Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

. La diplomazia italiana nella guerra mondiale gli Absburgo dovrebbero cedere alla Casa di Savoia ì territori italiani incorpo– rati nel loro impero. I democratici, sotto l'influsso di Mazzini, respingevano energicamente questa soluzione del problema nazionale. In quarant'anni di propaganda tenace Mazzini sostenne il principio che non bisognava in alcun modo favorire un'espansione dell'impero austriaco in nessuna direzio– ne, ma bisognava mirare a smembrarlo nei suoi elementi nazionali, riven– dicando all'Italia i territori italiani. Nel 1859 il governo di Vienna abbandonò in Italia la Lombardia, e nel 1866 il Veneto. Ma continuò ad occupare il Trentino, infilato çome un cuneo tra la Lombardia ed il Veneto e abitato da una popolazione del tutto ita– liana; le città di Gorizia e di Trieste, nelle quali la maggioranza era italiana e la minoranza era slava, e che erano per cosi: dire assediate da una popola– zione rurale slava, e l'Istria, le cui città sul mare erano in maggioranza ita– liane, mentre le minoranze cittadine e le popolazioni rurali erano slave. Questi territori formavano l'" Italia irredenta" l'"Italia non liberata." Quello che la Lorena e l'Alsazia erano per il sentimento nazionale francese dopo il 1870, il Trentino e l'Istria erano per il sentimento nazionale italiano. Trieste era la Strasburgo e Trento era la Metz dei patrioti italiani. Numerosi ita– liani, soprattutto quelli delle classi intellettuali, si rifugiavano ogni anno in Italia dai territori soggetti all'Austria, vi trov_avanooccupazione nelle scuole, nell'amministrazione, nell'esercito, nel giornalismo, e vi mantenevano vive le tradizioni antiaustriache del Risorgimento. I piu prendevano parte alle ma– nifestazioni irredentiste come rappresentanti dei territori ancora separati dalla patria. La storia del Risorgimento quale si insegnava nelle scuole, era la storia di una lotta continua contro l'Austria. Il sentimento irredentista era un fattore permanente del sentimento nazionale. Dall'altra parte, la struttura dell'impero absburghese aveva res1st1to te– nacemente alle prove del 1848, del 1859 e del 1866. Quel movimento rivolu– zionario delle nazionalità tendente a smembrare l'impero, che Mazzini aveva vaticinato, non si era manifestato. Lo sfasciamento dell'impero per disgre– gazione interna o per assalti di forze esterne sembrava una chimera. Gli uo– mini di governo italiani non potevano sfidare l'Austria con le sole forze del loro paese, né avevano alleati su cui contare per una guerra contro l'Austria. La politica di buoni rapporti col governo di Vienna era una necessità a cui nessun uomo di buon .senso poteva sottrarsi. Ma essi, non potevano neanche ignorare le esigenze del sentimento nazionale. Quegli stessi che deploravano le dimostrazioni irredentiste perché suscettibili di compromettere la pace fra l'Italia e l'Austria, non avrebbero ammesso che si abbandonasse per sempre ogni rivendicazione sulle terre italiane ancora annesse all'impero austriaco. Tutti erano d'accordo nel giudicare che presto o tardi il governo di Vienna dovesse cedere all'Italia il Trentino e accordarle alcune rettifiche della fron– tiera verso Trieste. Quanto alla conquista di Trieste e dell'Istria, questa sem– brava un sogno irrealizzabile, a meno di un cataclisma europeo. Perciò rifiu– tavano la dottrina mazziniana della lotta fino alla fine per lo smembramento 457 BibliotecaGino Bianco

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