Volontà - anno XVII - n.12 - dicembre 1964

Lettere dai lettori Sui villaggi cooperativi GasLon Levai, nel numero 10 di « Vo– lontà" 1964, osserva che la propagand;:1 anarchicn sostenendo ideali come quello di « !ibere comunità», o di « lavoro e go– dimento di beni secondo le possibilità e le esig-enze dell'individuo,. oppure dcli'« a. bolizione della moneta», e i.:osì via, si è limitata soltanto a porre delle tesi. che si sarebbero dovute dimostrare, e non la– sciarle in sospeso co! pericolo di scredi– tarle. Inoltre il Levai riporta una realistica affermazione di Hcm Day e cioè che: «una semplice cooperativa servirebbe la nostra propaganda meglio di tutta la carta scrit– ta"· E' cert,imente un saggio consiglio, che merita di essere sviluppato. cominciando a dire intanto che, data la velocità del progresso, quindici anni del nostro tem. po, cioè da quando Hem Day espresse quel giudizio, sono un periodo in cui le cose hanno raggiunto dimensioni notevoli, tan. to da potere, almeno nel nostro caso, so– stituire all'ordinario concetto di coopera– tiva quello addirittura di "città coopera– tiva», ormai familiare nella stampa anar, chica, e, d'altra parte, per forza maggiore in quanto, mentre un organismo sociale come la citlà può interessare tutti i citta. dini, non così potrebbe essere di una co. mune società cooperativa. Allora sì che si notrebbe spiegare co– modamente il funzionamento di una co– munità di questo tipo, cioè fondata sui princìoi della dottrina anarchica TI Gastone Le\•al (a riferimento al Mes sico, a certi "'camoi oeriferici » dovu!i a riforme agrarie, eccetera. e così sottoli- 730 m:a il suo punto di vista, ispirato alla concretezza, lamentando quindi che si sia trascurato, sebbene non in teoria, ma in pratica senz'altro, il segreto o, come al– trimenti si potrebbe dire, la grande arma del cooperativismo. Che cosa fare? Eppure vi sono tante: e tante terre nel mondo, che si perdono, come se la terra non fosse più buona a niente. Ebbene: la vogliamo o non la vogliamo fore una città copcrativa ... pilota? Vi sono degli ingegneri impazienti, non. chè. preoccupati della crisi edilizia, che be11 volentieri .si metterebbero a fare pro– getti non più di case isolate, e simili, ma niente di meno che di ... intere città. Certo, queste proposte così a bruciapelo, come ordinaria amministrazione, possono impressionare i meno coraggiosi o i ne– mici del progresso, ma se si pensa che non si tn'llta dell'ideale di pochi sogna– tori bensì di un obiettivo di univcrs3le interesse, tutto quel carico di preoccupa– zioni che di fronte alle novità è sempre un ostacolo perde molto de! proprio pe<;n accorante e repressivo sospingendo anzi all'azione quasi, diremmo, anche per ven. detta. D:1 certe anticipazioni romanzesche or– mai note su un presunto tipo ideale di città comunitaria, e però rigorosamente (edele anche alla scienza urbanistica. sem. bra paci_fico che unn tale città risultereb– be costituita più o meno di tante sezioni quante sarebbero le sue industrie indispc.1L sabili all'autosufficienza. Per di più risulta che ogni sezione di– sporrebbe r.li tale autonomia da consen-

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