Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 mondo la piu orribile guerra in diretto contrasto con i nostri interessi e coi nostri senti– menti, si distruggeva l'equilibrio, che l'alleanza doveva servire ad assicurare. I governanti italiani, dunque, avrebbero potuto protestare contro la vio– lazione del trattato, disdire senz'altro l'alleanza, e rivendicare la propria li– bertà d'azione per l'avvenire. Essi presero un'altra via. Alle prime notizie ricevute da Belgrado, Di San Giuliano diventò preoccupato e nervoso. Prevedeva che la iniziativa austriaca si sarebbe trovata a contrasto con le correnti spontanee della opinione pub– blica italiana. Disperava di poter "continuare la sua politica di vera amici– zia." Mandava istruzioni ai rappresentanti italiani presso le corti di Pietro– burgo e di Belgrado, perché incoraggiassero quei due governi alla resisten– za, sperando che una loro attitudine risoluta prevenisse l'azione dell'Austria contro la Serbia. Nella conversazione del 21 luglio, con Merey, raccomandò un'attitudine conciliante, essendovi ben poco da ottenere con una tattica di umiliazioni e di violenza; promise di appoggiare le domande austriache a Belgrado, "se fossero state tali da poter essere legittimamente accolte"; in caso diverso, avrebbe avuto contro di sé tutto il paese, che era liberale, si compiaceva di ricordare le sue origini rivoluzionarie, e aveva simpatia "per le manifestazio– ni di nazionalità dovunque si manifestassero"; "l'Italia desiderava un'Austria forte, ma quale essa era allora, senza nuovi ingrandimenti territoriali"; questi "sarebbero stati considerati dannosi all'Italia." Fermandosi su questo punto, Di San Giuliano domandò a Merey se poteva comunicare alla stampa la di– chiarazione che il governo di Vienna non aspirava ad annessioni territoriali. Merey subito rifiutò, anzi aggiunse "come informazione confidenziale, che se non c'era l'intenzione" di acquisti territoriali, questo non era un "impegno." Il 24 luglio, quando il testo dell'ultimatum fu comunicato a Roma, Di San Giuliano, discutendone con l'ambasciatore tedesco, Flotow, protestò che "lo spirito del trattato della Triplice Alleanza avrebbe imposto agli alleati di intendersi fra loro, prima che l'Austria assumesse una iniziativa cosf gra– ve"; e affermò "in tono eccessivamente irritato," che "il passo austriaco ver– so la Serbia era né piu né meno che un atto di aggressione, mentre il trat– tato della Triplice era puramente difensivo." Ma da queste evidenti osserva– zioni di fatto non dedusse la conseguenza che l'ultz·matum avesse violato il trattato di alleanza, e annullasse l'alleanza. Si limitò a dichiarare che il "go– verno italiano non si riteneva responsabile per le conseguenze dell' ultz·matum; se la Russia fosse coinvolta nel conflitto, non sarebbe nato con questo il casus foederù con l'Italia, e l'Italia sarebbe rimasta passiva." Di San Giuliano, insomma, considerava la iniziativa di Vienna, non co- m " . " " " 1 . d' 1 h ·1 e contrana, ma come estranea a trattato, e qurn 1 ta e c e 1 gover- no di Vienna dovesse affrontare le conseguenze a suo totale rischio e peri– colo, dal mom~nto che nessun accordo al riguardo aveva precedentemente im– pegnato il governo italiano. 397 BibliotecaGino Bianco

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