Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta avevano nessun obbligo di essere generosi con lui: à corsatre,. corsatre et demi. Un'alleanza funziona con soddisfazione di tutte le parti solamente se esiste fra esse fiducia reciproca. Allora la buona volontà trova i' compro– messi necessari di fronte ai problemi imprevisti o nella interpretazione di patti non sufficientemente chiari: via facendo si accomodano le cose. Ma dove non vi è fiducia reciproca, le controversie si accumulano interminabili e velenose anche sugli accordi piu chiari. La Triplice Alleanza_ era H din– nanzi agli occhi di Sonnino a dimostrare il destino dei trattati a cui man– ca l'anima della buona volontà reciproca. E lui, mentre si accingeva ad uscire da un inferno, se ne preparò un altro, creando sulle proprie in– tenzioni un sospetto che doveva pesare gravemente su tutta la sua opera. In se stessa, la incertezza delle formule usate nel 1915 da Sonnino nel trattare il problema coloniale non fu errore. In quel momento nessuno poteva prevedere come la guerra sarebbe finita. Precisare troppo gli accordi territoriali che avrebbero dovuto succedere alla guerra, era vendere la pelle dell'orso prima di averlo ammazzato. Per avere troppo precisato i nuovi confini dell'Italia nell'Adriatico, Sonnino si trovò avvolto a guerra finita in difficoltà inestricabili. Errore suo fondamentale fu la mancata offerta di alleanza a reciproca garenzia del dopoguerra, errore tanto piu grave in quan– to quell'alleanza era stata offerta da San Giuliano già nell'agosto del 1914. In piu Sonnino volle ignorare che la Triplice Intesa era in guerra non solo con l'Austria ma anche con la Germania. In piu precisò troppo i suoi desiderati nell'Adriatico. E in piu, finalmente, non li precisò affatto nelle quistioni coloniali. Egli non errò per trascuratezza o ignoranza. Errò per ave– re preso come punto di partenza un'ipotesi - la pace negoziata dall'"Eu– ropa" - che l'esperienza doveva smentire. Se la sua aspettazione si fos– se avverata, chi lo critica perché commise l'" errore" di non chiarire fin da principio le sue esigenze, lo eleverebbe oggi al cielo prpprio per quella sua astuta e fortunata abilità. Salandra nelle sue memorie fa osservare ai "facili sentenziatori del poi" che nel principio del 1915 "i lineamenti e i prospetti della situazione futura si potevano prevedere solo con uno sforzo di fantasia politica sogget– ta ad ogni maniera di fallacia... A chi giudichi di un atto di guerra o di un'azione diplomatica, dopo che se ne sono visti per molti anni gli effet– ti, parrà sempre che si sarebbe dovuto fare, in tutto o in parte, diversamen– te... Non io, quindi, negherò che errori ed omissioni vi siano nell'accordo dell'aprile 1915 ... Mi limito a soggiungere che non è equo giudicare gli uomini del 1915 soltanto alla stregua delle esperienze accumulate fino al 1919. 118 Non vi ha errore di uomo politico che non possa essere giustificato con argomentazioni di questo genere, perché tutti gli uomm1 politici sono messi di fronte a eventi complicati e non calcolabili con le bilancie alla 8 L'Intervento, pp. 77-8, 187-90. 554 BibliotecaGino Bianco

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