Volontà - anno XX - n.4 - aprile 1967

finirle inulili è dir poco. giac·,.:hé le dette istituzioni tarpano atti,·amente IC' ali della mente e !"assoggettano a <·rC'dNe in errori gfa C'Onosciuti co– me tali. Opportunamente ;. stato !,pC':,!:iO ri– Jp,•ato ('he l'insegnamento imp.utito nPlle 11ni\'ersità od in altre s<:uole pubbli<:he procede con almeno 1111 se<'olo di ritardo rispetto alle l'ono– sccnzc <'he possiedono alcuni n1em– hri della stessa societI\. Dal momen– to in C't1i un !)istema prt.•nck- forma i::.tituzionale. esso acquista M1bito q11esta inconfondibile caratteri!)tica: la paura dC'lle riforme. dei mutamen– ti. E !:il! alcune \'Olte 1111 , iolt•nto M·ossone obbliga i sostenitori uffì– ciali di un caduco sistema filosofì('o ad a('<'l'llarne un ahro meno n11tiqua– to. anche in questo caso essi si scn– tir:t,rno atìncrati al seronclo tanto pertin:wemente quanto lo furono :ti , ('('('hio. Il progresso intellcttuai(~ au– tentico C':,ige dw le menti la\'orino il più agilmente possihil(• J)('r rag- 14iungNe il li, elio delle conoscen– Z<' gi;\ in :tlto tra i membri più illu– minati della comunitll, e perché. par– ll'ndo da queste. ricerchino e rag- giungano ulteriori (•onquiste. ~ l.'insC'gnamento pubblico ha PL'rÒ !)pt•rpNalo sempre le migliori ener– gic> nel sostenere il pregiudizio; in~ n•ce d'inculcare nei discenti la fonrn di sollomettere ogni affennnzione alla prO\·a della ragione e dei fotti. h:1 im,(•gnato loro l'arte di difendere dottrine pre, iamente stabilitc. Che !)Ìstudiino pure Aristotele. Tommaso d'Aquino. Bellannino o Cole. ma ~olo allo sc·opo di scoprire i loro pos– !)ibili t'rrori e non gi~l con la 1>redi~ sposizione di adeguare il nostro pen– siNo e l11lle le assurclit:1 in c-ui essi 232 !,OllO incorsi. La c-aratleristit'a della mente è ap– punto la !)Ila (•apacilil di rnigliora– mt:-nlo. Un uomo rinuncia al suo mi– glior attributo nel momento in cui si adagia su princìpi che la sua co– scienza attualmente ripudia. anche se essi. in passato. ernno da lui rite– nuti giusti; questo uomo cesserà di ,·ivere intellettu:tlmcnte dal momen– to in cui sbarra a sé stesso la ,,ia del– la rirerca: non vi sad1 più l'uomo. rna la par\'enza dell'uomo che fu. Non c'è nulla di pili insensato che porre uno sbarramento tra quanto si crede e le ragioni obiett i,·e dalle quali dipende la ,·alidità di ciò in eui si crede. Se perdo la capacità cli pro,·are l'evidenza di quelle ragioni. la mia convinzione divern\ null'altro che un giudizio. Influidl sopra le mie azioni rom(' un pregiudizio. ma 11011 poi rà \'ivifìc·arle come una reale apprensione della verit:,. La diffe– renza esistente tra un uomo guidato dal pregiudizio ed un altro che con– sen·a l'integrale libcrtà di pensiero t'--· la stessa differenza che passa tra la \'iltà ed il coraggio. L'uomo che è. nel senso migliore. un essere in– tellettuale, si compiace di rivedere costantemente lC' ragio11i che lo han– no spinto verso una determinala con– ,·inzione, di ripeterle ai suoi simili. anch'essi suscetlibili di convinzione. conferendo così ad esse maggiore consistenza e. nello !:itesso tempo. al proprio sapf're; quell'uomo sarà an 4 che sempre ben disposto ad accetta– re dcl!e obbif:'zioni giacché non sen– te la ,·anitI, di consolidare 1111 pre– giudizio. Colui d1e sari, incapace di realizzare un simile ulile proponi– mento non potrì, compiere mai alcu– na azione meritoria.

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