Volontà - anno XVII - n.8-9 - agosto-settembre 1964

osserrnre i fenomeni a sangue freddo. La vita è un'imposizione di esigenze, un crescendo di bisogni: è questa pro– gressione di bisogni che l'uomo deve sodisfore per procurnrsi la felicità. An– che l'ambizione è legittima quando ser_ \'e allo scopo: « L'uomo non 1,uò ama– re il suo essere che a condizione d'esse• re felice»: siccome la vita è un dato di fatto che non implica per niente la scdta del soggetto, quando manca quella condizione la felicità, allora lo uomo può senz'altro uscire dalla vita con un auo tanto necessario quanto conseguente. Un atto appro\'ato una , olt~, dai Greci e dai Romani, allora dai Bramini dell'Indostan che consi– gliaHmo le vedove cli bruciarsi sui ca– ctm eri dei loro mariti. Prima di critica_ re il Sistema della Natura si deve rico– noscere che il d'Holbach professò prin– cipi materialistici, ma condusse una vita irreprensibile smentendo l'afori– sma di D'Alemben, per il quale l'atei– smo era una specie di fede per la mag– gior parte degli empi. Come avviene spesse volte, il d'Hol– bach, anche per questo, s'ammanta del– l'au1orità di Seneca. Ma il suicidio di Seneca, per essere un atto cli libertà, è perciò stesso un atto inferiore: se lo uomo che compie un passo difficile e raro ha una fermezza eccezionale nel darsi liberamente la morte, non si vede pc1·chè non debba mostrare la stessa fe• mezza nel sopportare un male o i mali, che sarebbero la causa del suici– dio, ed evitare così quest'ultimo. Chi ci fa diffidare di questa veduta innaturale è lo stesso Seneca che con– siglia la calma in quella che egli ai suoi tempi riprovava come libidine del. la morte: bisognerebbe - secondo lui e come fece lui - pacatamente impu- gnare il ferro, come se ordinariamen– te non fosse appunto di un genere con– trario la condizione spirituale della agente. E' una tesi inacccllabile del Sistema della Natura che porta il suo autore a consigliare all'uomo dì ritornare ad es– sere con morte volontaria ciò che si è stati prima della vita, com'è una tesi cervellotica quella di Plinio, per il qua– le l'uomo, che si nega, si afferma nello stesso tempo superiore agli elci: « Dio non può darsi la morte se vuole, ciò che diede all'uomo come la cosa mi– gliore in così grandi JJenc della vita ». Ma, ad onta di tutto, la vita, Ja po– sitività della vita si rivendica con va– rie considerazioni: la vita si preferisce con se stes~a. con la pura esistenza, col pensiero che si pensa il contrario del nulla, con la rappresentazione vuota del suo non essere. Chi cc lo conferma involontariamente è proprio il d'Hol– bacl1, quando, trattando della felicità, ci spiega che l'uomo preferisce di più soffrire che non sentire, e valorizza poi la stessa infelicità: « L'infelicità è uno stimolo potente che rivolge gli spi– rili dalla parte della verità». Così, possiamo seguire il d'Holbach in molte cose, non in tutte: possiamo far nostro il suo pensiero quando at– tribuisce l'infelicità dell'uomo al fotto che l'uomo misconosce la natura, vive mernfisico prima d'essere fisico; pos– una vita e crede in un'altra, diventa siamo far nostre le sue parole quando dice che « la religione ha !'ignoranza per base e l'immaginazione per gui– da»; 111anon si nega la vita, anzi si supera: la si deve vivere per liberarla. Vivere per liberarsi dal trono e dal– l'altare. E questi nemici il d'Holbach li seppe, però~ individuare. LEONARDO EBOLI 527

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