Giuseppe Mazzini - Dubbio e fede

4 quali egli avea dato il fiore de' suoi affetti come a fide compagne nella sventura, lo abbandonavano fraintendendolo, e recando ad orgoglio dell'io, o a vana idea della mente, la croce ch'Egli portava per la Patria e per la Umanità. « Quand'io » , Egli dice, « mi sentii solo nel mondo, solo, fuorchè colla povera mia madre, lontana · e infelice essa pure per me, m'arretrai atterrito davanti al vuoto. Allora, in quel deserto, mi si affacciò il Dubbio». Com'Egli, presso a smarrirsi, sentisse che la idea, che gl'illumjnava la mente, non era la sua idea, ma il termine sacro, prescritto dalle sciagure di cento generazioni al suo dovere, al dovere di tutti: e come, a proseguirlo sino all'estremo, Egli, giovane, e caldo d'affetti, e privilegiato di facoltà, che avrebbero potuto acquistargli rinomanza e vita tranquilla nel mondo, consumasse il sacrificio d'ogni gioia e d'ogni speranza individuale, è qui espresso con parole, che hanno virtù d'inalzare lo spirito, dalle lacrime delle cose mortali, alla serena austerità del martirio. Le meditino quelli fra gl'italiani, che serbano, fra le odierne miserie, il presentimento di migliori destini, e contemplino in esse un altissimo documento di morale dottrina, incarnato nel dramma segreto della vita di un uomo. Sgorga dalle medesime tutta una Filosofia, o, per dir meglio, una Religione in atto: ed è la vera. Non esiste morale senza il concetto di un Fine della vita, indipendente dalle utilità della vita stessa, e dslle sodisfazioni dell'individuo. Non esiste morale, dove l'uomo guardi, nelle sue opere, non a ciò ch'egli deve alla parte di Bene, che gli è assegnata per còmpito nell'armonia dell'Universo, ma al frutto che, qui o altrove, ora o poi, gli possa esser dato di coglierne. La vera virtù è la virtù che non attende ricompensa.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==