Volontà - anno XVIII - n.7 - luglio 1965

può essere impiegalo per gli scopi della virtù, così come un coltello può essere impiegato pé!r gli stessi scopi, ma l'wio non è più libero dell'allro quanto all'og– getto del suo impiego. Il modo cli manovrare un coltello sul suo oggetto, con– siste nell'impulso fisico. Il modo di fare :1gire un uomo consiste nel ragiona– mento e nella pe1·suasionc, entrambi però sono soggetti alla necessità. L'uomo differisce dal coltello allo stesso modo che un candelabro di ferro differisce da uno di bronzo. Esiste un altro modo di agi,·e sull'uomo e consiste nella causa. Nel candelabro questa fon::a si chiama magnetismo. Però la virtù possiede un altro significato per il quale somiglia al dovere. La virtù di un essere umano consiste nell'applicazione della sua capacità in fa– vore del bene generale; il suo dovere risiede nella migliore applicazione possi– bile di questa capacità. La differenza esistente tra j dui termini deve conside– rarsi più di indole grammaticale che filosofica, allo stesso modo che, in latino, bonus, significa buono se riferito a<l un uomo, e hona significa buona se riferito ad una donna. Possiamo concepire ugualmente la capacità di una cosa inani– mata, così come quella di un esseri! animato, quanto alla sua applicazione al bene generale, e scegliere, parimenti, il miglior modo di impiego di detta ca– pacità, nell'uno o nell'altrCl caso. Non esiste tra i due ima differenza essenziale, tuttavia chiamiamo virth e dovere l'uno e non l'altro. Queste parole possono es– sere considerate, in senso volgare, sia di genere maschile e sia di genere femmi– nile, però mai di genere neutro. Se la dottrina della necessità non annulla la virtù, tende però ad introdur– re un grande mutamento nelle nostre idee al riguardo. Conformemente a que• sta dottrina sarà assurdo per un u~mo dire: "'voglio fare», « cercherò di ricor• dare» od anche « farò questo». Tutte queste espressioni indicano chl! l'uomo è o può essere qualcosa di distinto da ciò che le circostanze fanno di lui. L'uo– mo, in realtà, è un essere passivo, non attivo; in altro senso, tuttavia, è suf– ficientemente capace di fare degli sforzi. Le operazioni della sua mente posso– no essere faticose come quelle delle ruote di una macchina che sale sulle falde di un colle, può anche consumare il fulcro della intelaiatura su cui si muove. senza perdere, per questo, nulla del suo carattere dj essere passivo. Se avessi– mo sempre contezza di ciò, il nostre spirito non sarebbe meno ardentemente animato dall'amore per la verità, per la giustizia, per l'umanità, per il bene comune. Avremmo maggiore fermezza e semplicità nella nostra condotta, senza sprecare energie in lotte e lamenti sterili, senza affannarci con infanlilc im– pazienza, osservando maggiormente gli avvenimenti con le loro inevitabili con– seguenze. e dedicati tranquillamente e senza riserva all'influenza delle ampiè concezioni che ispira questa dottrina. Circa i nostri rapporti con gli altri uomini, nei casi in cui potessimo con• tribuire ad istruire e perfezionare la loro mente, dirigeremmo loro i nostri con– sigli ed i nostri insegnamenti con raddoppiata fiducia. Coloro che credono nel libero arbitrio non possono che nutrire scarse speranze quando esortano e cor– reggono i loro discepoli, i quali pensano che la più chiara dimostrazione della verità è imponente quando urta con l'arbitraria ed indisciplinata facoltà della 423

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