Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 bligato il governo di Vienna a rispettare l'articolo VII della Triplice Allean– za. Di San Giuliano, invece, non avendo fiducia nella solidità della Triplice Intesa, abbandonava la politica di equilibrio, e si sbilanciava verso la Triplice Alleanza. Ruppe la Intesa, che Tittoni aveva conchiuso nel 1909 col gover– no russo e scosse a fondo le intese, che Prinetti aveva conchiuso con la Francia e con l'Inghilterra nel 1902. Ma non riusd a rendere produt– tiva l'alleanza dell'Italia con gli imperi centrali. E non poteva riuscire, per– ché quanto piu si allontanava dalla Triplice Intesa, tanto piu si indebo– liva nella Triplice Alleanza. Faceva come chi rinunzia a tutti i propri amici, si chiude da solo a solo in una stanza con l'avversario piu forte di lui, ed aspetta che il piu forte non abusi della propria forza. Certo, egli non poteva p.on vedere i pericoli della situazione squilibrata, in cui si avventurava. Ma amava i calcoli complicati e le situazioni ambigue, in cui potevano svilupparsi le sue capacità brillanti di improvvisatore super– ficiale. Sperava che le circostanze lo avrebbero aiutato. Quando il governo di Vienna avesse avuto bisogno dell'aiuto italiano per realizzare le sue am– bizioni balcaniche, allora il problema dei compensi sarebbe sorto,-e gli amici di Vienna avrebbero consentito ai compromessi necessari. Chi avrebbe avuto miglior filo, avrebbe tessuto miglior tela. Con questa politica di giocatore d'azzardo egli incoraggio i governanti di Berlino e di Vienna a tentare nel 1914 il colpo della guerra. Quando l'ul– timatum di Vienna contro la Serbia spalancò la voragine, e l'intervento della Inghilterra a fianco della Francia apparve sicuro, allora ritornò subito sui suoi · passi, e si riafferrò alle Intese del 1902, che egli aveva indebolite, ma che per sua fortuna erano ancora vive. Ma il male, che la sua politica equivoca ed instabile poteva produrre, era ormai prodotto, ed era irreparabile. In quelle che si debbono considerare come le responsabilità indirette della guer– ra mondiale, cioè in quel groviglio di intrighi, menzogne, sospetti, minacce, stupidità da cui proruppe la guerra del 1914, il marchese Di San Giuliano ha senza dubbio una parte non secondaria. Era profondamente imbevuto di quella Realpolitik, che gli imperialisti inglesi, i militaristi tedeschi e i nazionalisti francesi avevano teorizzato e mes– so di moda nell'ultimo decennio del secolo XIX e nel primo decennio di questo secolo. E sognava ad occhi aperti, come avviene sempre a questi " 1· . " d ' rea 1st1, quan o non hanno vero ingegno. Nella sua gioventu aveva assi- stito alla crisi orientale e al Congresso di Berlino. Cairoli, volendo allora giu– stificare la propria azione, si era vantato di essere uscito dal congresso "con le mani nette." Siccome Cafroli era uno stupido, la "politica delle mani net– te" divenne in Italia un detto proverbiale per indicare la politica della stupi– da ingenuità. Di San Giuliano aveva il terrore delle "mani nette." Pur di non tenerle nette, le avrebbe tenute vuote. Era uno spirito piu sottile che s~lido, piu inquieto che agile, piu torbido che profondo. Aveva male ammi– nistrato in gioventu il patrimonio privato: era difficile che amministrasse be– ne nella vecchiaia gli interessi del suo paese. 379 BibliotecaGino Bianco

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