Volontà - anno XVIII - n.12 - dicembre 1965

La morale kantiana e l'anarchia N ELLA storia della morale, natural– mente fino a Kant, si è salilo distin– guere: un intellettualismo etico della Gre– cia antica che pone la felicità come scopo della \'ila; un volontarismo trascendente cristiano che considera fine dell'esistenza dell'uomo la conoscenza e l'amore di Dio nella ~ua sopranna1uralità, la morale auto– noma del criticismo kantiano che si fon. da sulla ragione e che non vede altro fine morale oltre al ..dovere per il dove– re,., condannando così ogni sistema di mo– rale che non concepisca la vita stessa co– me dovere. Per Kant i grandi problemi della meta– fisica tradizionale: l'esistenza di Dio, la immortalità dell'anima e la libertà uma– na, dal punto di vista della •Ragion Pura», restano senza soluzione. Ma dal punto di vista della .. Ragion Pratica», l'uomo non può rimanere nel\ 'indecisione: deve sce– gliere tra l'agnosticismo della ragion teo– retica e la fede della ragion pratica. Se con la ragion pura l'uomo non può solle– varsi ollre l'esperienza sensibile, con la ra– gion pratica supera j suoi limiti fenome– nici e si rende partecipe di un mondo noumenico, intelligibile e spirituale. Premessa fondamentale della moralità è, per Kant, la libertà, ossia la facoltà di a– gire senza essc1·c determinato da cause na– turali: essa è la •ratio essendi» della Jeggc morale, anche se questa a sua volta è la ocratio cognoscendi» della libertà. Invece le idee di Dio e dell'immortalità non sono condizioni della legge morale, ma soltanto delle condizioni dell'oggetto di una volon– tà che decide e si determina attraverso la detta legge morale. Ecco perchè in que– sta sede crediamo utile soffermarci so prattutto sulla libertà, e non sul problema di Dio e dell'immortalità che nel pensiero 716 kantiano possono considerarsi alquanto margimi.!i e inficiati di fideismo tradizio– nale. La ragione, nel suo uso teoretico, ci può dare solo la conoscenza del fenomeno, ol– tre il quale si perde in antinomie e in con– traddizioni insanabili; nel suo uso pratico essa "si applica ai motivi determinanti della volontà", la quale ha in sè la capa– cità di prodm-re oggetti rappresentati o anche di determinare se stessa cd attuare questi oggetti, indipendentemente dalla suf {icicnza o insufficienza delle possibilità fisiche, secondo la «propria causalità». Ma 1a ragion pura basta a determinare la ,,o,. lontà, oppure- è solo un motivo empirico nella cleterminazione di essa? Detta questione si può risolvere me– diante il concetto di libertà-causalità, co– me c:watteristica della volontà dell'uomo e di ogni essere razionale: e Kant dimostra non solo che « b ragion pura può essere pratica, ma che essa sola, e non la ragione limitata empiricamente, è pratica in modo incondizionato ... Insomma, pcrchè una leg gc sia veramente ,morale, ossia imperativa e categorica e valida universalmente per gli esseri razionali, deve scaturire dalla .-forma», caratteristica fondamentale uni– versale e necessaria della ragion pura-pra– tica, deve cioè «determinare sufficicnte– mntc la volontà come volontà,., prima an, cora che uno ~i possa porre degli scopi di\'ersi dalla pura forma d<.'Ivolere il «do– vere per il <lovere,. o domandarsi se può e come può rcalinare un ~effetto desidera– to». Il carattere della legge morale è la ca– tegoricità: diversamente non è tale man– cando di necessità pratica, ossia di indi• 9endenza da condizioni patologiche. Dire, per esempio, a qualcuno che deve lavora– re e fare economia in previsione della sua

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