Volontà - anno XVIII - n.1 - gennaio 1965

umo come segno e come vrova rli vera libertà; e, i11 wz certo senso, possono anche es– serlo, fino a che 11011 si è veramente obbligati a votare; ma, in definitiva, saranno solo w1 v11ro « simbolo ,. di libertà, e no11 fa concreta realizzazione di questa. La storia, però, è qualcosa di f)ÌtÌ diverso dnlle promesse della politica. Natural mente sono sempre i fatti, spesso malinconici e spesso sanguinosi, che finisco110 col ri– mm1ere wlle pagine i11termùiahili del s110 libro. L<l«storia» delle elezioni un bel giorno potrebbe anche finire, e mo/tu probabi/111e11- te non a favore di citi ha sempre avuto ìl ruolo di vovero elettore. I nostri giorni la vedono già sostanzia/mente esaurita sorto q11alche«cielo rosso», in quanto sotto «certi cieli» le elezi(}11iservono a formulare solo un «sì» unanime verso quelli elle detengono il potue; e lo 5lesso scopo hanno già avuto ed evenwalme,ue vossono ancora averl0 sotto :ma «dittat11ra biauca•. Co11111nq11e, si p11ògià intravvedere elle al sistema elettorale è precluso per sempre q11alsiasi trionfo sociale, cioè qualsiasi méla che possa giustificare l'urna come 1111 mezzo veramente efficace per il miglioramento. della società. hl w1 fulllro non trop,.,o lontano troverà la sua ultima tomba, non il suo piedistallo di gloria. L'urna elettorale è già di fronte a 1m dilemma: tanto se le cose andranno alquanto meglio che nei lem– vi attuali, q11a1110 se volgeranno verso una 11niversale dittatura, verso un unico campn di concentramento, la s11afine è già decrelata. E i sintomi, purtroppo, non sono in– coraggianti. Quello che David Rousset, nel suo allt1cii1m1te«Dio è corporale» batteuò come «l'Univers Co11centrntionnaire•, cioè la «civiltà» dei campi di concentra'mento, si può dire che è già iniziara. E ciò che ra/1risi a molto è quell'indefinibile se11so di ne– cessità che l'attuale società sembra dare, o addiri1111ra dà esplicitamente, a cerle si– tuazioni parndossali (come nelle leggi tazzial; del governo sud..africano); quasi come una inconscia affermazione che la fratellanza delle razze umane è solo un 111ito,e eh~ la profondità della natura umana, cioè l'essenza dei pitì i11co11fessab1listinti d'ogni raz– za, è ben 1011/miadal cedere ad un simile ed 1miversale sen1i111en1alis1110. Anzi, vi è di più: la creazione dei miti è w1 mentire a se stessa che fa l'intelligenza, e sia pure tal– volta nell'inconscio, per gi11sli/ìcare legi1tima la libertà di compiere anche i pilÌ feroci genocidi; come fu, ad esempio, il mito nazista della «razza pura», o ariana; 0 come fu– rono le religioni primilive e quelle meno antiche, quando approvavano il sacrificio di esseri umani sugli altari o lo stenninio degli eretici sulle v11bb/iche piazze. Oggi, la paurosa convergenza verso apocalissi senza nome (e fe pitì allisonanti pa– role di pace degli uomini di S!ato, e qllelle ancor più solenni dei capi religiosi, 11011 rie.. scono a rassicurare del tutto l'animo slanco e sfiducialo delle molli111di11i)11011ha cerio rallentata la sua marcia millenaria e impietosa. Non solo, ma si profila pure il fenomeno tremendo, - d'altronde non 1111ovoper la storia, ma che ora si prese/Ila ampliato su tutto il pianeta -, del mito razziale, il quale 110n è più localizzato in re– gioni rislrette, e non più subìto con la fatalistica rassegnazione di un tempo. Non è ancora esploso, nui cova incessa11te111entesotto le ceneri accumulate da secoli di sfrut tamento e di disprezzo verso le razze di «colore». Più o meno direi/amen/e, è sempre uno dei tanti frutti amari prodolli dal princi– pio d'atitorità. Le razze che ieri erano schiave, ed oggi, almeno secondo la vrassi 'poli- 2

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