Volontà - anno XVIII - n.5 - maggio 1965

determinazione fu complcla dal prime, momenio cd il motivo che venne succes– sivamente può essere stato un pretesto, rna non la fonte reale dell'azione (2). In ultimo, clcve.osscrv.irsi, con riguardo all'ipotesi d~I libero arbitrio, che tulio il ::.istema viene cos1n.1i10 su una di~linzionc, in cui non esiste differenza alcuna: cioè, Ira le facoltà intellettuali e le facoltà intelle11ive dello spirito. Una filosofia misteriosa ha insegn3to agli uomini che, quando il no~tro giudizio ha percepito che un determinalo scopo era desiderabile, si richiedeva l'intervento di un potere eslranco, allo scopo di mcllere il coq>o in azione. Ma la ragion..: non lrova fondamenlQ in simile supposizione, nè può concepire che non si pro– duca un certo movimento corporale, quando il nostro spirito ha fatto la scelta di un obiellivo ed esiste l'esperienza che <letto obiettivo possa essere raggiunto. Dobbiamo badare sollanto all'evidente significalo delle parole, per comprende.. re che la volontà è - così come è staio dttto, opportunamente - l'ultimo allo della coscienza, uno d~i differenti casi di associazione di idee. Che cos'è, in ef– fclli, la scelta, se non la clislinzionc circa qualcosa che sia increnle o che si sup1>0neessere inerente ad un dcterminatQ scopo? E' la decisione, vera o falsa, che compie lo spirito rispe110 alle co,;;c che si offrono davanti ad esso in un.'.l relazione comparativa. Se è così, U libcrn arbitrio non può essere seriamenle difeso dai filosofi, dal momento che nessuno può immaginare che siamo liberi di sentire o di non sentire l'impressione ricevuta dai nostri sensi, o di credere oppure non credere una proposizione accettala dal nostro intelletto. on sarà necessario aggiungere altro a questo riguardo, sahio un partico– lare relativo alla natura dei benefici che ci deriverebbero dal libero arbitrio, supponendo che questa lihcrlà fosse possibile. Essendo l'uomo, così come ab– biHmo dimostrato, un soggetto guidato d,:\lla capacità di percezione del suo giu– dizio, non si richiede altro, per renderlo felice e virtuoso, che perfezionare la sua focoltà di discernimento. Ma, se l'uomo possedesse una facoltà indipenden– te dal suo giudizio, capace di resistere per semplice capriccio ai più poderosi argomenti, la più perfetta educazione e l'insegnamento più accurato sarebbero completamente inutili. Questa libertà sarebbe il peggior castigo e la peggiore maledizione per l'uomo, sicchè l'unica speranza cli 011enerc un bene duraturo per la nostra specie consislerebbe nel distruggere questa libertà, rendendo più stretto il rapporto Ira la coscienza e gli affetti esterni. L'uomo virtuoso si tr<>– verà sempre so110 il dominio di princìpi fissi cd invariabili, ed un essere simi– le a quello che concepiamo sotto l'idea di Dio, non pot1·à mai esercitare questa libertà, cioè non potrà agire mai in modo arbitrario e tirannico. Assurdamente, il libero arbi1rio viene presentato come inclispensahilc affinchè lo spirito possa concepire princìpi morali. Però è cerio che, sino a quando agiamo in libertà, sino a quando procediamo indipendentemente eia ogni movente, la nostra con– dolla è anche indipendente dalla mor.'.lle e della ragioe, essendo impossibile di– scern.::re encomio o biasimo per un procedere t:1nto capriccioso. WILLIAM GOOWIN (2) L'impossibilità del libero .1rbitrio ,iene t:Sl)l)sta, cQn gran vigore d1 argomcnt:uioni, in • lnd11gln~ sulla llbcrlà della ,·olonlà ~ di Jona1han Edward. 308

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