Volontà - anno XX - n.6 - giugno 1967

l'appello di 'tulli' quegli 110111i11i che, operando al vertice, dicono di volere la pace. U,w seria iniziativa di pace 110n può davvero esaurirsi uei limiti ristrelli di questa o quella «perso11alità», di w1 a111basciatore o di un altro, di questo o di quel paese. Se la mediazio11e riesce, a volte, a scongiurare il pericolo di una guerra, non è la mediazione i11sè e per sé che ha (allo scansare il rischio del conflitto annata, 111a é l'inte– resse delle ,1parti1, i11 a11ri10 che decide per la co111i11uazio11e di un successivo periodo di pace. Come spiegare diversa111e111ela sussisten– za di focolai di guerra che, a11che al walmente, sussistono e si propa– gano? I governi, tlllti i governi 11011 posso110 che essere 'complici' quando /'«interesse» al mantenimento del/ti pace è com!!ne; la complicità ces– sa solo qua11do ragio11i di discordia intervengono e, sospesa la compli– cità, l'urto avviene e deflap..ra il co11flitto. Twti gli Stati so,io vere e proprie societ.fl «leo11ine», in c11i i rapporti di equilibrio sono affidati alla forza, o alla paura o alla spartizione della preda; essi costituisco– no, una ve':-a«internazionale» (del potere), in qll(mto, per essi, 11011 esi– c;tono frontiere, patrie, divinità (parole di cui si servono solo per te– ner bu011i i popoli sollo il loro tallo11e), giacchè, quando 11110 di esso sa di essere più forte degli altri, delta condizione, diventa predatore e fa strame di wtte le ideologie, anche di quella di cui si era servito per giungere alla potenza in cui si trova. Gli Stati t11tti, e, per essi i governi, debbono, per 11ecessità di sus– sistenza, predicare la pace,. ma debbo110 altresì armare questa «loro» pace, che "11011può 11011"essere i11stabile ed assoggettata al gioco com– plesso della «ragion di Stato», della supremazia politica od ideologica, cioé al co111plesso gioco degli interessi del capitale e riel militarismo, protenore del primo. I popoli del 111ondo, minacciati direttamente od i11dire1ta111e11te nelle loro vite di singoli. 11011 possono certamente essere complici degli alti turiferari di una pace arnulla che, in definitiva, è llll costante i11- ce11rivo alla guerra; i popoli possono e debbono opporre alla compli– cità degli Stati la "solidarietà" reciproca da tradurre i11un'azione co- 111w1e, dirella appunto contro "tlllti" gli Stati, ww solidarielà che divenga forza 11101ricesulficiewe ed awonoma per alleggerire tutte le cosiddeue «te11,sioni», e per porre fine alle «crisi» ricorrenti che porta– no /'11111a11ità sulla soglia della distruzione. O. SERGI 323

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