Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 Tutti furono contenti di scaricare sulle spalle di Corti, nominato primo pleni– potenziario, l'intero peso delle imminenti responsabilità. 3. Il Congresso di Berlino Nelle conversazioni, che preparavano le sedute ufficiali del Congresso di Berlino (13 giugno-13 luglio 1878), le parti, riguardo alla questione della Bosnia, erano cosf distribuite: i plenipotenziari russi se ne disinteressavano, impegnati com'erano dal trattato di Reichstadt e dagli accordi con Londra; gli austriaci facevano il viso di considerare le occupazioni della Bosnia come una tegola eh.e capitasse loro sul capo, e per la quale l'Europa dovesse dare all'Austria... dei compensi; gl'inglesi e tedeschi si davano un gran da fare per convincere gli austriaci a fare un sacrificio cosf grande per il bene dell'Europa. Bismarck, però, non era senza inquietudine sul resultato della rappre– sentazione. Qualche incidente imprevisto poteva mettere i plenipotenziari russi nella necessità di puntare i piedi e interrompere il Congresso con la ripresa della guerra. L'attitudine del governo francese non era ancora defi– nitivamente fissata. Una domanda di compensi da parte dei plenipotenziari italiani poteva arruffare la matassa ed incoraggiare eventuali resistenze dei russi. Il cielo, per quanto riguardava gl'italiani, cominciò a schiarirsi nel primo colloquio fra Bismarck e Corti, .il 13 giugno. Bismarck - scrive il terzo plenipotenziario germanico, Radowitz - aveva aspettato non senza preoccupazioni l'arrivo dei delegati italiani, perché si diceva che si sarebbero presentati con domande di compensi per la loro collaborazione alla pace europea. Tali richieste avrebbero rappresentato una nuova difficoltà, non superabile con trattative, data la situazione. Perciò Bismarck ebbe una gradita impressione, quando il conte Corti, nel primo colloquio privato, dichiarò che si sarebbe astenuto da siffatte domande, e che avrebbe messo semplicemente la sua opera al servizio della pace, ciò che lealmente fece. Ricordo che Bismarck dopo il colloquio, entrò con Corti nella grande sala del Convegno e mi disse a bassa voce. "Ma è un omino molto a modo, bisogna trattarlo bene! " 17 E fece a Corti, durante il Congresso, tutte le cortesie possibili. Corti - scriveva Beaconsfield alla regina Vittoria, il 19 giugno 1878 - è il favo– rito di Bismarck, che gli parla senza sottintesi, come ambasciatore di uno Stato quasi centrale, è il confidente di tutti. 18 Naturalmente, alle cortesie personali si accompagnavano le prediche piu o meno amichevoli. Durante un ricevimento, innanzi alla tavola dei rinfreschi, Bismarck, ritto sulla sua persona gigantesca, diceva al Corti piccolino piccolino: 17 RADOWITZ, Aufzeichnungen und Erinnerungen, II, pp. 29-30. 18 BucKLE, Life of Beniamin Disraeli, IV, p. 323. BibliotecaGino Bianco 255

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