le plebi delle campagne. I contadini meridionali hanno bisogno di essere illuminati e guidati. Ma non hanno intorno a sé chi possa illuminarli e guidarli. Mi spiego. Non dico che nell'Italia meridionale non vi siano e non possano anche in avvenire nascere uomini disinteressati, nobili, generosi, che abbandonando la propria classe scendano fra i contadini e cerchino di educarli alla lotta per la conquista dei loro diritti. Se cosf pensassi, baste– rebb~ ·1a sola fìgura di Nicola Barbato per dimostrare subito falso il mio pensiero. Ma ciò che nell'Italia meridionale non si avrà mai, è un esteso movi– mento nelle classi latifondiste e piccole borghesi a favore dei contadini. A smentire questa mia asserzione non può valere il fatto che nelle università meridionali sono numerosissimi i giovani radicali o socialisti. Quando questi giovani non si guardino solo da lontano, ma si studino da vicino e si viva fra di essi, bisogna riconoscere purtroppo che, salvo qual- 86 BibliotecaGino Bianco

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