Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La diplomazia italiana nella guerra mondiale lici un compenso per il loro intervento nelle elezioni a favore dei candidati del governo, rispose che compensi non ce ne sarebbero stati mai. Al tempo di Pio IX e di Leone XIII erano i liberali italiani che do– mandavano al Vaticano di fare la pace, e il Vaticano rifiutava. Alla vigilia della guerra 1914-18, erano i cattolici che domandavano ai liberali di fare la pace, ma erano questi che rifiutavano. Leone XIII aveva aspettato una rivoluzione che portasse la borghesia italiana, pentita e contrita, ai suoi piedi. Sotto Pio X la paura della rivoluzione aveva messo i cattolici a servizio della borghesia. Nei giorni della battaglia della Marna (settembre 1914) Benedetto • XV suécedette a Pio X. Anche lui si astenne dal benedire la folla che si ammassava in Piazza San Pietro, e nella prima enciclica del 1 ° novembre 1914, ripeté la protesta tradizionale contro le condizioni in cui la Santa Sede si trovava dal 1870 in poi. Ma mentre i suoi predecessori definivano quelle condizioni come "intollerabili," egli si limitò a dirle "anormali." Era un nuovo passo sulla via della capitolazione; ma non era ancora la capitolazione definitiva. Il problema, per quanto estenuato, rimaneva sem– pre aperto, e non era detto che la malattia, diventata cronica, non potes– se riacutizzarsi e diventare di nuovo violenta a un tratto. Impegnati a fondo nella guerra tanto gli Imperi centrali quanto le Potenze della Triplice Intesa manovravano per attirare il governo italiano nel loro èampo, o almeno per non averlo ostile. I cattolici in ogni paese erano solidali col loro governo. La carne .da cannone italiana avrebbe fatto como– do a tutti, anche ·se non fosse stata benedetta dal Papa, e nessuno si sen– tiva in peccato nel cercare di utilizzarla. Un deputato cattolico tede– sco, Erzberger, nell'ottobre 1914 pensò che anche la Questione Romana po– tesse portar acqua al mulino tedesco, e propose che l'imperatore d'Austria cedesse il Trentino, non al governo italiano, ma al papa; questi alla sua volta avrebbe ceduto il Trentino all'Italia e in compenso il governo ita– liapo sarebbe sceso in guerra a fianco degli Imperi centrali, e avrebbe con– sentito a rivedere la legge delle guarentigie secondo i desideri del papa. Nel dicembre di quell'anno, il plenipotenziario tedesco a Roma, principe di Bi.i– low, conversando "amichevolmente" con Salandra, gli accennò che il gover– no tedesco avrebbe trovato difficile evitare che la Quéstione Romana riac– quistasse attualità fra i suoi sudditi cattolici. Quanto ai cattolici inglesi e francesi, essi si limitarono· a ric::onoscereche in quelle circostanze non era il caso di continuare a versare le loro lacrime tradizionali sulla infeli– cità del papa. Sonnino evidentemente aveva l'obbligo di tener presente anche la Questione Romana nei negoziati colle Potenze della Triplice Intesa. Per– ciò, nel promemoria del 16 febbraio domandò che queste si impegnasse– ro "ad appoggiare l'Italia nell'opporsi ad ogni eventuale proposta di am– missione di un rappresentante del pontefice nella conferenza della pace al termine della presente guerra." 561 BibliotecaGino Bianco

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