Volontà - anno XIX- n.7 - luglio 1966

meglio dire, la corrente progressista soltanto fra i pedagogisti, in maggioranza stranieri), impiegarono secoli per rendersi conto, nel ca'-O dei ragazzi, di questo semplice fatto, .già noto agli allevatori dei pili remoti tempi. Inoltre tale conoscenza non è evidentemente giunta neppure a sfiorare il nostro Codice penale, che, con l'articolo 571, si può dire incoraggi i maltrattamenti verso i fanciulli: « chi abusa dei mezzi di correzione o di disciplina a danno di persona sottoposta alla sua autorità o affidatagli per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza, o per l'esercizio di una professione, se ne deriva pericolo di malattia, è punito con la reclusione sino a 6 mesi; se ne deriva le– sione personale la pena è quella delle lesioni ridotta ad un terzo; se ne <leriva la morte della vittima la pena è la reclusione da 3 a 8 anni ». N!.!consegue che i fanciulli possono essere maltrattati in tutti i modi possibili « finchè non ne derivi pericolo di malattia o lesione », clau– sole che si possono eludere con la massima facilità, data l'incertezza della scienza medica, per cui - anche escludendo una vera e propria malafede - le diagnosi si stiracchiano come si vuole. Bambini mal- 1 rnltati in famiglia o in istituti, come si è potuto constatare ancora ultimamente, si ammalano ad es. di tubercolosi, di rachitismo, di tur– be nervose ecc. Si troverà sempre un medico pronto ad affermare che tali malattie si possono verificare anche in bambini allevati con suf– ficienti cure, e che perciò non si può sostenere che il cattivo tratta– mento sia la causa diretta dell'infermità: naturalmente nessuno può sostenere il contrario. Le « lesioni » poi. quando non siano gravissi– me, si possono sempre «alleggerire», incolpandone la costituzione della vittima, o un puro caso. Tutto questo si giustifica - dati i pre– gicdizi vigenti circa i « benefici » della vita in famiglia - sempre in vi.!-la del « bene» dei fanciulli, i quali, rimanendo privi, durante il µeriodo di detenzione dei parenti, delle amorosissime cure di simili genitori-modello, subirebbero, senza dubbio, gravissimo danno! Inoltre si può forse considerare «educatore» chi usa. delle vio– lenz~ ad un bambino? Non credo che nessuno, neppure tr'a i reazio– nari, almeno a parole, oserebbe sostenerlo. Cadono quindi le ragioni dell'educazione per cui si affida un bambino a simili eneq~umeni, co– me cade il motivo della difesa di certi mezzi, usati per conseguire tale scopo. Per non parlare dell'ignoranza dimostrata dal nostro Codice in questo campo, identificando « educazione :& e « correzione », giudi– zio del tutto medioevale, fondato sulla credenza nel peccato originale, e corrispondente al criterio per il quale, un tempo, si fasciavano strettamente i neonati affinchè le gambe crescessero diritte! A simili benefiche disposizioni di legge, bisogna aggiungere che i bambini non svno in grado di difendersi, nè di sporgere denunzia: se parlano non sonc, ascoltati, non sono creduti, o vengono facilmente ridotti al si– lenzio. 392

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