Volontà - anno XVII - n.3 - marzo 1964

Felicità. come autonomia. Q UANDO Ml SONO proposto di raccogliere questi appunti, con il titolo "Il coraggio dei fattl • (1), la mia ricerca era particolarmente rivol– ta ad intendere Ja natura della felicità umana. La felicità infatti non solo è un problema pertinente, nell'ambito della filosofia politica, ma è un proble– ma fondamentale. Lo prova il fatto che la stessa politica è stata definita come «la scienza della felicità•, e che qu~– sta definizione può essere in un certo senso chian1, rivelatrice, acquietante. Naturahncnte questa definizione ricon– duce, come vedremo, ad una più seria ed approfondita analisi del concetto di felicità, nella speranza non fallace di poterne intendere il contenuto e dar– ne la definizione. La felicità è un bisogno dell'uomo, insito nella sua stessa natura: come non ritenere persuasiva l'intuizione a– ristotelica di una politica che è scien• za della felicità, e comunque di una politica operante e valida solo come costruzione della umana [elicità? Era per mc come quando, al mattino buio, ancor ci pesa nell'anima la notte, e subito essa dilegua con il sorgere del sole! Ma questa gioiosa sensazione, che segue ad una scoperta improvvisa, doveva ben presto essere rimossa dal. la considerazione dei fatti. Anche qui è questione di coraggio. Guardando i fatti è subito evidente che mai la politica ha provveduto alla felicità degli uomini; che da essa ha avuto origine il male e l'infelicità degli uomini. Da quando Platone e Aristo- (I) crr. Volon1à, n. 11 pag. 642. 166 tele cercavano formule politiche che potessero appagare l'insopprimibile bi– sogno di felicità che è negli uomini, molta acqua è passata sotto i ponti, anzi molto sangue: di tutta queUa cultura rimane per me valida solo la esigenza di considerare la felicità un falto politico, l'affermazione che essa si può cogliere solo ncll'im• pegno di vivere con gli altri; e che è doveroso impegnarsi per realizzarla in noi, dato che la fclic1tà non è una chimera, non è una fola, non è una vana illusione. Noi oggi vogliamo che davvero si passi dalla felicità considerata come bisogno alla felicità considerata come diritto: ma un dirillo non fondato sullo SLato che, con le sue strutture dovrebbe garantirne l'esercizio, ma fondato sull'uomo stesso. La felicità è il diritto dell'uomo, nello stesso sen• so in cui lo è per lui il lavoro, che lo libera dal bisogno,, l'inserimento comu· nitario, che gli consente di realiu.are la vita civile. Esaminando lo stato di infelicità in cui versano centinaia e centin8ia di milioni di uomini, purchè non manchi il coraggio dei fatti, è più che ovvio concludere che molto, trop-. po è stato fatto pcrchè questo stato d'ìnfelicilà avesse luogo. Definire dunque la politica come scienza della felicità non ha senso, o ha senso soltanto in quanto vuol ma– scherare una realtà ben diversa; dato che a nessuno può sfuggire che l'in– felicità degli uomini non dalla natura ha preso avviQ, ma dalle strnllure po– litiche imposte dalla minoranza. Da quando alcuni uomini hanno creduto

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