Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza to espresso che li obbligava all'accorçlo preventivo, e il governo austriaco ri– vela di non avere nessuna intenzione di rispettare il patto che lo obbliga ai compensi per ogni nuovo acquisto balcanico. Cadono cosI nel nulla tutti i vantaggi espressi e sottintesi, in previsione dei quali il governo italiano ha nel 1912 rinnovata la Triplice. Per rimanere nella Triplice, sulla fine di lu– glio e sui primi di agosto del 1914, il governo italiano non ha piu che una sola ragione: evitare la inimicizia degli alleati. È un ritorno puro e sempli– ce alle condizioni giuridiche del 1882, come se le stipulazioni del 1887 non fossero esistite mai. Ma le condizioni di fatto del 1914 non sono quelle del 1882. Gl'imperi centrali sono in guerra con Francia, Russia, Inghilterra, Serbia, e sono minacciati dalla Romania. Finché l'idolo tradizionale della invincibilità germanica signoreggia le m,enti, i governanti italiani non osa– no denunciare la alleanza. Quando la battaglia della Marna spezza l'idolo, e la preoccupazione per una rappresaglia austro-germanica viene meno, allora nessun'altra forza rimane ad alimentare l'alleanza: né speranza di profitti equivalenti ai rischi, né pericolo di vendette che non si possano evitare con la guerra. Arrivata a questo punto, l'alleanza non può che naufragare e cedere il passo alla guerra. Studiando questa storia di mezzo secolo, io ho continuamente parlato di equilibrio, compensi, sfere d'influenza, garanzie, alleanze, intese, assicurazio– ni, controassicurazioni, e cosI di seguito. Non ho mai discusso se queste pa– role ·rappresentino una utilità reale per il genere umano, e se esse siano fantasmi mostruosi ma senza consistenza, ai quali noi sacrifichiamo stolta– mente denaro e sangue. Per conto mio, confesso che studiando la storia della diplomazia europea durante questi cinquant'anni, ed osservando imperatori, re, presidenti di repubbliche, ministri, ambasciatori - italiani, inglesi, fran– cesi, tedeschi, austriaci, russi - tutti affaccendati a firmare trattati, scambiar note, negoziare accordi, concordare dichiarazioni, moltiplicare assicurazioni e contro assicurazioni; e - dopo mezzo secolo di questo lavoro - un bel giorpo, una mezza dozzina di sciocchi criminali butta per aria questo ca– stello di carte, travolge nella morte dieci milioni di uomini, e altr~ttanti ne storpia o ne ferisce; e, durante la guerra, e finita la guerra, i diplomatici con– tinuano sempre a firmare trattati, scambiare note, negoziare accordi, concor– dare dichiarazioni, moltiplicare assicurazioni e controassicurazioni; - io confesso che dinanzi a questo spettacolo mi pare di visitare un mostruoso ma– nicomio internazionale. Ma a chi visita un manicomio, capita spesso di do– mandarsi se i pazzi sono quelli che stanno dentro, o quelli che stanno fuori. Per ciò potrebbe darsi che il pazzo fossi io. Questa domanda sarebbe estranea all'ufficio dello storico, il quale deve osservare i fatti puri e semplici. Queste idee di egemonia, di equilibrio, di in– fluenza, di potenza, sono fatti reali: se utili o dannosi, è problema morale e politico, non problema storico. Lo storico deve considerare queste idee con spirito obiettivo, in quanto sono forze attive nella storia. Può, come morali- 432 BibliotecaGino Bianco

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