Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quin!_!l, quell'isola caduta in piena anarchia. L'ufficio di mantenervi l'ordine fu affidato ai carabinieri italiani che vi lasciarono ottimo ricordo di integrità ed umanità; e quando arrivò il momento opportuno, l'isola passò sotto la sovranità della Grecia senza quasi che nessuno se ne avvedesse. Nel 1904 lo stesso Concerto delle Potenze prese sotto la propria amministrazione la 11:acedonia, che sotto il vecchio regime turco era tormentata da lotte feroci. Dal 1904 al 1908 quell'infelice paese godé di pace e di benessere. La ri– voluzione dei Giovani Turchi, nel 1908, mise fine all'amministrazione in– ternazionale e ricominciarono gli orrori. Con la guerra. balcanica del 1912 il dominio turco venne a cessare non solo nella Macedonia ma anche in Albania. Questo era il momento per introdurre in Albania un'amministra– zione internazionale analoga a quella che aveva fatto buona prova in Cre– ta e in Macedonia pochi anni prima. Alcuni milioni annui contribuiti da. ciascuna delle Grandi Potenze per le truppe d'occupazione e per l'impianto dei primi servizi pubblici, avrebbero risolto un problema di umanità e si– stemato una pericolosa zona. di frizione nella politica internazionale eu– ropea. Ma un diplomatico, che avesse buona. volontà é immaginazione e sentisse di dover lavorare a diminuire e non ad aggravare i dolori della po– vera gente, sarebbe l'ottava. meraviglia del mondo. Diplomatici inglesi, francesi, tedeschi e russi trovarono che era utile abbandonare quel paese al governo di Vienna e a quello di Roma, perché vi si accapigliassero a vo– lontà. Quando scoppiò la guerra europea, e i governanti italiani comincia– rono a pensare alla eventualità di muover guerra all'Austria, non si trovò fra essi una sola persona che concepisse l'idea di approfittare di questa occasione per sostituire in Albania. al dualismo italo-austriaco che era riusci– to disastroso, o ad una amministrazione internazionale che oramai era diven– tata impossibile, data la mentalità prevalente fra i diplomatici di tutte le Grandi Potenze, un protettorato italiano che compisse in quel paese opera di pace e di civiltà. Non sarebbe stata questa una impresa. superiore alle forze dell'Italia, e sar~bbe stata degna di un popolo generoso e buono. Qualche decina di milioni all'anno spesi nell'organizzazione del paese, e una. risoluta difesa della indipendenza albanese contro le insidie e gli as– salti dei serbi e dei greci, avrebbero rappresentato per l'Italia un fruttuoso investimento di capitali e una non disprezzabile fonte di prestigio morale. Lo stesso problema della baia di Vallona non poteva essere risoluto semplicemente occupando Vallona e l'isoletta. di Saseno. Bisognava orga– nizzare alle spalle di Vallona l'intero paese, perché questa base navale non corresse rischio di essere assalita dalla parte di terra, cadere in mano altrui e diventare una minaccia per l'Italia. San Giuliano e Salandra dinanzi alla. guerra europea non pensarono che ad occupare Vallona sotto il naso del Gabinetto di Vienna ridotto all'im– potenza. Sonnino sbranò l'Albania: un pezzo ai serbi, uno ai montenegri– ni, uno ai greci, Vallona all'Italia, e il resto regolato con un'autonomia che ' 536 BibliotecaGino Bianco

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