Volontà - anno XX - n.8-9 - agosto-settembre 1967

tasia: soltanto che quella dc! bambi– no è, ovviamente, meno distinguibile dalla realtà. L"Qzioe il gioco non sono inallività, come comunemente si cre– de, ma soltanto attività spontanee. Da queste sono nate le grandi creazioni dello spirito, del pensiero e dell'arte. Il pensatore, il pittore e il poeta, che restano lunghe ore in contemplazione e in disordine, non sono in 1..1zioma in istato di profondo impegno. Il lavor0, im,ece, è ogni attività costriuiva, che si risolve in una ripetizione contimia di atti e di gesti e mollo spesso con– traria alle effettive capacità cd inclina– zoni dei soggetto. Esso ha tupo il sa– pore di una « maledizione del cielo » e di una condanna, anche se altrettan– to spesso si finisce per abituarvisi. Il gai·zoncello, costretto ad una routine a– sfissiante dalla povertà e dalla cattive– ria, tende a «deviai-e», concedendosi diversivi col cQetam:o che incontra per cuso: infelice! Gli adulti lo richiamano bruscamente ad un dovere che egli ncn ha mai accettato. E tuttavia, tutto ri• mane un gioco o un surrogato del gio– co. I più acceltano il gioco impostogli dall'ambiente: solo pochi, perchè nati privilegiati o perchè più furbi degli al– tri, vi si sottraggono. Si osservi come le simpatie politiche hanno molta analogia con il « tifo spor– tivo». Successive differcnz..! sono date dall'ipocrisia e dal grado d'jpocrisia. I grandi della politica « giocano al pote– re» e puntano suila disponibilità delle masse e sulla facoltà di disporre degli altri, una volta investiti di potestà go– vernativa, come di strumenti dì aggres– sione, voglio dire come mezz:i di guer– ra. E per rendere più agevole il loro gioco, sventolano degli ideali a cui es– si stessi non credono. E in fondo il gioco preferito dai più è quello della 472 violenza, che maggiormente riporta al– la « lotta per l'esistenza». Nella veste di agente dell'ordine o di un esecutore dell'ordine, l'uomo attua il sua natu– rale istinto di violenza. Ecco che cosa è successo: la violenza, passando dalla giungla alla civiltà, anzichè trovare del– le vie di scarica ,si è semplicemente agguerrita d'ipocrisia, con tutte le pos– sibili implicazioni di quest'attributo ti– picamente, ma non esclusivamente, ci– vile. Le proibizioni e i comandamenti non hanno alcuna radice morale, ma solo e semplicemente la matrice delh « economia della violenza». JI buon co– stume e il sentimento comune, due «principi» cui spesso si ~'.ente ricor• rerc da parte dei cosidet~i pubblici po– teri, sono delle menzogne solenni e nient'altro. TI risultato di questo è un « uomo artificiale», un essere assurdo che sogna la libertà della foresta e vi– ve come una macchina. Ora, se una morale è pQssibile, essa è solo quella che favorisce il bene del• l'uomo, voglio dire il « gioco della fe– licità». Eccoci riportati alla fonte del– la storia ...: l'uomo non fa che giocare e per essere felice ed esclusivamente per questo. E finchè nQn riesce a sepa– rare - distinguendosi nettamente dal bruto - tale gioco da quello della vio– lenza, sono inevitabili, da un lato, la ridicola serietà dei conformisti (degli adulti), dall'altro, la seria bizzarria de• gli anticonformisti. Il beat è un pro• dotto di «questa» società: i due fatti, apparentemente inconciliabili, si com– pletano. Il beat è, quindi, un fenomeno cli compensazione, ma non esprime perciò stesso un modello sostitutivo di vita. La compensazione di fatto va ricerca– ta nella sintesi, cioè nella totalità delle opposte forme d'esistenza, r.on già nel

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