Volontà - anno XVIII - n.7 - luglio 1965

modello che giu::.tìfìca una cena politil.:'a cd un certo concetto della politica. lo voglio 1cntarc di dimos1ran.• il pcrchè li cr~do in errore. So bene quanto sia debole il discorso ragionalo (anche se favori10 da un pò cli rc1orica - ed io non sono un buon retore) quando il prò e il contro inflessibili sono stati ferma– mcn1e slabiliti e la partigianeria assume b violenza che è solita assumere nelle ,!!UCrrccivili. Ma amliamo av:-inti. Incominciando, confesso chi.; mi ci volk· del tempo per all'errare quel che vi è di singolare nella Rivoluzione Cubana. e sono gnto a Davc di avermi co– s1re11O a ripen~are. Sapevo benissimo chL, m un mondo <laminato dagli U.S.A. e dalla U.R.S.S., le aspirazioni socialiste delle piccole nazioni vengono trasfor– mate in strumenti dì politica imperi.\lc - non avevo previsto la portata della dispersione nazionalis1a dei grandi blocchi, che erano allora appena ai primi passi - e sembrava inevitabile che la dipendenza di Cuba dalla Russia avrebbe in breve tempo prodollc gli cffelli coloniali tradizionali. Sebbene le mie sim– patie fossero entusiasticamente per la resistenza all'aggressione economica e militare americana, ritenevo che Cuba fosse più che altro un episodio cd una vittima dcll,1 .. guerra fredd<u, nei confronti della quale sono neutrale, e che le pretcs1.• socialiste non fossero ahro che una maschera della classica conquista dell'assoluto potere statale. Queste valutazioni per qL1anto non errate, erano lungi dall'esrt:re esatte; ma la verità appare ora molto pili complessa. Al giorno d'oggi noi non siamo :ibituati ad uno stato in cui gli individui, an1.ichè le sole istituzioni, esercitano una funzione <significativa o linanco dcci– ~iva. Comunemente noi possiamo analizzare uno stato come una costellazione cli classi socioeconomiche, partiti politici, forze milirnri domestiche o straniere, burocr.vic polilichC' ed economiche, organismi religiosi e così via di seguito. Il dillatore comune governa <;uliti base e come espressione di una (usualmente precedente) struttura di po1ere. Stalin rappresentava la burocrazia del Partito (anche nella sua follia! - io direi), Krnsccv la burnci-azia dirigente, e così via di seguito. Lo stato cubano inve<.:c,per come interpreto il resoconto di Dellin– ger, presenla l'Qpposto insolito fenomeno del paternallstlco e In linea generale benevolo governo di un gruppo di lndh•ldui. li governo è chiaramente. dittato– riale nel ~cnso che il potere legislativo è nelle m:ini ciel gruppo esecutivo do– minan1e; ma la dittatura (! ro1>olare nel duplice scn'ì-O che è benevolmente– intesa e bcnc-ricevuta ed è inoltre altamente personale. Sebbene i precon– cetti teorici (specialmente marxisti) r:ndano difficile vederlo, il rapporto tra Fi. del Castro e le masse Cubane. è, si:condo me, essenzialmcnlc familiare piuttosto che politico. Ed in questo sta, io credo, la chiave dei tratti peculiari della si– tuazione cub,na. (L'analisi marxista standardizzata negherebbe che Castro e compagni sono individui storici identificandoli come rappresentanti di una clas– ~e. ciol: della classe lavoratrice o proletariato. Ciò che deciderebbe in anticipo la rispo~la ~db domanda: H:mno conciuistatc- il potere i lavoratori cubani? Cer– cherò cli dimostrare in seguito che i bvoratori. od il popolo, non hanno nes– sun potae). 392

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