Volontà - anno XX - n.3 - marzo 1967

bile con altri, con un destino suo inalienabile e irredimibile, l'orfano del creato, lo sputato nel mondo, lo scacciato dal paradiso terrestre, l'an– gelo senz'ali e la povera scimmia malata, il gran colpevole d'essere na– to, l'uomo la cui sorte è di essere infelice. Da questa sorte han cercato liberarlo filosofie e religioni, innumeri sforzi individuali e sociali in ogni secolo e per ogni terra. Coronato o no dl successo, il processo di questa liberazione consiste nell'estirpazio– ne, o nella paralisi più o meno completa, della radice del suo male in quella ch'io voglio chiamare la sua « ipseità ,, e cioè l'autonomia del suo volere, quel qualcosa che lo separa dal tutto e da ogni altra cosa, cen– tro motore indipendente, pesce che si muove a colpi di coda e di pin– ne, e non sughero sbalottato dall'onde o trascinato da una corrente. L'annichilamento della volontà, la sua fusione con una supposta volontà divina, il sÙo assorbimento nell'immobilità dell'Essere, il per– dlmento nell'amore dei propri simili o d'un'altra singolare persona, lo oblio di sé nel lavoro e nelle soddisfazioni dell'istinto senza lume d'intel– ligenza, nella resa a questa o a quella entità collettiva, partito, tribù, mafia, nazione, ecco quanto come rimedio alla condizione umana fu proposto da mistici, da flloso.fl, da poeti e da santi, nonché da scroc– coni che i frutti della vita spirituale macerano per trarne profitti ma– teriali. Ma dalla felicità cosl promessa l'uomo del sottosuolo non si la– scia ingannare, ma si pone la seguente • oziosa domanda,: val me– glio una felicità di bassa lega o un'esaltata sofferenza? Anticipando Nietzsche, Dostoievschi risponde schietto schietto che l'uomo non vuo– le la felicità, ad ogni modo non a costo di quanto gli è più caro, la sua ipseità, coscienza e sofferenza, la sua libertà. D'accordo, dice Dostoievschi, l'uomo cerca di regola ci6 che gli gio– va, • ma vi ripeto per la centesima volta, che c'è un caso, uno solo, in cui l'uomo può di proposito e coscientemente desiderare per sè ciò ch"è dannoso e stupido, persino stupidissimo, e questo a fine di avere il di– ritto di desiderare per sè quanto v'è anche di più stupido, e di non es– sere obbligato a desiderare per sè solo ciò ch'è sensato ... Il corso d'azio– ne irragionevole e nocivo ch'egli in tal caso si sceglie è una garanzia di salvezza per quanto gli è più caro e importante, vale a dire la per– sonalità sua e la sua individualità,. Cosi Dostoievschi sottolinea il carattere irrazionale della libertà, perché la libertà non è più libertà, ma necessità, se esclude il diritto di agire senza ragione e contro la ragione. Cosi pure sorge sprezzante con– tro le leggi di natura e contro la matematica che simboleggia nell'ine– luttabile equazione di 2 più 2 uguale 4. e Forse che le leggi di natura cl devono essere care perché sono ineluttabili?,. La stessa eloquenza che animerà la rivolta di Ippolito ne «L'Idiota, già vibra ne « Le me– morie del sottosuolo,. E' inutile dirci che ribellarci contro le leggi di natura è un voler picchiare la testa contro un muro. « O Sant'lddio, l48

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